17 Ago Endimione e la Luna: appunti sul sogno e lo sguardo
Endimione e la Luna: appunti sul sogno e lo sguardo
di Carla Babudri e Ivana Margarese
lei come noi
governata dalla luna
levita nel cielo notturno
a cavallo delle lenti lucidate
Adrienne Rich, Planetario
Selene (Σελήνη, “la Risplendente”) è una figura mitologica che legheremo in questi nostri appunti al tema dello sguardo e del sogno. La dea può guidarci a guardare meglio, a integrare le ombre alla luce abbagliante e viva del sole. Scrive Adrienne Rich nella sua poesia Planetarium : What we see, we see/ and seeing is changing ( Vediamo ciò che vediamo/ e vedere è mutare). Potremmo prendere in prestito questo versi scritti in memoria dell’astronoma Caroline Herschel ( 1750 – 1848) per farci suggerire dalle fasi lunari la visione perenne del mutamento, il passaggio da una forma a un’altra forma. La dea veniva peraltro raffigurata con un quarto di luna crescente sulla testa ed in mano una torcia. La potenza di quello che non si vede, ma si intravede: quello che riusciamo a osservare pur senza vederlo.
La vicenda di Selene, maestra di sguardo, si intreccia con quella di Endimione, un giovane pastore che per amore della dea sceglie di rimanere dormiente per sempre.
Endimione dormiente è peraltro soggetto di una scultura di Antonio Canova, a cui l’artista lavora tra il 1819 e il 1822. Ma chi è Endimione? Cosa rappresenta il suo essere dormiente? Dove è Selene?
Endimione è ritratto in compagnia di un piccolo cane, Selene non appare: dobbiamo immaginarla noi o leggerla nello sguardo che colpisce Endimione e ce lo rende a tratti impossibile da osservare. Non a caso l’etimologia del nome Endimione fa riferimento all’interno, al serbare, al raccogliere con cura forse celando, custodendo. Il cane attento, guardiano della soglia, probabilmente ne attende il risveglio.
Dopo Amore e Psiche, la storia del bel pastore Endimione è una delle vicende più struggenti e toccanti che abbracciano il mito classico. Tramandata per secoli, non è complicato scorgere la chiave interpretativa della leggenda, che ruota attorno alla speranza di una coppia di amanti che desiderano restare uniti per l’eternità, giungendo, se necessario, anche a patti estremi con sé stessi e gli Dei. Possiamo attingere a diverse fonti, tra cui la più attendibile è dell’autore e poeta greco Apollonio Rodio vissuto più o meno fra il 295 a.c e il 215 a.C.
Endimione il pastore, si presume sia vissuto nell’Anatolia, figlio di Etilio e Calice, il suo nome significa: “uno che si trova dentro”, ovvero ipotizziamo stretto e vicino alla sua amante. La storia racconta che in una notte calda d’estate, il giovane Endimione si abbandonò al sonno in un boschetto, al riparo dagli alberi. Nel cielo stellato, in un fascio di luce argentata, Selene la dea lunare guidava la sua biga alata trainata da cavalli. Endimione dormiente, fu notato dalla Dea che incuriosita gli illuminò il volto con un filo di luce per poi scendere sulla terra per ammirarlo. In quel preciso momento se ne innamorò perdutamente.
Da allora ogni notte approdò dal suo carro per giacere accanto a lui. Zeus, accortosi dopo diverso tempo di quell’amore clandestino, propose al ragazzo due possibilità: la prima di vivere da mortale senza Selene, la seconda cadere in un sonno eterno che lo avrebbe reso immortale abbandonandosi ai piaceri dell’amore tra le braccia della Dea.
Endimione scelse la seconda possibilità, così da poter godere dell’amore eterno. Da allora ogni notte nella notte di Luna Nuova, Selene si reca nel talamo nuziale nella grotta sul Latmio, dove Endimione nel suo profondo sonno l’aspetta.
In questo racconto si parla di sogno e amore, il sogno come archetipo erotico, in cui compare la persona amata a consolare, dove la sessualità prende una forma onirica.
La notte che fa da cornice ha un ruolo primario di incontri autentici, espressione di una condizione affettiva fatta di illusioni e poesia, vulnerabile e senza schemi, mentre il piacere diventa paradosso tra la paura di lasciarsi andare e l’irrefrenabile bisogno di toccarsi.
Troviamo l’antitesi del giorno e della notte, quando si racconta che alle prime luci dell’aurora tutto assume un carattere diverso, i corpi si scoprono e l’illusione apparentemente perfetta svanisce.
Il sogno erotico spesso è un pretesto per fornire un ritratto che ci spinge oltre la canonica bellezza, cercando di stimolare i sensi nella ricerca e nella scoperta di sé stessi. Così come il bacio e l’amore, nella notte, diventano un momento di comunione magica tra due che rimangono chiuse e confinate in universi creati al bagliore della luna, offrendo una finestra su una felicità delle volte impossibile, una ulteriore conferma che quanto ci piace è solo un breve sogno.
Qui il maschile assume le caratteristiche di arrendevolezza, lasciandosi guidare dalla sorte per entrare in un mondo sconosciuto: quello di sognare la sua amata, mentre placidamente gli viene concesso di godere in eterno della sua Dea. Interessante la proposta di lettura suggerita da Plinio il Vecchio, autore latino del I sec. d.C., che interpreta il mito come un chiarimento del fatto che “Endymion” era il nome del primo studioso delle fasi lunari, spiegando così la ‘contemplazione’ e l’amore per Selene. Chissà, forse Endimione tra tormenti e insonnia, in attesa del ritorno di Selene, chiede di morire ancora e ancora per continuare a sognare e a dare forma alle sue visioni oniriche della sua amata perfetta. Nel Canto dei Cantici Salomone dice: Io dormo, ma il mio cuore veglia.
Frequentissima peraltro sui sarcofagi e sul monumenti sepolcrali l’ immagine di Endimione dormiente visitato da Selene, contrassegnata dalla mezzaluna sulla fronte; generalmente ha velata la parte posteriore della testa e porta una fiaccola in mano. La fiaccola è simbolo di vita così come il sonno dal punto di vista iniziatico non rappresenta uno stato di prigionia ma una condizione capace di liberare una luce altrimenti invisibile. Ermete Trimegisto sottolinea come sia il sonno nella sua posa di abbandono e distacco dal corpo lo stato in cui è possibile raggiungere una visione veritiera. Nelle culture cosiddette primitive, il sogno è considerato spesso come realtà effettiva, alla stessa maniera in cui lo è il mondo che si percepisce da svegli. Sia i sogni sia i luoghi sepolcrali sono testimonianza di una conoscenza lunare, attenta a ciò che non si vede e che si intreccia con la visione chiara e distinta dell’intelletto e permettere di tracciare una storia più ampia e una visione capace di sguardo a occhi chiusi. Per aprire gli occhi bisogna saperli chiudere.
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