Buon compleanno Alba de Céspedes. Storia di una pasionaria

 

 

di Ginevra Amadio e Ivana Margarese

 

Amo  incontrare e conoscere persone

capaci di vivere a un  grande livello ideale.

Alba de Céspedes

 

 

Alba de Céspedes è definita “la pasionaria” da  Sandra Petrignani nella sua raccolta di interviste a scrittrici italiane, Le signore della scrittura ( La Tartaruga edizioni, 1984), per sottolineare l’impegno politico e civile che animò la scrittrice per tutta la vita.
Sia il padre sia il nonno avevano avuto un ruolo importante nel panorama politico internazionale: il primo è stato ambasciatore cubano a Roma, mentre il nonno, Carlos Manuel de Céspedes del Castillo, era stato Presidente della Repubblica cubana.
In questo contesto è facile venire a conoscenza ed essere affascinati dalle questioni politiche e civili, come la stessa Alba ammetterà in un’intervista a Piera Carroli: «Sentivo parlare di politica quando ero piccola, sono vissuta in una famiglia politica
». La scrittrice sottolinea la responsabilità di essere la nipote di colui che fu definito dai cubani “ padre della patria”. È noto infatti come davanti al ricatto degli spagnoli di uccidere suo figlio Oscar, se non avesse fermato la rivolta, Carlos Manuel de Céspedes y del Castillo rispose che lui era padre di tutti i cubani.
Nell’intervista a Petrignani ricorda come la prima cosa che scrive, a cinque anni, sia una poesia dedicata alle donne che lavorano e che soffrono. La poesia arriva nelle mani del padre che le domanda se l’abbia scritta lei. Alba bambina, vergognandosi,  risponde che non lo avrebbe più fatto, ma lui la incoraggia a continuare: “Lo farai ancora, pobrecita!”.
Sarà così, come lei stessa rivela nel colloquio con Piera Carroli: «Non so immaginare la mia vita senza la scrittura. Perché non c’è stata mai vita per me senza scrivere». Un’autorappresentazione evocativa, che rammenta l’immagine di Alba bambina offerta in Incontro con la poesia, racconto pubblicato sul “Messaggero” nel gennaio 1940 e giocato – come tutta la sua opera – al confine tra immaginazione e autobiografia. A chiudere lo scritto, dove si svela l’incontro con la poesia, composta «quasi fossero gli spiriti a guidar la mano», è la figura del padre: «Vedeva affacciata ai miei occhi celesti l’altra, quella nuova e inquieta, che lo fissava; capiva che non sarebbe uscita mai più da me». Questo rapporto, tanto intenso quanto generativo, è raccontato a Carroli con parole di tenerezza: «Papà mi ha detto: “Devo parlarti, ho urgenza […] ho paura di morire senza poterti dire – Tu sei una grande scrittrice”». Persino in punto di morte Carlos Manuel de Céspedes ricorda alla figlia il suo talento: «Escribir! Escribir! Non devi pensare ad altro che a scrivere”.
In questo lungo apprendistato intellettuale ed emotivo Alba viene educata al rispetto della libertà e alla difesa dei più fragili.
Nasce a Roma l’11 marzo del 1911 da una madre italiana. Nel colloquio con Sandra Petrignani afferma che la cosa più straordinaria avuta dal destino è stata quella di essere figlia di un amore eccezionale tra un uomo e una donna: “Tutto ciò che vedevo da piccola mi arrivava attraverso gli occhi dell’amore”. E Con grande amore è il titolo del suo ultimo romanzo, rimasto incompiuto, che è la storia della sua vita a Cuba. Il titolo le è stato suggerito indirettamente dall’amico Fidel Castro, che alla domanda di Alba de Céspedes: “ Come hai fatto, Fidel, a realizzare tutto questo in così poco tempo?”, risponde semplicemente: “Con un gran amor”.

La casa editrice Cliquot, particolarmente attenta nel repêchage di opere del passato dimenticate, ha recentemente pubblicato l’esordio letterario della scrittrice italo-cubana, L’anima degli altri  (1935), con la copertina di Silvia Franchini e la prefazione di Loredana Lipperini, che scrive:

Lei, così amata e troppo spesso dimenticata, dovrebbe essere un’icona. Dovrebbero esserci, per Alba de Céspedes, le celebrazioni e i convegni e le manifestazioni dedicate, e i concorsi letterari e i musei in suo nome (gli ultimi due ci sono: a Cuba). Dovrebbero esserci residenze e festeggiamenti e biografie, e i suoi testi dovrebbero essere studiati a scuola. Su de Céspedes, invece e nonostante gli sforzi congiunti di molte scrittrici e studiose, pesa ancora quell’idea della letteratura “per donne” ancora peraltro ben radicata: solo, non è più pronunciabile ad alta voce, per non allontanare da sé, qualora si fosse scrittori, il consenso delle lettrici.

Quando nel 1934 «Il Giornale d’Italia» pubblica il suo testo narrativo intitolato Il segreto, l’autrice, che si è firmata solo con l’iniziale del nome per non svelare la sua identità femminile, è così incredula ed emozionata che esce a comprarne ventiquattro copie all’edicola vicino casa.

Durante la guerra, de Céspedes prende parte attiva nella lotta al fascismo. Nel 1943 lavora nella trasmissione Italia combatte, prima di Radio Bari e poi, nel 1944, di Radio Napoli, con lo pseudonimo di Clorinda, scelto con riferimento alla Clorinda della Gerusalemme liberata:

«Per lungo tempo io fui la sola donna là in mezzo, ma indossavo calzoni di lana e impermeabile con cappuccio sicché quando ci si andava a rifugiare nel bosco mi si poteva confondere con loro».

Ogni lunedì e venerdì la sua voce è “La voce di Clorinda”, che incoraggia a prendere posizione contro il nazifascismo. Il cambiamento che auspica, spronando gli ascoltatori all’azione, riguarda il piano istituzionale, politico, ma implica anzitutto una rinascita etica, la promozione di quella che Valeria P. Babini definisce «una salutare critica della mentalità e del costume che, per ragioni storiche, nelle altre nazioni è avvenuta in tempi più lunghi e distesi». Una necessità di rifarsi, come titola la velina di uno dei suoi interventi radiofonici, un ripensamento dei paradigmi in chiave rivoluzionaria.
Significativo, in tal senso, uno degli interventi pronunciati a pochi giorni dalla liberazione di Roma:

«Miei cari ascoltatori, vorrei prendermi una piccola licenza stasera, approfittare di questo tempo prezioso soltanto per raccontarvi di un percorso che faccio assai spesso […]: “Mamma – io dirò – non sono più quella ragazza che voleva tanti abiti da sera, e un letto morbido, e i fiori sul comodino. Tante cose ho visto, mamma».

Si tratta, come è evidente, di un itinerario di transizione che fa di Clorinda/Alba un’entità collettiva, volta a comprendere le donne che stavano cambiando pelle, mentalità, desideri. Nulla sarebbe stato più come prima.
Lei del resto aveva già iniziato a intuirlo. Un anno prima della fine della guerra, fonda e dirige il giornale “Mercurio. Mensile di politica, arte e scienze” (1944-1948), affiancata inizialmente da Gino De Sanctis in qualità di redattore. L’idea le nasce durante il periodo trascorso a Napoli, quando trova in De Sanctis il giornalista congeniale per aiutarla a realizzare il sogno di una rivista impegnata, che sia punto di confronto tra politica e cultura, tra guerra e rappresentazione letteraria.

Il giornale anticipa nella sua volontà di costruzione di uno spazio di riflessione fondato sul confronto generazionale, sull’apertura a un’ottica internazionale, sull’intreccio di percorsi conoscitivi diversi, alcune istanze de «Il Politecnico» (1945 – 1947) di Vittorini, dal quale però si differenzia per la mancanza di un sostegno editoriale. Mercurio,  sul modello della «Revue des Deux Mondes», è strutturata in cinque sezioni: “Politica”, “Narrativa”, “Poesia”, “Scienze” e “Muse”, a sua volta suddivisa in cinque settori (“Lettere”, “Musica”, “Arti figurative”, “Teatro” e “Cinema”), e ospita politici, scrittori, artisti e scienziati, tra cui Aleramo, Moravia, Montale, Ungaretti, Vittorini, Sartre e Hemingway.
Il mensile si apre dunque a una cospicua varietà di argomenti e tematiche, che testimoniano l’ecletticità, la visione aperta e animata, l’impegno tenace con cui de Céspedes cerca di attuare e di portare a compimento il proprio lavoro. La rivista testimonia gli anni della guerra e della Resistenza fino all’opera di ricostruzione e rappresenta uno strumento di memoria di quel complesso processo che conduce dall’antifascismo al primo voto delle donne, alla nascita di una nuova Costituzione nel 1948 e in generale alla Repubblica italiana.
Nell’ottobre del 1943 Alba con l’estrema attenzione e profonda sensibilità verso ciò che la circonda aveva annotato nel suo diario:

«Partita da Roma col solo desiderio di salvare la mia libertà, bruscamente passata dalla mia stanza rosa di via Duse alla visione delle case bruciate, alle grotte popolate di fuggiaschi per i quali la vita è ridotta al solo mangiare e dormire, resisto, adesso, proprio per difendere questa nostra miseria, questa nostra sofferenza di esseri umani scacciati, braccati, umiliati e scaduti.»

E ancora nel maggio 1944 dichiara:

“Volevo dire che la civiltà alla quale noi, popolo italiano, aspiriamo, non è soltanto una civiltà di treni di alluminio o di libri o di statue. È l’intima civiltà di ogni individuo che si esprime col suo modo di vivere con il rispetto dei diritti e della vita altrui”.

Nella babele di riviste, quotidiani, settimanali illustrati che si apre dopo la liberazione di Roma, “Mercurio” è al centro di quella che la giornalista Anna Garofalo definisce «una nuova stagione di fraternità, di collaborazione, di impegno comune». L’attività di de Céspedes risulta così pienamente interna al programma di rinnovamento socio-etico-culturale promossa dagli intellettuali antifascisti in stretta relazione con l’intervento scritto, nella convinzione – bene espressa da Calvino – di poter intervenire sulla Storia per mezzo della parola.
La produzione letteraria di Alba matura attraverso la ricerca di una cifra stilistica che si misuri con il coevo clima neorealista, dando vita a scritture ibride che testimoniano il percorso di sperimentazione, tra tentativi e ripensamenti: dalle cronache ai diari, dalle memorie al racconto. Dalla parte di lei, pubblicato nel 1949, rivela la problematicità con cui la scrittrice cerca di raccontare la Resistenza, in un sotteso sfumato che si intreccia al sogno d’amore, all’elaborazione memoriale della protagonista Alessandra. Negli anni Novanta, in occasione della ripubblicazione, de Céspedes dichiara:

«Oggi io, donna, al crepuscolo della mia vita, ritorno sempre nel pensiero ai miei giovani anni e alle loro fervide speranze […]. Così con gli anni mi è sembrato di scoprire quanta illusione è nel termine stesso libertà […]. Ho visto l’Italia perdere la propria indipendenza nel 1945 in nome di una libertà di cui io mi domando il senso oggi».

Un ripensamento che implica una crisi valoriale, l’idea di un’utopia guastata dal “ritorno all’ordine”, dal ricondurre anche le donne al “loro” posto, lontano dalla scena pubblica. Lo mostra bene Alessandra, protagonista volutamente fuori norma, che spara alla schiena del marito al quale chiede un amore «libero dalla schiavitù del letto, delle lenzuola», in grado di sfuggire «alle leggi comuni a tutte le creature». Un gesto apparentemente illogico, brutale, che urtò Arnoldo Mondadori tanto da farlo sentire tradito, «abbandonato dal personaggio di Alessandra».
Ma lo sparo, come ben nota Babini – e prima di lei Livia De Stefani – è una crepa nel muro, uno squarcio «in quel muro di incomprensione che si ergeva lentamente tra moglie e marito», come a mettere un punto al destino di tormenti interiorizzati dalle donne.
Si legga quanto scrive la stessa Alba:

«Dalla sbigottita offesa dell’adolescenza al sopruso delle nozze, dallo sformarsi del candido grembo al dilaniarsi della maternità, allo sfinimento di nutrire un figlio, fin alle umilianti sofferenze dell’età in cui la giovinezza l’abbandona».

Tutto ciò emerge in forma potente, con variazioni intorno agli stessi temi, nelle sue opere più importanti, a cominciare da quel Nessuno torna indietro (1938) che, in pieno fascismo, libera le donne dalle loro gabbie, dai ruoli appendicolari e livellanti.
C’è, nella scrittura di Alba de Céspedes, una tensione alla giustizia che sfiora la commozione. Tutto ha il sapore dell’impegno, del coraggio, e tutto è intrecciato con la propria esistenza. Interrogata su quale libro avrebbe portato con sé su un’isola deserta ella risponde senza esitazione: L’Idiota di Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Un segno della sua libertà, dell’infinita lotta contro il potere dominante.

 

Bibliografia

Valeria P. Babini, Parole armate. Le grandi scrittrici del Novecento italiano tra Resistenza ed emancipazione, Milano, La Tartaruga, 2018.

Piera Carroli, Appendice. Colloqui con Alba de Céspedes. Parigi, 19-29 marzo 1990 in Esperienza e narrazione nella scrittura di Alba de Céspedes, Longo, Ravenna, 1993.

Alba de Céspedes, Romanzi, a cura di Marina Zancan, Meridiani-Mondadori, Milano, 2011.

Alba de Céspedes, L’anima degli altri, Cliquot edizioni, Roma 2022.

Laura Di Nicola, Intellettuali italiane del Novecento. Una storia discontinua, Pacini, Pisa, 2012.

Marina Zancan ( a cura di), L’impegno letterario in Alba de Céspedes, Il Saggiatore – Mondadori, Milano, 2005.

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