15 Dic Al di là delle parole
Al di là delle parole
a cura di Ivana Margarese
Al di là delle parole. Che cosa provano e pensano gli animali (Beyond words – what animals think and feel, 2015) di Carlos Safina inaugura, con la traduzione di Isabella C. Blunt, la collana Animalia di Adelphi. Diviso in quattro parti, il libro è dedicato a coloro “che osservano e ascoltano davvero, e ci raccontano quanto stanno udendo in altre voci che respirano la nostra stessa aria, e nel silenzio”. A dispetto della mole del saggio – seicento pagine che si leggono con interesse e attenzione – Safina mostra in maniera acuta e coinvolgente come si comunichi attraverso gesti, odori, posture, ormoni e ferormoni, stimoli visivi, tattili, sonori e come questa complessità di comunicazione appartenga a ogni essere vivente. Le parole non esauriscono le nostre esperienze e possono rivelarsi anche fallaci nel comunicarle. Oltre al fatto che si può mentire, spesso avviene che meno sono le parole più diretta è l’esperienza: “E poi pensiamo all’amore, a come le cose che contano davvero possano essere comunicate a braccia aperte, con la punta delle dita o con un sorriso: senza bisogno di frasi, senza sintassi. Il potere silenzioso delle intenzioni serie”.
Il libro ha il merito di coinvolgere in storie capaci di emozionare e far riflettere. La prima parte è dedicata al barrito degli elefanti, i cui richiami infrasonici si propagano non solo attraverso l’aria ma anche attraverso il suolo. Il lettore che si mette in ascolto partecipa alle storie dei loro legami: madri che rischiano la vita impiegando tutte le loro forze e la loro intelligenza per salvare i figli, l’importanza della solidarietà, del gioco e dell’empatia, il valore del temperamento nell’accettare o meno la leadership che l’età impone loro all’interno del gruppo e la percezione della morte. Questi animali paiono sentire la mancanza dei loro affetti e vivere il “lutto”:
Una volta un ricercatore riprodusse la voce registrata di un’elefantessa morta, trasmettendola da un altoparlante nascosto nel fitto della vegetazione. I familiari della deceduta, come impazziti, la chiamarono e la cercarono dappertutto. La figlia continuò a chiamarla per giorni. Quei ricercatori non fecero mai più una cosa simile.
L’importanza della personalità, l’eleganza del più forte, il non compatirsi mai sono caratteristiche delle storie della seconda parte del saggio intitolata “L’ululato dei lupi”: “No, i lupi non si autocompatiscono mai […] per loro è sempre Avanti! Il loro interrogativo è sempre “E adesso?”. Safina ci racconta la sfida tra sorelle, i patti impliciti o il sovvertimento dell’ordine di coppia nella storia di Oh Six, considerata la migliore cacciatrice di Yellowstone, che per vari anni fu matriarca di un gruppo di lupi non legandosi mai a nessun maschio. Durante una stagione riproduttiva venne vista accoppiarsi con cinque maschi diversi, senza legarsi stabilmente ad alcuno e alla fine, facendo qualcosa di assai insolito per una lupa, stabilì un legame con due fratelli, che per età, status e capacità non erano al suo livello. Tutti e tre impararono a collaborare e diedero origine a un branco fino a quando due di loro furono abbattuti durante la stagione di caccia.
Infine nell’ultima parte “Lamenti assassini” lo scrittore descrive la sensibilità e le capacità creative nelle orche e nei delfini: “In Sudafrica, Dolly, una cucciola di delfino che veniva ancora allattata, ha visto un operatore dell’acquario fumare vicino al vetro della sua vasca. Dolly è andata dalla mamma, ha succhiato il latte, poi è tornata al vetro della vasca e ha sputato il latte intorno alla testa, come se fosse una nuvola di fumo. Quando gli esseri umani utilizzano una cosa per rappresentare qualcos’altro, noi parliamo di arte”.
Safina osserva e conduce il lettore man mano in un percorso che allarga la percezione e il pensiero. Leggere questo testo è una immersione festosa, che apre la mente, facendola affacciare su altre menti, e permette che prenda forma nel corso della narrazione un cambiamento di prospettiva tale rinnovare lo sguardo verso ciò che ci circonda, verso il mondo che abitiamo e di cui facciamo parte. L’autore assume la prospettiva del mondo fuori di noi, dove gli esseri umani non sono la misura di tutte le cose, ma semplicemente una specie tra le altre. Da questo punto di vista è più facile comprendere l’animale umano all’interno del suo contesto e del suo essere intrecciato alla vita di tutte le altre creature:
In questo libro incontreremo la mente degli altri animali e ascolteremo quello che devono farci sentire. Questa storia, che si racconta da sola, non riguarda soltanto che cosa c’è in gioco, ma chi è in gioco.
La cosa più importante da comprendere è che tutti i viventi sono parte di un unico insieme.
Lo scrittore trasporta i lettori in Kenya tra gli elefanti africani, in mezzo ai lupi del parco di Yellowstone, al largo di Vancouver dove nuotano giganteschi cetacei e perfino all’interno di casa sua, insieme agli amati cani Chula e Jude. Per secoli si è imposta la convinzione che l’uomo e solo l’uomo fosse il signore di questo universo. La visione dualistica cartesiana, che divide mente e corpo, riduce gli animali a semplici “macchine” senza sensibilità e tantomeno intelligenza. Escludere da loro ogni forma di coscienza ha fornito agli uomini un ottimo alibi “per giustificare la loro crudeltà”. Gli animali non hanno voce politica, sono vulnerabili e alcuni di loro, più di quanto si sospetti, rischiano l’estinzione. Gli esseri umani non sono gli unici a provare amore e a prendersi cura di amici o figli. Gli albatros ad esempio in alcuni casi percorrono in volo fino a quasi 13.000 chilometri per portare un pasto ai figli. Cosa portano da mangiare alla loro prole, dopo aver volato un mese intero? “Ho trovato – scrive Safina – dei piccoli morti, erano pieni di accendini per sigarette, spazzolini e tappi di plastica”.
Lo studio del comportamento animale è una scienza giovane. I pionieri dell’etologia attivi a metà Novecento si sono impegnati a liberare il campo da secoli da credenze che consideravano gli animali come caricature di qualità umane (la furbizia della volpe, la pigrizia delle cicale e così via) e da superstizioni religiose. I lupi per secoli sono stati additati come parenti del diavolo o incarnazioni del male e questo ha legittimato verso di loro orribili torture. I lupi hanno convogliato le paure umane e sono diventati metafora del selvaggio e del precivilizzato, di ciò che è fuori dai confini di norme e convenzioni. Sono stati perseguitati, bruciati al palo come streghe, impiccati, o addirittura privati della mandibola per condannarli a una morte dolorosa e lenta per fame. In una visione antropocentrica l’uomo è giudice e sovrano degli altri esseri viventi: l’unico punto di vista è il suo. Anziché partire dall’osservazione diretta, ci si basa su idee preconcette secondo le quali gli animali non comunicano e non hanno pensieri e sentimenti. Eppure basta semplicemente tenere gli occhi aperti per accorgersi che non soltanto gli scimpanzé, ma tantissime altre specie hanno sentimenti complessi, provano forti emozioni, esprimono precisi desideri e si distinguono gli uni dagli altri con le loro specifiche caratteristiche individuali. Carl Safina mettendo insieme etologia, neurobiologia e filosofia si inserisce nel dibattito sulla teoria della mente e invita a guardare gli abitanti del mondo animale come individui dotati di intelligenza ed emozioni:
“Perché l’idea che altri animali pensino e sentano sembra costituire una così grande minaccia per l’ego degli esseri umani? Forse perché riconoscendo agli altri una mente è più difficile abusare di loro”.
Quasi tutti coloro che studiano il comportamento animale giustificano il loro interesse dicendo che li aiuta a comprendere se stessi. Ma cosa altrettanto importante aiuta a comprendere gli altri animali e il loro bisogno di vivere. Noi guardiamo la realtà attraverso una lente umana: il passo più difficile è uscire fuori da noi stessi e osservare come e dove viviamo. Le attuali ricerche mostrano peraltro che non soltanto nel mondo animale, ma anche in quello vegetale esista qualcosa come il riconoscimento parentale. Gli Alberi Madre sono in grado di riconoscere i propri parenti e la propria progenie. Il mondo naturale è esempio non solo di competizione, secondo la selezione naturale di un certo darwinismo, ma anche di cooperazione. Lavorando insieme gli animali, così come le piante, si adattano ai cambiamenti e alle minacce presenti nel loro ambiente. La grande cecità al miracolo della vita è il limite dell’intelligenza umana. Eppure ricorda Safina a conclusione del suo saggio:
Non vi è preghiera migliore al mattino, di questa: rallegrarsi di sapere che tutta la vita, in tutte le sue forme è una sola – e che questa è la storia più bella.
No Comments