15 Feb Sintesi dalle radici. Il dialogo intimo nei versi di Antonia Santopietro
di Ivana Margarese
Immagini di Helene Schjerfbeck
La fata, presso la quale si ha diritto a un desiderio, c’è per ognuno.
Solo pochi però riescono a ricordarsi il desiderio che hanno espresso;
così, nel corso della loro vita, solo pochi si accorgono che si è realizzato.
Walter Benjamin
La vita sulla terra
Non era roccia,
quercia o larice,
ma sabbia – e vi
scrissi
con le unghie
sorgenti
una lunga prigione
d’ametista.
Il foglio arbusto
forte mi regge
mi arroventa gli
zigomi,
gli occhi sono
calcina,
le labbra rose
bocciolo
le gambe
architetture
antiche
le mani grappoli
d’uva
il
racconto
appassisce
–
tradito un
migliaio
di buone
volte.
Sintesi dalle radici sin dal titolo svela un gesto di raccolta, un’azione di messa in ordine “dalle radici” di vissuti che scalciano e scappano dalle mani. Frammenti scomposti a cui è necessario offrire riparo.
Antonia Santopietro sceglie con un atto di gratitudine di comporre, per non debordare, geometrie poetiche e indolenti:
In piedi di fronte allo specchio
pensai che non fosse un male
avere più lentezza.
L’amore per la sintesi, per “le linee assomiglianti a dimore affollate e confuse” la conduce alla poesia, ma il dialogo intimo con se stessa apre la porta alla fatica di una assoluzione, rallentata da rimproveri o proteste e dallo sperimentare sottrazioni e infinite consecuzioni di tempo, in attesa di una fioritura che più che al futuro appartiene a un balenare del passato, di cui nel presente resta un’orma.
Il futuro è alle spalle potremmo dire citando Hannah Arendt e non a caso ricordare consiste nel “portare alla luce”, nel dissotterrare e condurre al presente il passato, impronta con desiderio di qualcosa che scombini, scuota, apra:
Abito le stelle che vestono febbraio
e chiedo alla pioggia un rumore forte
un temporale se possibile
Tutto scorre e ciò che si è amato può trasformarsi in un pungolo doloroso:
Io ti amai
poi di sbieco,
tra le scapole
si infisse lo spillo
del tuo verbo.
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