Il corsetto dell’imperatrice di Marie Kreutzer

di Ivana Margarese

 

 

 

 

Il corsetto dell’imperatrice (in originale Corsage) è l’ultimo film della regista austriaca Marie Kreutzer e ha come protagonista la regina Elisabetta d’Austria, meglio conosciuta come Sissi, impersonata da Vicky Krieps, vincitrice del premio “Un Certain Regard” per la migliore interpretazione al Festival di Cannes 2022.

Il film presenta una Sissi, quarantenne, alle prese con la consapevolezza del tempo che passa, con la bellezza che comincia a sfiorire, con le attese e le aspettative dello sguardo altrui. Una figura femminile in bilico tra la pressione del desiderio altrui e la volontà beffarda di sovversione e libertà.
La regista costruisce un’estetica malinconica intorno al tema della decadenza proponendo allo spettatore, attraverso la vita della sua protagonista, una raffinata riflessione sulla rappresentazione di sé, sull’immagine e gli immaginari.
L’icona, il fantasma, la dialettica tra Eros e Thanatos sono elementi riconoscibili all’interno del film. Non a caso la regista ipotizza un fantasioso incontro tra la regina e Louis Le Prince (l’inventore che sperimentò il cinema prima dei fratelli Lumière), in cui lei scopre le potenzialità delle immagini in movimento, nelle molteplici declinazioni che questo apre.
Dalla celebre riflessione teorica sul complesso della mummia del critico André Bazin a L’invenzione di Morel dello scrittore Bioy Casares, in tanti hanno ragionato sull’esigenza umana di difendersi dall’ineluttabilità del tempo, contrastando la morte attraverso l’apparenza e affidando alle immagini, fragili peraltro per loro natura, l’aspirazione all’eternità che all’uomo non è concessa.
Nel film i muri dei palazzi e delle stanze sono spesso scrostasti,  non restaurati, gli interni spogli. Ogni tanto compare persino qualche elemento moderno a sottolineare con il suo anacronismo una chiave di reinterpretazione e non di ricostruzione storica della figura della principessa.

Sissi viene rappresentata come una figura inquieta, divisa tra il desiderio di essere guardata, ammirata, e la volontà di fuggire alle attese che il suo ruolo comporta. Più volte si fa riferimento alla bellezza leggendaria della sovrana e alle opere che la ritraggono fuori dal tempo. Sissi chiede ripetute conferme della sua avvenenza e si costringe a diete severissime per entrare in un corsetto a cui richiede di stringere sempre più il suo corpo, quasi fosse un’armatura con l’effetto di sottrarla a poco a poco al suo stesso piacere di stare al mondo.
“Nessuno ama nessuno” dice la regina, convinta che si ami soltanto chi, nel guardarci, ci restituisce ciò che fortemente desideriamo essere. L’amore come ingannevole incontro tra immaginari, illusione a cui ci si aggrappa per il bisogno comune di affidarsi a qualcosa.
Lo sguardo di Marie Kreutzer verso la sua protagonista è uno sguardo empatico, che restituisce i tratti essenziali dell’imperatrice  attraverso piccoli gesti. Sissi fuma costantemente, nonostante non si addica a una regina (cosa che persino la figlia bambina le ricorda), ma le sue mani nervose cercano riparo in questo rito quotidiano.
Con la stessa tenacia Sissi fugge spesso da Vienna e dal marito, si distrae con altri uomini, anche se il rapporto tra i due mostra, tra le maglie del conflitto e delle incomprensioni, una intimità presente e, a tratti, persino appassionata.

Il film riscrive la storia di Sissi e racconta un viaggio interiore, fino al finale di invenzione, in cui avviene il passaggio dal riconoscimento attraverso la visione degli altri al riconoscimento di sé. Sissi man mano si sottrae a qualsiasi rappresentanza pubblica: ordina alla sua più vicina dama di compagnia di sostituirla. Nessuno si accorge della controfigura, nemmeno la figlia.
Corsage mette in scena la prepotente ricerca di una stanza tutta per sé, segreta a tutti tranne che alle tre fedeli dame, amiche della regina. Il film sembra suggerirci che solo loro sono capaci di amarla per quel che è e non per quello che rappresenta.
In alcune scene l’imperatrice, novella Alice prima dell’ingresso nel paese delle meraviglie, si immagina gigante a toccare i soffitti con la testa, quasi a voler indicare in maniera simbolica, non solo la decadenza dell’impero, ma anche che nell’Elisabetta della Kreutzer ci sono tutte le donne costrette dalle convenzioni sociali e dal conformismo a reprimere i propri desideri e le proprie aspirazioni.

La colonna sonora e le canzoni della cantautrice francese Camille connettono lo spettatore con una riscrittura affine a quella di Maria Antonietta di Sofia Coppola, nei vari tentativi di fuga delle due regnanti da quelle che sono le formalità morali e affettive delle loro epoche. La vicenda inoltre ha, nello sguardo intimo, uno stile che ricorda quello della regista italiana Susanna Nicchiarelli, regista del film Miss Marx.
Marie Kreutzer descrive non la storia dell’imperatrice e la sua celebre icona, ma il desiderio, tutto privato, della regina di trovare uno spazio espressivo e la danza scomposta della protagonista, che accompagna i titoli di coda, sembra confermarlo dando corpo a una figura che si frammenta e dissolve tanto da perdere in questo movimento anche i connotati di genere.
Il corsetto dell’imperatrice sceglie la trasformazione come autentica cifra vitale della narrazione, in sostituzione alla rigidità di ogni icona.

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