30 Giu Ipazia
Ipazia
di Brillante Massaro
Ho freddo, la mia anima è gelata. Sento ancora il rumore dei cocci che scavano nelle mie carni. Sapevo cosa mi aspettava. Ma sono andata avanti, e non rimpiango nulla. Rifarei tutto. Lo rifarei mille volte e mille ancora. Perché? perché il dubbio mi è sempre stato amico.
Ma gli occhi… non poter rivedere le stelle, rinunciare ai colori, alla definizione delle cose…
Le certezze mi hanno sempre spaventata perché sono vigliacche, hanno paura. Non amano il vento che le scompiglia, vogliono quella tranquillità statica fatta di cose stabili, invariabili, e temono il nuovo. E ti fanno larva, serpe che striscia incapace di vedere il cielo. Ti rendono sicuro, ti basti e non cerchi altro. Sono cieche e vuote le certezze. Hanno il suono sordo di un campanaccio arrugginito, nessun nuovo mondo le aspetta, nessuna scoperta le attrae, non hanno compagni di viaggio, non ne hanno bisogno, navigano bene in solitudine lasciandosi alle spalle tutti i punti interrogativi. Ma l’intuizione si rivela solo a chi abbandona le certezze che gli precludono nuovi visioni.
Il dubbio mi ha sempre guidato. Prendete il sole, era per me fisso al centro del cerchio, ma non capivo l’avvicendarsi delle stagioni, ma come può occupare due posizioni in una volta? Eppure il cerchio racchiude l’idea stessa di perfezione, non ha inizio e non ha fine, pone tutti nella stessa posizione, eppure… forse proprio questa convinzione era il mio limite, e ho dubitato: non un cerchio ma un’ellisse. Voi scoprirete poi Keplero. Ma questo dopo. Molto dopo.
Mio padre era Teone di Alessandria, da lui ho imparato ad amare le stelle e gli sguardi che le interrogano, ho imparato ad amare Platone e l’arte della parola, la capacità di trovare soluzioni ai problemi, di parlare senza reticenze senza sposare i punti di vista ma accogliendoli in una sintesi.
Nella mia scuola tutte le opinioni avevano diritto di cittadinanza, perché tutte le cose sono legate insieme da una trama, da un tessuto connettivo che dà loro forza, e corpo. La filosofia, la matematica, la musica hanno un rapporto di sorellanza.
Non ho avuto amori, non ne avevo bisogno. Ma ho dovuto averci a che fare con l’amore, quello degli altri. È facile confondere l’eros intellettuale con l’amore fisico e spesso ai miei allievi accadeva. Ma il desiderio fisico è legato ai flussi del corpo, il vero eros deve sublimarlo, trascenderlo, trasformarlo in amore per il sapere. Ma i giovani non sempre riescono a farlo e confondono le due cose, e uno in particolare mi dichiarò il suo amore, e la cosa fu presto nota a tutti. Un giorno portai in classe il mio panno mestruale e davanti a tutti, glielo sventolai in faccia: – guarda! alla fine è di questo che ti sei innamorato, e credimi non ha proprio niente di sublime!
Cosa mi è capitato? Quando il neonato cristianesimo è diventato religione di stato, io sono diventata un ostacolo per la giovane chiesa che si affacciava alla storia.
Tacciano le donne in assemblea si legge nella Prima lettera di San Paolo ai Corinzi. La donna è per i cristiani solo una costola, parte dell’uomo, gli appartiene, non ha diritto di parola, deve coltivare il silenzio alla sua ombra. Ma io venivo dalla libertà di parola e a questo educavo i miei giovani allievi, senza alcuna distinzione di sesso o di opinioni. Apritevi al mondo, dicevo loro, e alle diversità perché sono proprio quelle che vi permetteranno di andare avanti di scoprire nuove strade, e loro si aprivano, accoglievano le diverse opinioni come si accoglie un figlio ribelle che torna nella casa comune. E ho amato ogni singola parola detta, sussurrata, ascoltata, letta, perché le parole ti fanno uscire dal buio e danno vita alle cose.
Due mondi si sono scontrati: quello cristiano e quello pagano, ma quello cristiano per diffondersi ha dovuto imporre i dogmi perché solo il dogma ha il potere di fermare il pensiero critico.
La mia colpa? Non aver accettato i dogmi, non aver preso una posizione per l’una o l’altra parte, aver continuato a praticare il dubbio e la tolleranza come strumenti di comprensione scientifica e sociale. La mia storia è diventata poi ghiotta, è stata masticata più volte nei secoli dall’illuminismo in poi, dall’una o dall’altra parte. E sono diventata demone o martire laica.
Ognuno si costruisce la propria ragione, e la propria prigione: eros e thanatos, bene e male, giusto sbagliato, sacro profano, totem e tabù e ce le portiamo dentro queste prigioni e vediamo il mondo attraverso le loro sbarre.
Siamo stati imprigionati nella dicotomia del reale e ci è sfuggito il flusso unico delle cose e la sua armonia, che è la poesia della vita.
E voi avete continuato a spezzettare la realtà a frammentarla in opposti desideri e destini.
Quanti secoli ci separano? Tanti. Sono servita a qualcosa? Non so, siete liberi voi oggi di coltivare il dubbio? Che cos’è il dubbio per voi? Ho combattuto il dogma ma ho fallito. Astronoma, filosofa, matematica, scienziata, ma tutto questo viene dopo, prima e innanzitutto donna che osa sfidare la chiesa, l’autorità, il dogma. Il dubbio che combatte il dogma, una lotta impari. Che presunzione.
E voi che avete attraversato la storia, cosa vi ha insegnato?
Se tutti gli uomini meno uno avessero la stessa opinione, non avrebbero diritto di far tacere quell’unico individuo, più di quanto ne avrebbe lui, di far tacere, avendone il potere, l’intera umanità perché impedire l’espressione di un’opinione è sempre comunque un crimine.
Questo era John Stuart Mill all’inizio della vostra età moderna, e a voi illuminati dai secoli che danno luce, a voi che avete dato alla ragione il posto che merita nella sfera della conoscenza, a voi che avete digerito il metodo critico, che ne avete fatto un vessillo di modernità, a voi, che cosa resta di tutto questo?
Nei secoli sono diventata un’allegoria da consumare, una maschera da indossare all’occorrenza, da sciorinare nelle serate vuote per dare una parvenza di sensatezza.
Avete dato il mio nome a corpi ed entità celesti, un cratere lunare si chiama Ipazia e io rivivo ogni giorno in quel corpo, tra le stelle.
Ora che lo schermo dei vostri pc appiattisce i vostri sensi, ora che avete negli occhi barconi e mani che si agitano, ora che un piccolo microscopico essere vi imprigiona nelle vostre comode scatole, ora che le certezze vi hanno abbandonato, vi è amico il dubbio? Ora avete ancora voglia di interrogare le stelle?
Fabio Ventimiglia
Posted at 14:12h, 01 LuglioIl dubbio oggi non è contestato ma escluso dalla pigrizia di una società che ha scelto di scomparire tra i codici dell’immagine integrata.
Maddalena Merola
Posted at 16:48h, 02 LuglioIl dubbio è spinta evolutiva!