IL CRUCIVERBA di Sara Mazzini

IL CRUCIVERBA
di Sara Mazzini

 

Ciao, amore mio.

Mi scuserai se dico ancora amore mio. Mi è uscito così, per via dell’abitudine. Dev’essere brutto quando chiami qualcuno così per via dell’abitudine. Penso che sia brutto. E però non me ne accorgo. Potrebbe essere stupendo, come lo era allora, ma io non sentirei la differenza.

Finalmente-ho-trovato-del-tempo-per-scriverti. È dall’ultimo scambio verbale che abbiamo avuto, dopo il tuo lungo silenzio, che desideravo ritorcerti contro queste parole. Volevo farti capire che cosa si prova. Dev’essere orribile. Oh, sono sicura che sia stato orribile. C’è stato un momento, subito dopo che hai scritto quelle cose, in cui avrei desiderato farti male. Dovrei sentirmi soddisfatta, adesso che infine l’ho fatto. Ma la verità è che ora non mi interessa più.

Quando sono arrivata qui, per prima cosa hanno svuotato la mia borsa. Si sono presi il mio specchietto per il trucco. Penso che per loro avrei potuto romperlo e usarne i frammenti per incidermi le vene. Non ci sono specchi neanche dentro la mia stanza, ma tanto qua dentro non c’è nessuno per cui valga la pena di farsi bella.

Non c’è neppure il box doccia. E non ci sono finestre. Penso che per loro potremmo aprirle e buttarci di sotto. Ma ho come l’impressione che non tengano in considerazione un’eventualità di gran lunga peggiore. Potremmo guardarci attraverso e ricordarci che là fuori c’è ancora tutto un mondo.

Mi hanno tolto anche la lima per le unghie, le pinzette, il deodorante. Non mi permettono più di essere una donna. Di sentirmi tale in quel modo speciale in cui mi facevi sentire tu. Mi hanno proibito l’alcol, gli ansiolitici, le sigarette. Non mi è consentito assumere medicinali di alcun tipo, così quando ho i dolori mestruali mi rannicchio sul letto e aspetto che passino da soli.

Mi hanno dato un cartellino col mio nome, così sono costretta a ricordarlo. La gente che mi incontra in corridoio legge il nome appeso alla mia giacca e pensa di conoscermi da sempre. Sono tutti disastrati come me e credono che questo faccia di noi una specie di famiglia. Ma io non li sopporto quando parlano in quel modo, come se ci fossimo scambiati lecca-lecca sul cortile dell’asilo. Non li sopporto quando mi si agganciano al collo e cominciano a piagnucolare.

Alcuni giorni fa ho aggredito un tizio che mi chiedeva di te. Credo che ti conoscesse. Mi hanno messa in punizione per tre giorni, a lavare i bagni comuni. I bagni di una mandria di drogati in astinenza: non hai idea di quello che ci puoi trovare, dentro.

La prima notte l’ho passata a fissare il soffitto. Quando è suonata la campana del mattino non mi ero mossa di un soffio. Poi sono iniziati gli incubi. Le giornate scorrevano veloci, perché ci sono un sacco di cose da fare e non rimane il tempo per pensare. Ma la sera mi ritrovavo sola, al buio, e allora pensavo. Pensavo a te che mi stavi di fianco e mi accarezzavi i capelli. Pensavo, amore mio, perché mi hai fatto questo?

Adesso ho sempre sonno. Non so quanto tempo sia trascorso, ma tu dici che non ci sentiamo da un sacco di tempo e allora ti dico che è un sacco di tempo. Riesco a dormire, perché sono molto stanca. Ma a volte passo ancora del tempo sul letto a fissare il soffitto e penso, amore mio, che deve essere brutto quando chiami qualcuno così per via dell’abitudine, e nemmeno mi ricordo la tua faccia.

Le sedute di gruppo sono la parte più dura. Tutte quelle persone che parlano solo dei loro casini e poi scoppiano in lacrime, e qualcuno mi ha detto che vuole ammazzarsi. Lo ha detto proprio a me. E io, lo sai com’è che sono io, dopo sto male per loro. Ma li ascolto tutti quanti, perché se mi concentro sui loro guai riesco a non pensare ai miei.

A volte, durante le sedute, ci spingono a incazzarci gli uni con gli altri. Lo chiamano “sfogo emotivo” e dicono che serva a liberarsi. Ma io non mi incazzo più con nessuno. Trascorro tutto il tempo a disegnare sopra la mia scheda e a sbadigliare. Il tutor voleva che gli consegnassi la scheda, forse per analizzare i miei disegni, e io me la sono mangiata. Non ho voglia di scavare alla ricerca di emozioni. Ci troverei dentro solo altro dolore.

Durante le ore libere faccio dei cruciverba. Non ci è consentito portare penne e matite nelle nostre stanze, così li faccio qui, nella sala comune, dove mi possono vedere. Alcuni di quei cruciverba sono proprio complicati. Questo, per esempio. Nello schema completo bisogna eliminare un tot di lettere, così, senza sapere dove stanno. Al trentasette orizzontale c’era scritto: trasformano amore in orrore. C’era spazio per due lettere soltanto, ma ce ne ho infilate sei. Ho scritto: noidue.

 

Biografia

Sara Mazzini (Poggibonsi 1980) ha collaborato con diverse riviste on-line, è stata co-direttrice di CrapulaClub. Il suo primo romanzo è “Centinaia di Inverni. La vita e le morti di Emily Brontë” (Jo March, 2018). È membro della Brontë Society di Haworth.

2 Comments
  • Mariatetesa Lumachi
    Posted at 11:09h, 25 Luglio Rispondi

    Bello, intenso pur nella sua brevità.

  • Alessandro Gambacurta
    Posted at 07:14h, 28 Luglio Rispondi

    Mi è piaciuto molto

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