07 Apr Ritorno all’esistenzialismo; per la nascita di una nuova società dalle ceneri del Covid-19
Ritorno all’esistenzialismo; per la nascita di una nuova società dalle ceneri del Covid-19
di Luciano Zaami
In questi giorni sto rileggendo Sartre, o meglio, un saggio scritto da Sarah Bakewell dal titolo “Al caffè degli esistenzialisti” e pubblicato in Italia da Fazi Editore.
Ho pensato che l’esistenzialismo, questa corrente che influenzò il mondo dal secondo dopoguerra fino all’inizio degli anni 80 dello scorso secolo, potrebbe essere oggi la nuova chiave di lettura per questo tempo afflitto dalla pandemia che ha reso, mai come oggi, il nostro futuro così incerto.
Sartre lavorò alla sue idee durante i tragici giorni della seconda guerra mondiale, e quando nel 1945 li espose al mondo questo causò un inaspettato terremoto negli animi e successivamente nella società per i decenni a venire.
Ma qual era lo scenario europeo all’indomani della guerra? I popoli avevano raggiunto l’apice della loro civiltà, e votati ciecamente ai loro governi si erano gettati in una guerra fratricida culminata nelle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki. Quale fiducia potevano ancora avere questi sistemi costituiti? Non è un caso che il concetto di Europa Unita nasca proprio per mettere da parte ogni nazionalismo e tentare di costruire un mondo nuovo, senza barriere o leaders.
Ma come gli uomini potevano gestire questo ammasso di macerie sia fisiche che morali? Quale rinnovamento poteva essere all’altezza dei tempi?
La risposta venne da Jean-Paul Sartre che nel suo saggio La fine della guerra, pubblicato nell’ottobre del 1945 esortò i propri lettori a scegliere che tipo di mondo volessero, e a realizzarlo: “A partire da oggi”, scrisse, “dobbiamo sempre tenere conto della nostra consapevolezza di poter distruggere noi stessi quando vogliamo, con tutta la nostra storia e, forse, anche la vita stessa sulla Terra. Nulla ci ferma, eccetto la nostra libertà di scelta. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo decidere di vivere.”
Come in un nuovo Rinascimento o Illuminismo, l’uomo veniva posto nuovamente al centro dell’attenzione. E se in passato a essere scavalcati furono i dogmi religiosi, adesso erano quei sistemi statali che si erano posti al di sopra di tutto, trasformando le menti in masse da utilizzare a proprio piacimento.
Ma quale può essere il legame tra Esistenzialismo, Covid-19 e le sue conseguenze?
Se nel dopoguerra la sfiducia verso i governanti fu causata dall’aver trascinato l’Europa in guerra, oggi deriva dall’incapacità della classe politica di proteggere i cittadini e dal suo porre la salvaguardia del modello capitalista come priorità rispetto alla tutela della vita e della salute di milioni di persone.
Quella di oggi è una guerra, al momento senza bombe, una piaga silenziosa che oltre ai morti ha portato al blocco delle nostre vite e della nostra società mettendoci davanti al fatto che nulla sarà come prima una volta finita questa emergenza.
Ogni giorno in più di quarantena cambia ulteriormente il nostro futuro. È come una storia fantascientifica dove ogni azione influenza definitivamente i giorni a venire. Più ci allontaniamo dal momento in cui è scoppiata questa tragedia e più mutano le carte in tavola ridisegnando numerosi futuri alternativi che possiamo solo immaginare di volta in volta.
Riguardo la trasformazione improvvisa delle nostre vite ci tornano familiari le parole di Albert Camus nel romanzo “La Peste”: “tutti questi cambiamenti, in un certo senso, sono stati così straordinari e si sono compiuti così rapidamente, che non è stato facile considerarli come normali e duraturi”.
Come si pone quindi in questo contesto il nostro essere? Cosa possiamo fare?
Il nemico di oggi non sono i costumi morali, ma il sistema economico, quel capitalismo che col crollo dell’Unione Sovietica ha avuto terreno fertile per imporre il suo sistema, ed è allora che è necessario questo periodo di tregua, di riflessione e di ritorno alla definizione di essere umano.
Bisogna creare un uomo nuovo, perché è dove non c’è evoluzione dello spirito e durante i periodi di grande stagnazione morale che scende l’oscurità, non a caso qualcuno disse: “il sonno della ragione genera mostri”.
Ma come otteniamo questa rigenerazione morale?
Anche qui Sartre aveva le idee chiare, la risposta è nella stessa libertà dell’uomo, una libertà che se compresa ci permette di reinventare chi siamo e il mondo in cui viviamo, rompendo le catene di quel sistema che ci ha abituati a pensare per noi e ci ha anestetizzati muovendoci a suo piacimento.
Lo scrittore francese lo spiega in modo chiaro: “Non c’è un cammino tracciato per condurre l’uomo alla sua salvezza; egli deve costantemente inventare questo suo cammino. Tuttavia, nell’inventarlo, egli è libero, responsabile, senza alibi, e ogni speranza di esserlo risiede in lui.”
Abbiamo pertanto due argomenti fondamentali, il primo è che non esiste un cammino già definito, e questa idea si contrappone alle rigide catene della società che ci impongono uno stile di vita già pensato da altri, e poi c’è il concetto dirompente di libertà, perché qualsiasi rivoluzione sia fisica che interiore parte dal coraggio di prendere in mano la propria esistenza e di farne ciò che si vuole.
Il concetto filosofico qui va anche oltre, perché siamo anche davanti al concetto di “think out of the box”, ogni cosa può essere reinventata da noi perché non esiste un modo unico per risolvere un problema, come anche per affrontare la vita.
Lo stesso Taoismo ha questo concetto insito nella sua dottrina, il Dao De Jing, il libro da cui nasce questa filosofia inizia in un modo dirompente: “La via che è veramente via non è una via costante”. Qui la via è il Dao (道), che in Cinese indica anche la virtù. La frase, che da sola potrebbe riassumere tutta la dottrina, può essere letta in diversi modi, ma comunque ogni interpretazione è simile, ovvero: ciò che noi possiamo definire Via (Dao/Virtù) per essere tale, non deve essere costante. Deve essere in perenne mutamento. Una vita uguale a se stessa non può essere definita vita.
Da qui possiamo riallacciarci al pensiero di Sartre e alla sua applicazione attuale. Solo mutando la nostra stessa esistenza possiamo intraprendere un percorso nuovo, virtuoso. Per farlo dobbiamo riacquistare la libertà, fuggire dal vecchio sistema e crearne uno nuovo.
Questo non sarà definitivo, ma durerà fino a quando non raggiungeremo un nuovo apice e poi il conseguente ristagno, finché, attraverso mutamenti che potranno essere di vario tipo, (guerre, pandemie, crisi economiche, cambiamenti climatici) vedremo l’inizio di un nuovo periodo di rinnovamento.
Allora mai come in questi giorni c’è bisogno di rileggere e capire l’Esistenzialismo, perché potrebbe essere quella scintilla che aiuterà il genere umano a uscire da questa tragedia dandogli gli strumenti necessari per costruire il mondo nuovo che lo aspetta.
Biografia
LUCIANO ZAAMI nasce in Sicilia, a Caltanissetta, nel 1979. Dopo la laurea in Lingue e Civiltà Orientali presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale, si trasferisce a Budapest dove trascorre cinque anni tra studi universitari e esperienze lavorative. Nel 2009 ritorna in Sicilia dove inizia a occuparsi di comunicazione politica. Attualmente vive a Bruxelles e lavora al Parlamento Europeo come social media manager.
Ha pubblicato “La Traccia” (Bookabook, 2019), Derive e approdi (OrienteXpress, 2011) e D’amore & d’altro (OrienteXpress, 2006).
Giusi Patti Holmes
Posted at 18:41h, 08 AprileBellissimo articolo, molto profondo, che ci fa vedere come passato e presente siano strettamente connessi in vista del futuro che dipenderà dalla nostra “libertà” di scelta. L’Esistenzialismo che spiega il presente. Complimenti.