18 Lug Desiderio del vero. Poesie inedite di Mario Famularo
Desiderio del vero. Poesie inedite di Mario Famularo
Immagini tratta da opere di Carlo Carrà
Nell’infanzia il primo fiore si
sostiene sul pendio dei nuovi
affetti, lievemente: non riesce a
immaginare quella roccia sgretolarsi,
il porto delicato farsi oceano e
smarrimento. Eppure è ciò che
avviene, per la furia degli eventi
che ci strappano all’origine, e
la fredda noncuranza che con
gli anni è più sensibile; l’istinto
suggerisce che è più semplice
annientarsi, farsi vento nella
polvere, schiuma tra le onde in
un deserto temporale. Ma il senso era
in quel seme, custodirlo con la
cura disperata del pregare, l’attenzione
che ogni cosa ha ormai perduto,
tranne questa: il dono della grazia
che sostiene chi precipita, voragine che
accoglie un destinato rifiorire.
Tutto intorno l’ostinata dedizione della
vita a divorare ad annientare a replicare
migliorandolo il codice che impone la sua
immagine sul vuoto: la febbre sul silenzio,
l’inquietudine sul placido distendersi della
dimenticanza. È tutto un germinare ininterrotto
che si nutre della morte che essa stessa rovinosa
rifiorisce: questa la maestria contraddittoria
dell’esistere, pianto che desidera e si affligge
senza posa, teso sensualmente allo splendore
di un istante. Per quel solo momento in cui
il tuo smarrimento smanioso si è specchiato
nell’autunno del mio sguardo, per quello
anch’io ho ceduto restituendo il sonno
estremo: non può esservi pace nel saperti
abbandonata a un paradiso predatore. Così
la vita incanta anche i migliori detrattori,
vincendoli all’impegno, pur di alleviare il
peso di chi soffre in loro nome. La
sopravvivenza non è affare d’amor proprio,
ma coscienza del dolore: eppure nel votarsi
a consolare il mondo intero, la piega di
quei rami acuminati ammorbidisce in
un addio dolcissimo di petali avvolgenti, e
nella curva bella dei lampi di magnolia.
Mia sola primavera, un giorno sarò
morto: avverti dal passato la carezza del
ricordo, o quello che maldestramente
tento di lasciarti. Questa disperazione, che
mi ha sempre accompagnato, appena si
è dissolta è diventata dispersione, sorriso
che si scioglie tra il profumo velenoso di
un abbraccio d’oleandri, rinuncia ad
un’estrema infanzia, splendida prigione.
Nel tuo lento fiorire ho custodito ogni
mio bene, qualsiasi godimento che per
celebrarti ho estinto. Tu mia vera gioia,
potessi solo cedere quel poco di speranza
che resiste debolmente per assicurarti
libera da questa mia afflizione, ignara del
dolore che per tutta un’esistenza ha
trovato il solo senso guidandomi
al tuo nome.
Biografia
Mario Famularo (Napoli, 1983) esercita la professione di avvocato a Trieste. Suoi testi sono apparsi su antologie e riviste letterarie, tra cui il blog Rai “Poesia, di Luigia Sorrentino”, “Poetarum Silva”, “YAWP”, “Argo”, “Inverso”, “ClanDestino”, “Il Segnale”, “Digressioni”, “Atelier” e tradotti in lingua spagnola dal “Centro Cultural Tina Modotti”. È redattore della rivista trimestrale “Atelier” e dei lit-blog “Laboratori Poesia” e “Niedern Gasse”. Collabora con il ciclo di incontri di poesia e letteratura “Una scontrosa grazia” e il blog Rai “Poesia, di Luigia Sorrentino”. Suoi contributi critici appaiono su “Nazione Indiana” e in prefazione a diverse pubblicazioni di poesia. Ha pubblicato le raccolte di poesia L’incoscienza del letargo (Oèdipus, 2018, terzo posto al premio Conza 2019) e Favēte linguis (Ladolfi, 2019).
Acquaviva Angela
Posted at 11:35h, 18 LuglioIntense tutte e tre,ma la prima e la terza ancora di più.La prima confidente e religiosa,la terza un eccelso canto d’amore e un tentativo,ben riuscito,di conforto.
Mario Famularo
Posted at 13:50h, 18 Lugliograzie .. 🙂