19 Dic Siamo Marea
Siamo Marea
Intervista a Benedetta Pintus e Beatrice de Vela
a cura di Ivana Margarese
Immagini fotografiche di Anne Brigman
Siamo marea. Come orientarsi nella rivoluzione femminista è un saggio scritto da Benedetta Pintus e Beatrice da Vela, pubblicato da Villaggio Maori editore. Il testo si propone come un manuale in cui autrici ripercorrono la storia del movimento femminista e, anche attraverso alcune interviste, guidano attraverso vari temi e teorie, per capire meglio come reagire e lottare contro le discriminazioni di ogni giorno. Siamo marea, una forza che non può essere fermata.
La fluidità è sinonimo di libertà e di sperimentazione, condizioni su cui è più difficile esercitare controllo, comincerei pertanto con il chiedervi del titolo “ Siamo marea”.
Il titolo “Siamo Marea” ci è stato proposto dalla nostra casa editrice e l’abbiamo subito fatto nostro. La marea è quella delle ondate femministe, che si allungano e travolgono l’esistente, per poi ritirarsi, mettersi in discussione e allungarsi ancora, con nuovi slanci e prospettive. Senza dubbio l’ondata femminsita attuale è caratterizzata anche dalla fluidità, intesa come liberazione da tutti quei paletti e recinti – sia teorici che pratici – rappresentati da stereotipi, ruoli e categorie, una liberazione che permette di ripensarsi, sperimentare e trovare percorsi alternativi. La marea è una forza che non si può fermare e infatti “siamo marea” è stato anche uno degli slogan della rete femminista Non Una di meno.
Cosa esprime il concetto di “intersezionalitá”?
L’intersezionalità è un concetto introdotto in sociologia negli anni Ottanta e, come raccontiamo nel libro, rappresenta uno strumento prezioso per i movimenti politici. Avere una prospettiva intersezionale significa considerare ogni soggettività come l’intersezione di più aspetti: la provenienza, l’identità di genere, l’orientamento sessuale, la condizione economica, e così via. Tutte queste caratteristiche ci rendono degli esseri unici, che hanno privilegi diversi e vivono discriminazioni diverse.
Che cos’è il privilegio? Non una colpa né un merito, ma semplicemente una condizione che ci permette di non subire determinate discriminazioni. Ad esempio: essere uomini, essere persone bianche, persone istruite, persone eterosessuali sono dei privilegi nella nostra società. Ciò non significa che chi ha questi privilegi non viva difficoltà o ingiustizie, ma semplicemente che non subisce violenze strutturali come il sessismo, il razzismo e l’omofobia. Comprendere l’intreccio di privilegi e discriminazioni è essenziale per capire la complessità della vita reale e agire di conseguenza.
Vorrei affrontare il tema della condizione femminile attraverso la dinamica tra discriminazione e privilegio.
Da femministe intersezionali pensiamo che la dinamica tra oppressione, discriminazione e privilegio dovrebbe essere presa in considerazione in qualsiasi azione politica.
Per quanto riguarda in particolare la soggettività femminile, crediamo sia importante uscire dall’idea che le donne, pur subendo la stessa discriminazione sessista a livello strutturale, siano una categoria monolitica e uniforme. Non pensiamo che ogni donna possa parlare a nome di tutte le altre, perché ciascuna di noi parte da una posizione diversa, vive un contesto diverso e ha una sua propria identità costruita da una rete di oppressioni e privilegi. Proprio l’esame dei propri privilegi, attraverso strumenti come l’autocoscienza, diventa per noi fondamentale. Ci sono donne più privilegiate di altre e le discriminazioni non ci colpiscono tutte allo stesso modo. Una donna nera e lesbica, per esempio, vivrà condizioni diverse rispetto a una donna bianca e disabile.
La prima ondata femminista, a partire già dagli anni sessanta dell’Ottocento, chiese l’abolizione della prostituzione, denunciando l’ipocrisia e la violenza del doppio standard morale che da una parte prevedeva la castità per le donne e dall’altra permetteva agli uomini di gestire liberamente il proprio desiderio sessuale avvalendosi anche dei servizi delle prostitute, spesso ridotte a condizione di schiavitù. Questo doppio standard morale è con altre forme presente tutt’oggi e mi piacerebbe una vostra riflessione in merito.
Il doppio standard è sicuramente ancora presente. La libertà che hanno gli uomini nella nostra cultura e nella nostra società, soprattutto a livello sessuale, non è concessa alle donne. Ancora oggi, ad esempio, un uomo etero che frequenta molte donne è considerato positivamente, una donna etero che frequenta molti uomini è ancora bollata come una “troia”. Una donna che si veste in maniera considerata sessualmente provocante e subisce una molestia “se l’è cercata”, perché gli uomini, secondo il sentire comune, non possono resistere a determinati istinti e vengono in molti casi deresponsabilizzati delle violenze che commettono. E questo doppio standard non si applica solo alla sessualità. Pensate alla gestione dei rapporti interpersonali: un uomo che difende le proprie idee con toni e modi forti è un modello positivo, una donna che fa la stessa identica cosa è quasi sempre percepita come una prepotente, una frustrata, una che “ha le sue cose” o, usando una categoria tutta ottocentesca, un’isterica. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Tutto ciò dimostra che le donne, pur avendo sulla carta pari diritti, non vivono ancora una condizione di equità e che c’è ancora tanto lavoro da fare, soprattutto a livello culturale.
Il nostro mondo in tensione tra globalizzazione sfrenata e frammentazione sociale è un mondo dove le persone considerate «fuori norma» faticano ancora a essere legittimate e, spesso, anche solo a trovare gli strumenti adeguati per sopravvivere. Una vita indipendente viene considerata sinonimo di vita “normale”, ovvero una vita resa normata e normativa. Tuttavia assimilare la vita delle persone alla vita che consideriamo normale non potenzia le possibilità di fare delle scelte consapevoli e non crea una comunità equa.
Tutto il sistema in cui viviamo, innanzitutto da un punto di vista economico e politico, impone delle regole ben precise a cui attenersi per essere considerate persone “nella norma”. Pensiamo alla prima idea di famiglia che ci viene in mente: un uomo e una donna sposati con figli. Già questa è una idea normata e le famiglie che escono fuori da questa idea sono considerate “diverse”: coppie omosessuali, coppie senza figli, coppie non sposate, relazioni che vanno oltre l’idea di coppia. Anche i ruoli che abbiamo all’interno della famiglia sono stereotipati: la madre e il padre devono rispettare canoni precisi per essere considerati “normali”. Qualunque deviazione dalla norma è percepita come pericolosa perché destabilizza il sistema: la paura del “diverso” è alla base di ogni tipo di discriminazione. Essere persone libere e autodeterminate significa prendere consapevolezza di queste norme imposte e decidere in base a chi siamo realmente come vogliamo portare avanti le nostre vite. Ma l’iniziativa del singolo, ovviamente, non basta. Ed è proprio questo che ci insegna il femminismo intersezionale: il valore di fare rete tra soggettività diverse, ma che hanno in comune l’essere in qualche modo fuori dalla norma e che quella norma vogliono abbattere e stravolgere. Nel mondo di oggi, nonostante l’aiuto che viene dalle nuove tecnologie, è certamente un’operazione complessa, perché il modello corrente di società è individualista, ma è anche l’unico modo per opporsi alle dinamiche di oppressione sistemica, che spesso si intrecciano con fenomeni globali (basti pensare alla connessione strettissima tra razzismo e colonialismo).
Biografie
Benedetta Pintus, nata a Cagliari nel 1981, giornalista professionista, ha lavorato per Repubblica tra Roma, Modena e Parma. Divulgatrice specializzata sul linguaggio non discriminatorio e sul contrasto alla violenza di genere, è un’attivista nell’ambito del femminismo intersezionale e del transfemminismo. Nel 2014 ha fondato il progetto femminista online Pasionaria.it.
Beatrice da Vela, nata a Firenze nel 1985, lavora come docente di latino e materie letterarie. Formatrice in educazione di genere e alle differenze, è un’attivista nell’ambito del femminismo intersezionale, transfemminismo e delle lotte LGBTQI. Con Benedetta Pintus è amministratrice e autrice di Pasionaria.it. Ha scritto e pubblicato romanzi, saggi, racconti e poesie su siti, riviste e quotidiani.
Glen Elvis
Posted at 13:18h, 19 Dicembrei love this good post