Russia, mon amour – Intervista a Fabio Bertino

di Silvia Bistocchi, intervista a Fabio Bertino

Destinazione Russia. Una nave e un gatto nella tundra e altri incontri stra-ordinari, un libro di Roberta Melchiorre e Fabio Bertino

fotografie di Roberta Melchiorre

 

Ho ripreso in mano questo libro dopo un paio di anni dalla prima lettura ed è stato un rinnovarsi di un bel sentimento d’amore, per la Russia e per la vostra narrazione. Ulteriore nota di merito va sicuramente per le splendide fotografie con cui avete arricchito il racconto. Comincio col chiederti come è nata l’idea del viaggio, quali sono le ragioni della scelta dell’itinerario intrapreso e, di conseguenza, come è avvenuta la stesura del libro scritto a quattro mani.

I viaggi in Russia sono venuti via via, nel corso del tempo, senza che questo fosse veramente programmato. Ai tempi dell’Università Roberta, che studiava lingua e letteratura russa qui in Italia, ha trascorso lunghi periodi di studio a Mosca e a Pietroburgo. E’ stato quindi naturale tornarci insieme, ritrovando luoghi ed amicizie. E dopo le due capitali, delle quali non ci si può che innamorare, è nata la curiosità di spingersi sempre più in là alla scoperta di questo paese senza fine. Sono così venuti la Transiberiana fino a Vladivostok, la Transmongolica, il periplo del Lago Bajkal, i viaggi nell’estremo nord fino a Murmansk nella Russia europea e fino alla Penisola Yamal in Asia, quelli all’estremo sud a Tuva al confine con la Mongolia e così via. Anche l’idea del libro è nata per caso. Avevamo già pubblicato “Wolrd zapping” che racconta invece di viaggi in tutto il mondo, dalla Cina all’Armenia, dal Camerun all’Australia al Laos, al Burkina faso etc. E, come in passato, anche durante i viaggi in Russia tenevamo un nostro diario per fissare ricordi ed emozioni. Rileggendolo ci siamo poi resi conto che alcuni episodi erano di per sé già quasi dei veri racconti di viaggio. Così, dopo averli un po’ sistemati, abbiamo proposto l’idea al nostro editore. Ed ecco il libro.

 

“Che strana, la geografia. Basta spostarsi a est e cambiare così il baricentro, mutando punto di vista, per accorgersi che l’Europa non è al centro del mondo e l’Italia non è al centro dell’Europa, come le cartine nelle nostre librerie sembrano suggerirci. Basta un treno per Varsavia, scendere alla stazione per capire che quello, semmai, è il centro dell’Europa. E da lì ancora correre su verso la Russia e vedere il mondo intero da un’altra finestra: angolazione nuova, relazioni e proporzioni inattese.”
Con queste parole, tu e Roberta Melchiorre, introducete il lettore verso una grande avventura con un occhio decentrato rispetto al nostro solito modo di porci. Vorrei una tua riflessione in merito.

Inevitabilmente qualunque viaggiatore quando si sposta nel mondo porta con sé il proprio punto di vista, anche geografico. Per cui, inconsapevolmente, tende a porsi verso i luoghi in cui si reca nell’ottica del proprio paese di provenienza. Un’ottica eurocentrica, se ci sposta verso altri continenti. E una prospettiva da europeo sudoccidentale se ci si muove nel nostro continente. E questo è inevitabilmente quel che succede anche a noi. Pensare a paesi come Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bielorussia e così via ci trasporta immediatamente in una dimensione da “est Europa”. Ma se poi invece ci si muove da uno all’altro di questi stati, e da qui verso oriente o verso occidente, ci si accorge che, appunto, questo è in realtà il cuore del continente, crocevia di strade, di ferrovie e di linee di bus che si diramano in ogni direzione.

L’accoglienza di Lilie, anziana moscovita doc, nata in piena epoca staliniana, sembra resa ancora più calorosa da tutte quelle pietanze tipiche della cucina Russa che prepara apposta per voi: “cetrioli, caviale, salmone affumicato con burro e bliny, le tradizionali focaccine rotonde. Poi i pel’meni, una sorta di ravioli ripieni di carne, con smetana, la deliziosa panna acida, e syrniki, gustose frittelle di formaggio tvorog. E, ancora, prjanik, dolci speziati al miele, e halva, pasta di semi di sesamo farcita con arachidi. Il tutto accompagnato da vari brindisi di vodka e dal kompot, lo sciroppo dolce a base di more”, che solo a leggerne sale l’acquolina in bocca.
Si parla spesso del cibo come di una cultura trasversale che unisce i popoli, rappresentandone l’anima, sei d’accordo con questa affermazione? E Lilie, attraverso i suoi piatti, è riuscita a regalarvi un affresco della sua vita e del suo popolo?

Senza dubbio, sono d’accordissimo. La cucina del resto è storia, tradizione e cultura. Non per nulla ci sono addirittura piatti o bevande che si identificano totalmente con uno specifico paese. Vale per l’Italia con la pizza, ad esempio, o per la Georgia con il khachapuri come per l’Etiopia con l’injera o per il Giappone con il tempura. Gli esempi potrebbero essere infiniti, e ciò è ovviamente vero anche per la Russia, la cui cucina rispecchia la varietà di popoli e culture che caratterizzano quel paese e la sua storia. Per cui, al di là della vodka che, in questo ambito, rimane il vero elemento unificatore, i piatti russi sono il frutto di mille provenienze e contaminazioni provenienti dall’Europa, dal vicino e dal medio oriente, dalla tundra e dalle steppe che arrivano fino al Mar del Giappone. Si va dalla stroganina, sottili fette di pesce crudo e ghiacciato tipiche della Siberia artica, al tè cinese, che è quello più apprezzato, al boršč di origine ucraina fino alla pastila, dolce che ricorda da vicino i lokum turchi. Per quanto riguarda Lilie, come forse si riesce ad intuire dal brano del libro che hai citato, la sua cena è stata senz’altro un trionfo della gastronomia russa (e della vodka…) e resta uno dei tanti, indimenticabili ricordi che il paese e suoi abitanti ci hanno regalato.

“Così, qua e là, la pianura ghiacciata è punteggiata dalle indecifrabili testimonianze dei tentativi falliti dell’uomo di imporsi su questa natura spietata: pali spezzati che spuntano dalla neve, resti diroccati di un camino in mattoni o pezzi di palizzata. Ma quando i nostri occhi si abituano al bianco assoluto, cominciamo a scorgere la vita che, tenacemente, è riuscita ad adattarsi anche a questi climi impossibili.”
Ho trovato molto interessante questa descrizione e perfettamente calzante nei confronti del territorio nordico Russo. Si può affermare che luoghi così ostili, riescano in qualche modo a creare un certo equilibrio nel rapporto fra uomo e natura, impedendo al primo di prendere il sopravvento?

Purtroppo sotto questo aspetto sono piuttosto pessimista. Sicuramente in passato, e per lungo tempo, le condizioni ambientali sfavorevoli hanno in un certo modo protetto ampi territori da un eccesso di sfruttamento e di antropizzazione. Ma negli ultimi decenni i progressi tecnologici e la fame di risorse hanno ormai preso il sopravvento anche qui. Penso ai campi di estrazione del gas, con l’inquinamento che ne consegue, che sono ormai arrivati alle estreme propaggini della Penisola Yamal che si protende nel mar di Kara, molto oltre il Circolo Polare Artico. O al Lago Bajkal, il più grande del mondo, considerato una delle meraviglie della Russia e sacro ai popoli nativi della regione, il cui ecosistema, che comprende foche e pesci unici, è ormai profondamente compromesso.
Senza dimenticare che le problematiche ambientali producono ormai i loro effetti a livello globale. Basta pensare allo scioglimento del permafrost, potenzialmente devastante per la Siberia centro-settentrionale, che dipende dal cambiamento climatico generale del pianeta e non specificamente dalla condizioni locali. Anche qui come nel resto del mondo, quindi, temo che il tempo per affrontare la situazione stia per scadere.

“I nostri ospiti ci accompagnano verso una piccola casa fabbricata con assi e tronchi, uguale a tutte le altre, situata leggermente in basso rispetto al sentiero. Dal tetto spiovente pendono ghiaccioli di almeno un metro e, per raggiungere l’ingresso, è stato necessario scavare un passaggio nella neve che ci supera i fianchi. Le finestre sono sepolte fino a metà, mentre l’interno in legno grezzo, reso caldo e accogliente dalla stufa accesa, è a suo modo eccentrico. Per qualche ragione le finestre sono addobbate con festoni natalizi, mentre alla porta è appeso un calendario di due anni prima con immagini di motoscafi e isole tropicali.”
Una narrazione molto suggestiva di un’abitazione situata all’interno del piccolo villaggio di Seyda, in piena tundra artica a 67 gradi di latitudine nord, dove vivono ormai soltanto venticinque persone. Il desiderio di fuga verso luoghi esotici, spesso isole calde e soleggiate, sembra accomunare quasi tutti gli abitanti della terra. Sei riuscito a trovare una chiave di lettura per questo desiderio, negli occhi di questa gente?

Certamente quello che dici vale anche per il popolo russo. Sapessi quante volte il fatto di provenire dall’Italia, il “paese del sole” nell’immaginario di molti russi, è stato la chiave per rompere il ghiaccio e fare conoscenza. Non dimentichiamo che per una parte significativa dei russi il sole, la luce, il mare e così via sono risorse preziosissime e rare. Milioni di persone qui vivono nelle regioni della notte artica, l’inverno è lungo e freddo non solo nell’estremo nord ma, ad esempio, anche a Mosca e Pietroburgo, e comunque la quasi totalità della popolazione risiede in territori dal clima continentale. Non è quindi una caso se, ad esempio, in tutte le città si trovano grandi parchi che gli abitanti, non appena il clima lo consente, vivono e frequentano quotidianamente.

Se avessi la possibilità di poter tornare in un solo luogo della Russia fra quelli da te visitati e descritti nel libro, quale sceglieresti e perché? E se dovessi indirizzare invece qualcuno che non ha mai visitato il paese, cosa gli suggeriresti per far sbocciare un primo amore?

Questa è la domanda più difficile che potessi farmi. E alla quale confesso di non saper rispondere. Perché la varietà di luoghi, ambienti naturali, città, popoli e culture è qui così infinita che non saprei sceglierne una piuttosto che un’altra. Ripensando però agli incontri, che sono per me il momento culminante di ogni viaggio, anche se non rinuncerei neanche a quello più ordinario, certamente quello con Yashik, l’anziano nenet allevatore di renne incontrato nell’estremo nord della Siberia, o quello con Ai-Tchourek, la donna sciamano della Repubblica di Tuva ai confini con la Mongolia, restano qualcosa di emozionante, unico ed irripetibile. Riguardo invece ai luoghi dai quali iniziare per conoscere il paese, non sarò originale ma direi senza dubbio Mosca e Pietroburgo. Intanto perché sono, in modo diverso, due città meravigliose e affascinanti che valgono, ciascuna, da sola il viaggio. E poi perché permettono di entrare poco alla volta in sintonia con la Russia e con il suo popolo. Facendo poi venire voglia, come è successo a me, di spingersi sempre più lontano in questo paese sterminato ed affascinante.

In ultimo, dato il mio enorme amore per i gatti, non posso esimermi dal chiederti due parole sull’incontro con Katyusha nella tundra, per chiudere con un sorriso.

In questo senso direi che hai un po’ di anima russa! Perché i russi hanno un rapporto profondo con i gatti. Non solo nella realtà, ma anche ad esempio nella letteratura. Penso a Behemot ne “Il maestro e Margherita” di Bulgakov, ma anche ai tanti “personaggi-gatti” di cui hanno scritto, fra gli altri, Gogol’, Tolstoj o Anna Achmatova. Per cui in quasi tutte le case in cui siamo stati abbiamo trovato dei gatti. Katyusha, però, ci ha colpito particolarmente, tanto da meritarsi perfino una citazione nel titolo del libro. Perché la abbiamo conosciuta in un villaggio dell’Artico dal clima molto rigido, dove quindi gatti in giro non se ne vedono. E perché era la gatta della proprietaria dell’unico negozio del paese, da dove passavano un po’ tutti, e si era quindi conquistata il ruolo di mascotte del villaggio. Ruolo che riusciva a far ben valere, come solo i gatti sanno fare!

                                                                  


Biografia di Fabio Bertino

Sono nato a Torino, dove ho trascorso l’infanzia con continue fughe sulle colline del Monferrato astigiano.
Dopo la laurea in Economia e commercio ho cercato di rimediare con quella in Antropologia culturale, viaggio appena posso, amo scrivere e fotografare.
Ho pubblicato i libri “Worldzapping. Racconti di viaggio” e “Destinazione Russia. Una nave e un gatto nella tundra e altri incontri stra-ordinari”, e collaboro con la rivista trimestrale Erodoto108″

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