21 Giu Non solo per amore. In memoria di Francesca Morvillo
Dialogo con le curatrici Concetta Brancato, Giovanna Fiume e Paola Maggio
a cura di Ginevra Amadio e Ivana Margarese
immagine in copertina di Silvia Rossini
Francesca Morvillo, oltre a essere la moglie di Giovanni Falcone, è stata una donna brillante, un magistrato sensibile e attento, un’amica simpatica e divertente.
Il discorso comune l’ha spesso ‘sommersa’, affiancando il suo nome a quello dell’eroe antimafia con cui condivise scelte, percorsi, un destino di vita e morte, ma la sua generosità e curiosità, l’impegno indefesso a favore dei più deboli ne fanno una figura unica che il volume curato da Concetta Brancato, Giovanna Fiume e Paola Maggio, Non solo per amore. In memoria di Francesca Morvillo, restituisce nella sua natura complessa, prismatica e vitale intrecciando le testimonianze di coloro che l’hanno conosciuta o incrociata e ancora la ricordano.
Non solo per amore. In memoria di Francesca Morvillo già dal titolo sposta l’accento dal ruolo di amante e moglie di Giovanni Falcone, con cui Francesca Morvillo è stata sempre menzionata e ricordata, a “tutto il resto”, ovvero a chi era Lei attraverso la voce di coloro che l’hanno incontrata in ambiti e circostanze differenti. Un cambio di prospettiva necessario per mettere a fuoco elementi che a lungo sono stati quasi inavvertitamente occultati. Vi chiederei pertanto un vostro ricordo personale di Francesca Morvillo.
Giovanna Fiume: Non ho avuto occasione di conoscere Francesca Morvillo, mentre mi è capitato di intervistare Giovanni Falcone e dunque di lei non ho ricordi personali. Inoltre, la coppia era estremamente schiva e gelosa della propria privacy e dunque nemmeno i media hanno di che sodisfare la curiosità del loro pubblico. Ho cercato di ricostruirne perciò la figura – oltre che attraverso ricordo di amici e colleghi – grazie ai documenti del Consiglio superiore della magistratura che si occupa della carriera dei magistrati valutandone l’attività e un paio di processi, uno del tribunale per i minorenni (dove trascorse 17 anni), l’altro alla Procura di Palermo conclusosi nel 1991. Emerge la figura di una magistrata di grande preparazione, fortemente impegnata nel suo lavoro, impegnata a contemperare le esigenze della giustizia con i diritti degli imputati.
Venite da percorsi differenti e svolgete professioni diverse. Come è stato collaborare insieme a questo testo?
Giovanna Fiume: Per me storica è stata un’esperienza nuova perché alla sensibilità della poetessa (Cetta Brancato) si è sommata la competenza della giurista (Paola Maggio) in un mix reso possibile dalle loro preziose doti personali e dal loro straordinario carattere. Ci ha legate un’assoluta fiducia e il riconoscimento reciproco del valore del contributo di ciascuna.
Paola Maggio: Un’esperienza straordinaria dal punto di vista umano, ma anche dal punto di vista degli esiti del lavoro che ha il pregio di fondere tre saperi e tre competenze. Con Cetta e Giovanna abbiamo raggiunto un’assoluta armonia nel progetto, negli obiettivi e nella realizzazione di questo libro, ispirato da un’idea di memoria via e non retorica o agiografica.
Concetta Brancato: Isabel Allende diceva che i discorsi delle donne sollevano il mondo. Anche in questo caso è stato così. Insieme, ciascuno con la propria sensibilità, abbiamo sollevato attraverso la parola il velo di silenzio steso sul volto di Francesca Morvillo. Dalle testimonianze rese da altre donne che l’hanno conosciuta, Francesca appare una donna che, come noi, credeva profondamente nell’alleanza femminile.
Il libro mette insieme vari contributi. Qual è stato il criterio di scelta se vi è stato?
Paola Maggio: Siamo partite da una parte narrativa: la ricostruzione dei frammenti di memoria di cui disponevamo in esito a un Seminario tenuto nel 2016, per mia iniziativa, nella Facoltà di Giurisprudenza in memoria di Francesca Morvillo intitolato “Fiducia nella giustizia” e alle testimonianze già raccolte nel bellissimo “Canto per Francesca” da Cetta Brancato. Alla ricostruzione della dimensione professionale di Francesca abbiamo abbinato una parte di saggi critici sulla figura di questa importante donna- magistrato e infine un approfondimento sul suo lavoro di tesi sia dal punto di vista penale sostanziale, sia processuale. Qui Francesca ha la voce diretta delle sue parole tecniche di giurista raffinata e attenta.
Giovanna Fiume: L’intento comune è stato quello di valorizzare la figura di Francesca Morvillo, attraverso il ricordo di compagni di università, amici e colleghi di lavoro, pubblicando anche ampi stralci della sua tesi di laurea che verteva su Stato di diritto misure di sicurezza (anno accademico 1966–67). Abbiamo poi pensato di aggiungere alcuni saggi che illustrassero elementi del contesto (l’Italia delle stragi, il lutto, le donne di mafia) o operassero approfondimenti in relazione al suo lavoro di magistrata (il tribunale dei minori nel dibattito attuale, i diritti umani in rapporto alle misure di prevenzione). Le due introduzioni sono servite l’una a dare una chiave poetica, l’altra a inquadrare la sua attività nel momento in cui le donne erano da poco entrate in magistratura. Ma il senso generale del libro sta nel volere riconoscere un ruolo pubblico – e non solo quello privato di moglie di Giovanni Falcone – a partire dal suo valore come magistrata e dall’importanza dei processi che ha contribuito a celebrare – tra cui quello che condannò Vito Ciancimino per i reati legati agli intrecci tra mafia e amministrazione comunale di Palermo sulla manutenzione di strade e illuminazione pubblica negli anni Settanta e successivi.
La dimensione quotidiana e relazionale è certamente elemento fecondo per il pensiero e in particolare l’amicizia, che spesso rischia di essere marginalizzata nei rapporti tra donne, che vengono raccontati come improntati alla competizione o alla gelosia. Chi sono le amiche di Francesca Morvillo e come la raccontano?
Paola Maggio: Sono soprattutto colleghe di studi e di professione (Ambrosini e Maira). Chi l’ha conosciuta e molto amata. Ma anche magistrate che l’hanno appena intravista al concorso per uditore giudiziario del 1992, letteralmente fulminate dalla sua umanità in quella circostanza e dalla notizia che ha travolto il Paese a poche ore da quel breve incontro. Donne che la vivono come modello vivo di professionalità e impegno.
Giovanna Fiume: La raccontano con rispetto, affetto, ammirazione, nostalgia, dolore per la perdita ancora dopo trenta anni.
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Dopo l’uscita del libro avete raccolto ulteriori testimonianze. Una memoria in fieri che si arricchisce di nuove forme. Avete immaginato un modo per dare voce e spazio a questi ulteriori contributi?
Paola Maggio: Certo, abbiamo ancora in mente ulteriori iniziative e vogliamo approfondire lo studio dei suoi provvedimenti giudiziari.
Concetta Brancato: Adesso, facciamo insieme memoria nel senso più autentico del termine, ricevendo contributi che spero possano continuare a tesserne il ricordo.
Infine da insegnante vi chiedo se siete disponibili a portare questo libro nelle scuole. Nella mia esperienza non c’è migliore memoria che la condivisione attiva al di là della retorica.
Giovanna Fiume: Io ho molta fiducia nelle giovani generazioni che hanno bisogno di una visione più realistica che comprenda la presenza delle donne nella società e non la loro emarginazione, rimozione e occultamento; la stessa fiducia nutro nella scuola che addestra alla conoscenza critica e alla costruzione di una memoria condivisa, in una parola all’esercizio della libertà di pensiero.
Paola Maggio: Siamo certamente disponibili. La memoria viva è il primo obiettivo di questa collettanea. I linguaggi intrecciati del diritto, della storia e della poesia ci aiuteranno molto in quest’opera di divulgazione.
Concetta Brancato: L’opera è sicuramente rivolta ai giovani. A loro dobbiamo restituire la parola viva di quanti ci hanno preceduto con l’esempio chiaro di ideali da seguire. L’esercizio della memoria richiede una vitalità esistenziale di particolare qualità umana. In Sicilia soprattutto dove la memoria e’ spesso drappo funebre.
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