09 Feb La Seduzione Verde
La Seduzione Verde
Il BioErotismo del Mondo Vegetale
di Roberta Schembri
Nella tarda mattinata del due febbraio sono stata avvolta –più come percezione intuitiva che come effettivi dati climatici– da un anticipo di primavera.
Un martedì qualsiasi, una di quelle giornate grigie e fredde come tante, nel lungo e implacabile inverno friulano. Ma tutt’a un tratto, eccoli: i piccoli timidi segnali di risveglio.
Ho avuto addirittura la sensazione di aver visto i primi fiori gialli di un ginestrone, così, lungo la strada. A tradimento, senza nemmeno essersi annunciato. Ma più del ginestrone, che potrei anche averlo sognato, credo si sia trattato di un gioco d’ombre.
Rientrata a casa, inizio le ricerche, così scopro il 2 febbraio non è una giornata a caso. Ricorre una festività pagana, la Madonna della Candelora.
Dalle parti di Avellino una leggenda, che probabilmente affonda le sue radici fino alle festività di carattere orgiastico legate a Cibele (l’odierno culto di Mamma Schiavona), narra di una coppia rimasta bloccata nel freddo in cima a Montevergine: è il 2 febbraio del 1256, quando due giovani amanti vengono sorpresi ad amoreggiare. Sono due maschi: per lo scandalo del loro amore, vengono condannati a morire abbandonati al freddo e alla ferocia dei lupi.
Così sarebbe stato, se una apparizione miracolosa della Madonna che si venera sulla montagna, non avesse squarciato le nubi e con un raggio di sole non avesse dissolto neve e ghiaccio, riscaldando i due giovani.
Il 2 febbraio, dunque, si manifesta un friccico nell’aria: non si tratta solo di dubbie ombre e vaghe percezioni. Le energie sono in fermento. Santa Ildegarda dichiarò: “La terra trasuda potere germinante da ogni poro”.
Realizzo a pieno titolo, mettendo in ordine tutti i puntini che, anche nel cuore dell’inverno, la natura è viva, immortale, cacofonica e precisissima. Fertile, orgasmatica. Umida, tracotante, esuberante.
In sintesi, utilizzando un’unica espressione, potremmo paragonare la natura alla migliore performance sessuale della nostra vita. Jean Shinoda Bolen nel suo illuminante saggio Passaggio ad Avalon dice, a proposito dell’umidità:
“Essere acquosi e umidi e verdi e succosi significa essere emozionalmente vivi. Il nostro corpo esprime sentimenti autentici attraverso l’umidità: scorrono le lacrime di gioia o di dolore, o ridiamo talmente tanto da arrivare alle lacrime, o i nostri occhi diventano umidi se vengono suscitati determinati ricordi o emozioni.
Pensiamo al nostro stesso corpo: quando siamo eccitati sessualmente, rispondiamo con l’umidità, i succhi defluiscono nella pregustazione del desiderio, l’eiaculazione e le secrezioni sono acquose. La mancanza di naturale lubrificazione corrisponde all’aridità emozionale”.
Come nel Florilegium installato a Parma dall’artista Rebecca Louise Law, sarà questa una grande primavera. Gli ormoni verdi ci parlano e cantano,non come maliarde di basso borgo, ma come affascinanti Marylin con la gonna di sepali bianchi svolazzanti. Bellezza, sensualità e sessualità coincidono e sono pronte a schiudersiprepotenti, come le corolle dei gelsomini. Nel corso del tempo, nell’arco degli ultimi due millenni di storia è come se fossimo passati dal puritanesimo più becero alla pornografia più insulsa. Su questo misero e diritto segmento <punto A – punto B>, ci siamo persi tutte le curve erotiche. Niente più odalische, niente più rituali, perfino le api stanno malissimo. Meditare sulla forma di alberi, radici, fiori, corolle, perfino sul cipresso o su altre piante austere, potrebbe risultare in quest’ottica una prospettiva rivoluzionaria: per la prossima stagione, chissà, potrebbe aspettarci un viaggio in grado di trasformare la nostra percezione del verde e di noi stessi. Tanto intimamente camminiamo intrecciati; come un geyser, quest’energia potrebbe riportare sull’Olimpo della nostra coscienza il mondo classico, pagano e alchemico, come se questi contenuti eterni fossero legni galleggianti, impossibili da incagliare sul fondo del nostro circo interiore. Da Linneo in poi, purtroppo, la botanica sembra una materia per eunuchi, quando invece trasuda carica erotica da ogni stame.
Eppure, la dea Ecate e le sue adepte Circe e Medea, insieme a tutte coloro che dalla storia ufficiale furono definite Streghe, non erano che herbarie, curatrici fitoterapiche di gran livello. Più dominavano le arti del regno vegetale, più la loro sensualità cresceva. Più la loro kundalini si esprimeva, più le piante parlavano loro, regalando sapienze insondabili, di cui le “fattucchiere” custodivano gelosamente il seme. A volte, proprio come Circe quando invitò gli uomini di Ulisse a bere dal suo calice, le piante attirano gli insetti con inganni confezionati alla perfezione, a loro unico vantaggio.
Le Orchidee, talmente sfacciate da sfiorare l’impudenza, sono in questa metafora il nostro sexflower per antonomasia. Si lasciano impollinare dagli insetti truccandosi ad arte: non possedendo polline pulverulento, cioè trasportabile dal vento, la loro corolla riproduce colori, forme, addirittura gli stessi peli degli insetti femmine. I maschi boccaloni, così sedotti, storditi e sfruttati, riprenderanno il loro volo dopo aver preferito, molte volte, il fiore dell’orchidea alla femmina della loro specie.
Nel libro di Giorgio Celli Le piante non sono angeli. Astuzie, sesso e inganni del mondo vegetale (Baldini Castoldi Dalai) troviamo, in questo senso, suggestioni di ogni tipo: il mondo verde è molto meno ingenuo di quanto crediamo. La flora riesce ad esprimersi come una cornucopia, come in una danza vorticosa, a costo di disperdere e di giocare sui grandi numeri, a costo di far carte false, pur di celebrare l’esistenza e i rituali di accoppiamento prima di ogni cosa.
E noi? Noi che in quest’epoca siamo stati definiti come i nati stanchi, i divanati, gli psicoapatici?Quando ci si smarrisce nel labirinto dell’assenza di vitalità, come in quest’epoca distopica, preoccupata, fatta di gel disinfettanti che seccano fauci, lacrime e perfino i più intimi sudori, bisogna pur tornare indietro sui propri passi. Sperando di trovare le mollichine di pane, i sassi di Pollicino o il filo rosso di Arianna, la splendida sposa dionisiaca. Qualsiasi cosa, purché ci riporti alla nostra condizione di godimento per eccellenza: il Giardino.
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