Nel limbo: fra demoni e fate.

Nel limbo: fra demoni e fate.

Intervista a Dino Lacanfora

di Silvia Bistocchi (fotografie di Riccardo Puntillo).

 

 

Sei un’artista poliedrico e decisamente eclettico: scrittore, musicista, videomaker, sceneggiatore e producer. Quale di queste arti ha improntato maggiormente il tuo percorso artistico e la tua anima? 

Essenzialmente sono come un bambino che passa da un giocattolo all’altro. Scrittura, musica, immagini, sono i fantasmagorici balocchi che un piccolo demone, una sorta di folletto ispiratore, mi porge di volta in volta. Questo strano essere è entrato personalmente nella storia della mia vita quando ero poco più di un ragazzino. Una notte, mentre dormivo nella mia stanza, mi apparve in sogno e, presa in mano una penna, cominciò a scrivere nell’aria riuscendo a cavare da quell’inchiostro sparso dei suoni stravaganti e sconcertanti, come se quella penna fosse stata uno strumento. Il piccolo demone ghignava e si contorceva, mentre andava eseguendo quell’incastro armonico di immagini, suoni e parole a me ignote. Quando ebbe finito mi sfidò a ripetere quanto avevo udito e visto. Così mi svegliai di soprassalto e, nonostante fossi completamente sconvolto dalle emozioni suscitate in me da un simile sogno, provai a riprodurre quel che avevo visto e sentito e poi a trascriverlo. Non riuscii naturalmente a riprodurre tutta quella diabolica e meravigliosa creazione ma quel tanto che ne posso ricordare rimane ancora oggi la principale fonte di ispirazione per la mia arte e la mia anima.

 

Parli spesso di te in terza persona come del signor Lacanfora. Con chi abbiamo il piacere di parlare quest’oggi e chi è il signor Lacanfora?

In questo preciso momento sono semplicemente Dino Lacanora che parla del signor Lacanora, e nello stesso tempo sono il signor Lacanora che parla di Dino Lacanfora. In fondo ogni scrittore è un po’ tutti i suoi personaggi e opera come una sorta di demiurgo letterario in grado di mettere insieme sistemi planetari tenuti in equilibrio dall’umana illusione. Il signor Lacanora conferisce le acute note di dolore e di gioia ad ogni mia opera, quasi mascherandole. I tentativi di smascherare questa menzogna per spingersi fatalmente oltre un certo punto, fino ad ottenere la morte di quella stessa opera d’arte, sono di Dino Lacanfora. C’è una lotta inumana e una pacifica convivenza tra i due, il linguaggio ne è la rivelazione. Uno è il mondo rovesciato dell’altro, suddiviso in piani sovradimensionali, biologicamente incomprensibile a tal punto che nemmeno il suo creatore sarebbe in grado di riconoscerlo.

 

Leggendoti si ha la sensazione di camminare dentro una dimensione fanciullesca ma, di attraversarla con gambe e occhi differenti rispetto a quelle del bambino. Possiamo scorgere anche tutta l’oscurità che permea ogni anfratto dell’esistenza umana. Con Le Filastorpie ci catapulti in un mondo di versi surreali, con personaggi dai tratti oscuri e gotici, con La Fata in calzamaglia invece, l’orizzonte lo sposti verso un mondo fiabesco, ma delirante. Da dove trai ispirazione per i tuoi mondi fantastici?

Non credo tanto nell’ispirazione, credo invece nella forza di volontà. Lì si nasconde forse il segreto dei segreti, e grazie ad essa l’artista può diventare una specie di mago divino. Sono convinto che gli effetti sensoriali e visibili di un’opera d’arte non sono altro che la manifestazione di una forza. È possibile capire più a fondo un’opera se si riesce a concepire il concetto di questa forza invisibile, che altro non è che un effetto magico dell’azione della volontà. Questa idea è tanto antica quanto il mondo, esisteva nell’uomo prima dello sviluppo della ragione, e può essere spiegata solo in parte. L’uomo è in grado di creare, così come pure Dio crea. Tutto parte da uno stato interiore di energia latente (divinità latente o ‘Vacuum’ come la chiamavano i cabalisti) nella quale improvvisamente scintilla un’Idea (Platone la denominava Idea Divina). Da questa Idea nasce la Volontà che, diretta in un’unica forza verso un centro localizzato di forze richiama in esistenza la cosa immaginata. Il progetto da attuarsi è quindi riposto nella mente dell’artista. Nel momento in cui viene concepito si riflette nella sua volontà, ancora astratta, e diventa azione di atomi. Come dei bravi operai questi atomi riproducono fedelmente ciò che l’artista ha osato immaginare. Con una concentrazione intelligente e una certa intensità di volontà, ogni forma creata dalla mente può diventare concreta, visibile e oggettiva. Resta però il fatto che buona parte dell’arte che stiamo spargendo per il mondo è solo merda. A quanto pare qualcuno muove gli atomi sbagliati.

 

 

Le tue poesie e la tua prosa sono spesso corredate da divertenti e magnetiche illustrazioni. Le intuizioni e le riflessioni che compaiono sulle tue pagine social invece, sono quasi sempre accompagnate da foto di forte impatto visivo che ti ritraggono. A me viene in mente una prima, solida e coraggiosa, impalcatura, un’apertura alla vita dalla quale poter gettare le parole, immaginandole spiccare il volo come piccoli uccellini, per poter sognare. Che valore ha per te l’estetica dell’immagine e che relazione c’è con la tua scrittura?

Quando scrivo mi capita spesso di essere magicamente risucchiato in un vortice di immagini, visioni e vibrazioni sonore, per questo motivo molti dei miei libri sono accompagnati da illustrazioni e progetti musicali. Devo ammettere che è piacevolmente strana l’affinità che si crea con i miei illustratori nel momento di riflettere sul proprio fare. Più si procede nello sviluppo della narrazione e più l’armonia che si viene a instaurare diventa sorprendente. Su una storia molto ampia l’illustratore, o l’illustratrice, deve scegliere un minuscolo frammento del panorama immaginario che apra una sorta di ingresso. Un’immagine che sia un portale magico in grado di condurre il lettore nell’universo dell’autore. L’illustratore e lo scrittore devono quindi operare cercando di lavorare in profondità, verticalmente, limitandosi ad utilizzare elementi significativi in grado di aprire dei varchi all’interno dello spazio letterario.Tra non molto arriverà nelle librerie il mio nuovo libro che si intitola I racconti di Baba Jaga a sua nipote. All’interno ci saranno delle bellissime illustrazioni realizzate da Riccardo Puntillo. I portali da varcare ed esplorare tra le sue pagine saranno davvero tanti.

 

“Com’è meraviglioso il mondo in questo istante. Noi due sdraiati in questa stanza, persi in un tripudio d’incanto, due corpi fusi in una strana intimità, come se questo luogo fosse l’unica stanza in tutto il grande universo. Intorno a noi le pareti sembrano avere una loro anima, e queste anime hanno una grammatica di parole stellate che mi spingono ad avvicinarmi con una lentezza morbida alle sue labbra socchiuse. La bacio. Un istante dopo appoggio il mio ventre al suo”. In Sex & Petrol & Rock’n’roll affondi così nell’amore, fra drappi di stelle e pelle socchiusa. Si può parlare di questo sentimento, come di una bolla che sfugge alle logiche del profitto di cui è permeato tutto il romanzo, come metafora dell’odierna società e di amore come salvezza?

L’amore probabilmente salverà il mondo, anzi, è molto probabile che lo faccia.
Ma è anche vero che bisogna incazzarsi quando c’è da incazzarsi.

 

Con Nostra Signora della Santa Morte fra gli altri temi accarezzi anche quello della fuga nell’isola. Un’isola deserta intesa come luogo incontaminato e guscio protettivo verso il proprio destino spirituale, oltre che per l’amore. Può essere inteso come uno strappo dalle proprie radici demoniache, che traggono forza dal villaggio immaginario di Toro Bravo, da dove provengono tutti i personaggi del romanzo?

Con Nostra Signora della Santa Morte ho cercato di creare un romanzo ombroso, enigmatico ma nello stesso tempo luminoso. Nella storia la crudeltà se ne va tranquillamente a braccetto con la tenerezza, l’ironia con il dramma. Ho lasciato muovere i miei personaggi in una terra di misteriosa e tremenda oscurità. Una lettura attenta farà osservare che il protagonista Carlito Esquelito non è il centro creatore del romanzo. Carlito, per così dire, entra dal di dentro e all’improvviso in un meccanismo il cui intrigo o intreccio è già costituito: è il Villaggio dove si svolge la storia, che muove i fili del destino. Già dall’infanzia di Carlito si stabilisce tutta la rete di quelle relazioni che poi si svilupperanno drammaticamente, facendo diventare il resto degli abitanti dei testimoni misteriosi, come dei passivi attori che fanno precipitare l’azione verso il punto finale del suo vortice. Una sottile furia omicida e perversa percorre tutto il romanzo, trionfando alla fine su quella dell’amore, anche se da esso abbracciata. La donna del protagonista, Amanda (una prostituta che lavora nel bordello del villaggio e che Carlito vuole portare via con  sé) è un essere fondamentale per lui, perché sollecita la sua necessità di cambiare in meglio, incanala il suo amore e gli conferisce un ruolo e una responsabilità. Nonostante il suo mestiere, questa donna conquista e strega Carlito con una sovrumana capacità di amare che è in grado di far emergere in lui l’eroe folle pronto a tutto per realizzare il suo sogno: fuggire da un luogo infernale e vivere su un’isola paradisiaca con la sua amata.

 

 “Né il tempo né lo spazio possono separare gli individui. Siamo rami di un unico albero”, riallacciandomi a queste tue parole di pochi giorni fa ti chiedo, in ultimo, una riflessione sul delicato tema dei rapporti sociali in questo periodo di grande incertezza e di distanze imposte.

Che dire, in vita mia non ho mai visto tanta gente reclusa all’interno delle proprie abitazioni. La maggior parte di loro di sicuro non riesce ad addormentarsi e cerca di prenderla con  filosofia, ci si limita a prendere un po’ d’aria fresca alla finestra e ad aspettare che il sonno diventi più forte della noia. Senza nessuna fretta, come per miracolo, tutti sembrano vivere così: nessun lavoro, niente orari fissi, nessun obbligo di doversi alzare presto la mattina. Le porte di ogni casa sono state chiuse con fragore e inaspettatamente, lasciandoci soli, in una situazione del tutto nuova. Nel mio caso specifico essere rinchiuso in una sorta di cella domestica si sarebbe rivelata una sofferenza indicibile se non fosse stato per un sistema che ho appreso tempo fa grazie ad un certo signor London. Di cosa si tratta? È un esperimento molto semplice e tutti potrebbero provarci. Come Darrel Standing, notte dopo notte, con un intenso esercizio di concentrazione, faccio morire il mio corpo. Comincio con il mignolo del piede destro e, un’articolazione dopo l’altra, giuntura dopo giuntura, organo dopo organo, tutto il mio corpo cessa di vivere nella mia coscienza. Da questo momento in poi mi trovo in una terra di confine fra il sonno e la veglia, mentre il cervello sembra ampliarsi in maniera prodigiosa. Il tempo e lo spazio iniziano così a dilatarsi. Resto con gli occhi chiusi. Le pareti della stanza indietreggiano. Bagliori di luce. E a questo punto che superando di un balzo il tetto e il cielo, sono libero, in mezzo alle stelle. Avanzo nello spazio interstellare in un escursione celeste che mi fa intravvedere le formule del cosmo e i più arcani segreti dell’universo. A mano a mano che mi aggiro tra le stelle in me il tempo si dilata a tal punto che in un quarto di secondo ho vagato per secoli e secoli.
Capisco bene che tutto ciò possa sembrare il delirio di un pazzo. Ne convengo pienamente, ma per me è un’esperienza concreta, reale. In fondo la realtà è quella che ti inventi.

 

 

Biografia

Dino Lacanfora (Bernalda, 1976) nella sua eclettica carriera ha fatto il cantante in un gruppo rock, lavorato come compositore, videomaker, sceneggiatore e producer.
È autore di sei romanzi: Gino Bino Brillo (2008), Le filastorpie (2009),
Frankenstein Revolver (2010), La fata in calzamaglia (2011),
Sex & Petrol & Rock’n’Roll (2017) Nostra Signora della Santa Morte (2018).

 

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