Medusa, le Streghe e la Mandragora

Medusa, le Streghe e la Mandragora

di Roberta Schembri

 

 

Me la ricordo, sulle mie spiagge di ragazza, quell’argilla verde-azzurra tutta intorno al Lido del Kaos, vicino Porto Empedocle.
In quegli infiniti pomeriggi estivi, noi, compagne di scuola e di pelle, ce ne ricoprivamo a vicenda, per trasformarci in statue secche e salate, sempre più bianche, man mano che il sole africano ci scaldava, ogni ora di più.
Poi, al tramonto, tuffi su tuffi per strofinare, levigare e liberare le nostre nuove morbidezze. Ci specchiavamo nell’acqua, proprio come Medusa di fronte a Perseo, finché ognuna di noi non scopriva, nel suo candore di quindicenne eterna, di impersonare l’abbronzatissima principessa Andromeda d’Etiopia.
Oggi, dopo quasi trent’anni e duemila chilometri da allora, dopo mille studi e mille riletture del mito della Gorgone, mi chiedo se quella creata da Medusa sui corpi delle vittime, fosse non pietra inscalfibile, ma quella stessa argilla empedoclina delle mie estati, sì incrostata e ingessante, ma facilmente solubile nell’acqua salata e, per similitudine, nelle lacrime.
Gli occhi di Medusa la Gorgone, di Medusa la Strega, di Medusa Mostro da decapitare, di lacrime non ne avevano: erano aridi e maledetti. Atena aveva svergognato e condannato l’amante di Poseidone: da quel momento in poi, dal fondo dell’iride di Medusa sarebbe derivato lo stesso potere delle corde vocali delle sirene, della coppa di Circe, dell’ampolla color rubino di Medea.
Tutte donne-streghe, a metà tra due mondi, capaci di vedere e di osservare: donne visionarie, dunque, capaci di cogliere l’essenza. Questo un tempo avevano in comune le megere, saper cogliere i dettagli nascosti, di persone, ambienti, degli spiriti di natura.


Le Mahare di Alicudi, vicino Lipari, si erano accorte del fumo nero di spore rilasciato dalla segale, una polvere scura simile al carbone, e l’avevano battezzata “tizzonara”.
Nulla sfuggiva agli occhi attenti delle fattucchiere dai poteri soprannaturali.
Medusa, fino a un attimo prima di essere sconfitta e decapitata, aveva pietrificato i vili, i non-eroi: li fissava talmente a fondo da inchiodarli. Li metteva alla prova, proprio come faceva la Sfinge o come l’Oracolo-specchio di Atreiu nella Storia Infinita.
Chi non si innalzava, chi non sapeva volare alla sua altezza, chi dubitava di se stesso, sarebbe rimasto bloccato per sempre.
Ma davvero gli eroi avevano solo un tentativo a disposizione? non potevano più tornare indietro, imparare, essere degni di compassione? una volta trasformati in statue, che antidoti potevano esistere?
Abbiamo dovuto aspettare secoli per riscoprire, in un altro film per ragazzi, una pianta dimenticata, tabuizzata e abbandonata sottoterra, nella sua dimensione oscura.
Nel film “Harry Potter e La camera dei Segreti”, gli studenti del secondo anno sono chiamati ad una prova pratica: devono dissotterrare e rinvasare la Mandragora, radice antropomorfa per eccellenza.
Nel suo libro, la Rowling la descrive così:

Al posto delle radici, dalla terra venne fuori un minuscolo neonato coperto di fango e terribilmente brutto. Le foglie gli spuntavano direttamente dalla testa. Aveva la pelle verdastra tutta chiazze ed era chiaro che stava urlando con quanta forza aveva nei polmoni.

La professoressa Sprout -che in italiano vuol dire, guarda caso, “germoglio” – chiede alla classe: “Chi sa dirmi a cosa serve la Mandragora?”.
Naturalmente, è Hermione ad alzare subito la mano: “A far tornare normale chi è stato tramutato in pietra”.
La Mandragora, pianta dei Sabba medioevali, pianta degli unguenti stregoneschi, capace, insieme alla Belladonna, all’Aconito e a poche altre piante strane come questa, di dare la sensazione di prendere il volo, era già comparsa nel mondo dei miti: nell’Odissea, il dio Ermes la dona ad Ulisse per sfuggire agli incantesimi di Circe, affinché non rimanga bloccato nella sua isola.
Nel capolavoro letterario di Bulgakov, Il Maestro e Margherita, è l’aiutante Azazello che fornisce alla ragazza l’unguento del diavolo per spiccare il volo dalla sua vita infelice e borghese.
Era dunque il movimento che l’essenza della Mandragora promuoveva e sosteneva. Un movimento strano, certo, falsato dagli alcaloidi tossici e pericolosissimi che contiene nella sua radice, tanto da ricordare la sensazione dell’anestesia o della febbre alta, quel camminare nei sogni.
Eppure, la magia nascosta nella Mandragora piangente doveva essere proprio quella: sciogliere i blocchi, ridonare vitalità e conforto, come tutte le Solanacee. Non a caso, queste vitalissime piante del Sud sono dette “le consolatrici”.
Siamo alla fine: Perseo ha decapitato la Gorgone, cavalca Pegaso, sfreccia sull’acqua con il trofeo nella bisaccia, si dirige a Serifo.
Ma è un altro pianto si leva adesso dall’acqua del mare: quello di Andromeda, incatenata in mezzo ai flutti. È lei, indifesa e sola, ad essere il contraltare della Gorgone.
Medusa muore e Andromeda rinasce: in questa storia il femminile si lascerà salvare ben due volte. Dietr0 allo sguardo pietrificante pieno di rabbia che fa da corazza al mostro, non c’è che una ragazzina fragile, esposta a mille correnti emotive.
Come succedeva e succede ogni giorno a tutte noi, ragazze quindicenni eterne.
Il pianto della Mandragora, come quello di Andromeda, scioglie i cuori di pietra, forza i blocchi emotivi, spinge a volare alto anche senza le scope, smuove la compassione.
Finalmente gli occhi della Gorgone sono guariti e i suoi serpenti si placano, perché la medicina di cui sono simbolo è stata trovata.

 

Biografia

Roberta Schembri è una farmacista omeopata. Vive in Friuli da più di vent’anni, anche se è nata ad Agrigento, nella Valle dei Templi.
Appassionata giocoforza di Miti, Piante, Archetipi e Alchimia, attuamente lavora nella farmacia di Romans d’Isonzo (Gorizia), dove si dedica all’omeopatia, alla fitoterapia e alla spagyria.
Per gli appassionati, tiene corsi e conferenze in tutta la regione: il suo ultimo progetto è “Erboristeria Narrativa”, una serie di conferenze volte ad approfondire gli utilizzi delle piante medicinali attraverso gli eterni simbolismi dei miti e delle fiabe, antiche e moderne.

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