Musa e getta

Musa e getta

Intervista a Arianna Ninchi e Silvia Siravo

a cura di Ivana Margarese e Francesca Vitelli

 

Raccontateci da cosa prende avvio il vostro progetto e quale è stato il criterio con cui avete invitato le sedici  scrittrici.

ARIANNA: All’origine del progetto c’è una mia ossessione, possiamo dire! Nel 2013 mi ero follemente innamorata di Lizzie Siddal, musa dei preraffaelliti. Desideravo portare in scena la sua breve e tragica vita ma nessuno, dei registi e delle registe a cui mi ero rivolta, si era reso disponibile ad aiutarmi a realizzare questo sogno. Ho prestato il libro a Silvia e da quel momento abbiamo iniziato a interessarci alle muse ispiratrici. A confrontarci su questo tema. Tante, troppo di loro erano rimaste nell’ombra e meritavano una nuova luce. I nostri scambi potevano restare chiacchiere, come spesso succede. E invece a un certo punto ho pensato al Rifugio delle Madonne abbandonate, che Tonino Guerra ha creato a Pennabilli (Montefeltro) per riunire le raffigurazioni sacre che anticamente si trovavano nei crocicchi di campagna. L’idea della raccolta nasce da questa ispirazione legata alle mie radici. Anche le muse dovevano stare insieme per salvarsi dall’oblio! Ed eccole insieme, finalmente, nella nostra antologia. Manca Lizzieincredibilmente rimasta fuori dal gruppo, anzi… dal rifugio, per qualche ragione che un giorno si capirà. Di certo, se ora sono insieme è grazie a Vincenzo Ostuni che ha da subito creduto in questo progetto e coinvolto, oltre alle scrittrici nostre amiche, tante altre autrici. E tutte così brave

SILVIA: Sì, sia io che Arianna abbiamo nel tempo, durante reading o altre collaborazioni a livello editoriale, conosciuto alcune di queste scrittrici, c’è stata un’immediata stima e amicizia. Abbiamo pensato che questo progetto potesse toccare la loro sensibilità e immaginato di coinvolgerle. Il gruppo in seguito si è allargato e ha preso forma definitiva grazie alle meravigliose proposte e idee di Vincenzo Ostuni di Ponte alle Grazie.

Il titolo della vostra antologia è piuttosto evocativo, chi ha avuto l’idea?

SILVIA: L’idea del titolo è di Arianna e mi ha subito colpito per l’ironia e la sagacia. Da lì sentivo che si poteva aprire un ampio dibattito su tanti temi riguardanti il femminile. Da lì sono iniziate le riflessioni, la condivisione e l’ascolto di punti di vista diversi. Credo che alla fine il risultato del libro rispecchi il concetto che il titolo sintetizza. I testi sono profondi, provocatori, e pieni di grazia come anche la nostra Zelda in copertina!

ARIANNA: Prima di Lizzie, c’è stato proprio il titolo. Un calembour che avevo inventato. Mi piaceva e mi ero ripromessa di utilizzarlo. Poi mentre il progetto prendeva corpo nella mia mente, ho pensato che fosse il caso di unire i pezzi del puzzle. Sono felice stia piacendo. Ringrazio la casa editrice anche per averlo accolto nel suo essere ironico e provocatorio. Non era scontato accadesse. È un progetto felice e fortunato.

Entrambe siete attrici e uno degli obiettivi dell’antologia è poter portare questi testi a teatro. In questo momento in cui si sente fortemente la mancanza del vivere l’incontro che il teatro offre mi piacerebbe una vostra riflessione in merito.

SILVIA: l teatri, luoghi di aggregazione e riflessione pubblica, sono chiusi. È grave, mi viene da dire questo, ecco, non dobbiamo dimenticarcelo. Naturalmente in questo momento non può essere altrimenti, ma dobbiamo tenere in mente la rilevanza e l’importanza di questi luoghi dedicati all’arte. Abbiamo sentito la necessità di dare una declinazione teatrale al progetto perché il teatro può dare corpo e voce a questi personaggi. Queste donne che sono state dimenticate dalla storia, ora hanno trovato spazio in un libro e attendono la riapertura dei teatri per avere una luce tutta per loro.

ARIANNA: Sarebbe molto importante il ritorno all’incontro di cui parli tu. La riflessione, l’offerta culturale o anche solo l’intrattenimento offerti da cinema e teatro potrebbero essere di aiuto per la gente. Musa e getta spera di essere presto, e in tutta sicurezza, accanto al pubblico. Durante l’estate Silvia ed io inizieremo a proporre letture teatralizzate. Per poi realizzare in futuro, quando si potrà, il sogno che riassumiamo con la formula 16x16x16. Non siamo sole a sognare: quattordici colleghe già sognano con noi. Ce la faremo.

“Si saranno sentite dire «Non ti muovere» più spesso di quanto non si siano sentite dire «Ti amo»”. Queste parole scritte nella vostra prefazione ci hanno fortemente colpito perché sembrano un piccolo manifesto delle ragioni per cui ancora oggi è importante non distogliere l’attenzione sulla questione non solo femminile ma anche della relazione, al di là dei generi e dei ruoli.

ARIANNA: Grazie per aver ricordato questo passaggio della prefazione e per essere giunta al cuore di Musa e getta. Se c’è una parola con cui riassumerei l’antologia è proprio questa: relazioni. Nella sinossi le definiamo complesse (e pericolose) e penso siano aggettivi calzanti. Nel rapporto artista-musa lo scambio è continuo, particolarmente intenso, claustrofobico a volte: davvero l’uno non sarebbe quello che è senza l’altra. E la riflessione delle nostre autrici sullo starsi accanto è, proprio come dici tu, al di dei generi e dei ruoli. Si va dal corpo unico che furono I Fitzgerald alla groupie che fa l’amore come gli va, dalla musa libera Amanda Lear alla musa che si libera Lou Andreas-Salomé. Il mazzo di fiori che è la nostra antologia (nella prefazione ricordiamo infatti che in Greco antico antologia vuol dire letteralmente raccolta di fiori) ha uno spago che si chiama libertà (che è stata il nostro criterio guida) e un verde che sono i famosi compagni delle nostre muse. Un verde che è decorativo, , ma che non può mancare!

SILVIA: L’equilibrio è sempre da perseguire nelle relazioni perché a volte purtroppo in modo anche subdolo si insinua il veleno del narcisismo, e i rapporti diventano rapporti di forza.

Secondo voi esistono ancora le muse? Se sì, hanno imparato a non essere solo comprimarie?

SILVIA: Certo, esistono le muse ma esistono anche tante donne che hanno più spazio per creare. C’è un maggiore equilibrio tra chi ispira e chi crea, le donne non sono cristallizzate sui piedistalli, relegate a vivere sole nei meri ideali dei loro uomini ma molto più libere di essere protagoniste in carne ed ossa della loro vita. E chissà magari hanno anche i loro “musi” a cui ispirarsi. Le donne hanno ottenuto, con fatica e con battaglie che non dobbiamo mai dimenticare, di stare accanto, o davanti agli uomini. È fondamentale non vivere in funzione di qualcun’altro ma essere soprattutto muse di se stesse.

ARIANNA: Personalmente credo oggi ci debbano essere più artiste e meno muse, perché le rinunce che una donna fa non sempre sono capite, a volte non sono proprio notate. I sodalizi artistici sono ancora possibili ma solo a patto che ci si ispiri vicendevolmente, e non in modo unilaterale. Secondo la nostra Ritanna Armeni, Musa e getta è un po’ un canto del cigno della figura della musa e forse mi trovo d’accordo con lei. Ora uscire dall’ombra per noi donne è fondamentale perché c’è ancora tanto da fare per arrivare alla parità fra i sessi. Penso anche però che i tratti peculiari della musa dovremo, con intelligenza, tenerli vivi dentro di noi, perché nel momento in cui avremo accesso alle posizioni di prestigio che meritiamo, la vera sfida sarà gestire il potere con strumenti diversi da quelli maschili: l’empatia e la femminilità, ad esempio, sono risorse “alla musa” e irrinunciabili, per quanto mi riguarda.

Se poteste avere una musa come sarebbe?

SILVIA: Sarebbe una musa ribelle e libera e sempre in movimento, che sorride e dice sempre la sua!

ARIANNA: La mia sarebbe… il risultato di una bella shakerata fra le sedici muse di Musa e getta + Lizzie che, lo so per certo, aleggia su noi e chissà dove ci guiderà. Queste personagge” (come le chiama la nostra Igiaba Scego) vorrei tenerle a lungo accanto a me, con le loro fragilità e contraddizioni, con le ambizioni e le debolezze, le asperità e le dolcezze, e riassumerle in una musa unica sarebbe molto, molto comodo… allora sì, ecco: la mia musa sarebbe questa musa prête-à-porter. Esiste uno stilista in grado di crearla, che voi sappiate?!

Foto di Benedetta Pignatelli


Biografie

Arianna Ninchi studia recitazione presso il CIMES-DAMS di Bologna. A teatro è diretta, tra gli altri, da suo padre, Arnaldo Ninchi, e da Piero Maccarinelli, Antonio Calenda, Ennio Coltorti, Gianfranco Calligarich, Anna Redi, Monica Nappo. Ha preso parte ai progetti teatrali internazionali Migrazioni della Fondazione Axel Munthe e Cos’hai sognato stanotte? del drammaturgo francese Lancelot Hamelin, in collaborazione con Villa Medici e Short Theatre Festival 2019. Al cinema ha lavorato per Francesco Falaschi, Daniele Misischia, Leonardo Pieraccioni, Stefano Mordini. È attiva anche in ambito editoriale: ha frequentato il corso di scrittura RAI ERI; ha scritto per la radio (Radio Vaticana); adattato e tradotto per il teatro; pubblicato testi sulla tradizione attoriale della sua famiglia (la VIP dei Ninchi è Ave); collaborato con lo scrittore e sceneggiatore Filippo Bologna. Ha 42 anni e vive a Roma.

Silvia Siravo si diploma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica S. D’amico nel 2005. Partecipa  a corsi di perfezionamento con Fura Dels Baus, Peter Clough e Peter Stein. Diretta da Armando Pugliese è Ofelia nell’ Amleto con Alessandro Preziosi e Viola nella Dodicesima Notte con Luca de Filippo. Interpreta Mommina In Questa sera si recita a soggetto per la regia di F. Ceriani. Tra gli altri lavori teatrali a cui partecipa ricordiamo anche Erano tutti i miei figli di A. Miller e Re Lear di W. Shakespeare entrambi con Mariano Rigillo e la regia di G. Dipasquale. Vince il premio “Ombra della sera” come miglior attrice emergente e il premio miglior attrice rivelazione “Franco Enriquez”. Nella scorsa stagione erain scena con La cena delle belve di Vahè Catchà, regia Julien Sibre.

 

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