21 Feb Biblioteca Mnemosine di Acate. Dialogo con Maria Giovanna Baglieri
a cura di Ivana Margarese
Nel centro storico di un piccolo paese siciliano, Acate, è nata la “Biblioteca Mnemosine” per iniziativa di una donna tenace e appassionata, Maria Giovanna Baglieri, insegnante e dirigente scolastico. La Fondazione porta il suo nome e ha come scopo, oltre alla promozione della lettura e della cultura, l’ambizione di diventare non solo un centro culturale ma un luogo in cui poter fornire un sostegno alle fasce disagiate della popolazione, che registrano una forte immigrazione straniera poco integrata. Inoltre bambini e giovani saranno protagonisti nella programmazione delle varie attività e avranno a disposizione un luogo tranquillo e gradevole dov’è bello stare, leggendo e creando relazioni: “L’altro giorno sono venute due ragazzine che volevano dei libri da leggere. Io ed una collaboratrice volontaria cercammo di capire le loro preferenze e alla fine trovammo qualcosa di loro gradimento. Si tesserarono, registrammo il prestito ma loro si sedettero e cominciarono a leggere. Mortificati, alla chiusura, dovemmo mandarle via. La mamma mi disse poi che la figlia sarebbe voluta restare ancora perché aveva un tavolo tutto per sé, c’era silenzio e nessuno dei fratellini minori l’aveva disturbata”.
La “Fondazione Maria Giovanna Baglieri” ha dato vita nel centro di Acate alla “Biblioteca Mnemosine”, biblioteca della memoria, che pur nascendo da una donazione privata conta già più di 4000 volumi. Vorrei conoscere la genealogia di questo progetto e a chi si rivolge.
Raccontarle la genealogia significa raccontare la mia vita. Ho amato i libri fin dalla primissima infanzia, prima che imparassi a leggere. Ad Acate non è mai esistita e non esiste ancora una libreria. Il primo nucleo della Biblioteca civica è degli anni Ottanta. I libri dei miei antenati furono bruciati, in periodi di guerra e di miseria, per riscaldarsi. Quelli che mio padre teneva nascosti perché non adatti alla mia età, io, di nascosto li avevo letti tutti. Quando papà andava a Ragusa per motivi di lavoro, se mi chiedeva “Cosa ti porto?”, io immancabilmente rispondevo “Un libro”. Ho divorato tanti libri durante l’adolescenza e la prima giovinezza poi, dopo l’intervallo del periodo universitario, ho ripreso, accumulandone tanti in quasi cinquant’anni. Da insegnante ho sperimentato che l’ora più bella della settimana per me e per i miei alunni era quella dedicata alla narrativa. Quanti ne leggevo prima di scegliere il libro più avvincente e più adatto ai miei alunni!
Avvicinandomi ai settanta anni, ho cominciato a pormi il problema della fine che avrebbero fatto i miei libri. Ero diventata nel frattempo meno gelosa e più distaccata, maturando il desiderio di condividerli. Ogni libro mi ricordava qualcosa, il periodo della vita in cui l’avevo letto, chi me l’aveva regalato, le emozioni… Creare una biblioteca da mettere a disposizione di tutti e istituire una fondazione che tutelasse e mettesse in sicurezza questo patrimonio, la mia creatura, garantendone la sopravvivenza anche quando non ci sarò più è stato un tutt’uno.
Il progetto, che una mia giovane amica definisce un’oasi nel deserto, è destinato a tutti, a tutte le fasce le fasce di età. La Biblioteca, arricchita anche da donazioni da parte di amici e sconosciuti che hanno apprezzato le finalità, è generica, contiene di tutto. La Fondazione però ha altri scopi oltre alla promozione della lettura e della cultura. L’ambizione è quella di diventare non solo un centro culturale ma un luogo in cui poter fornire un sostegno alle fasce disagiate della popolazione, che registra una forte immigrazione straniera poco integrata.
La biblioteca è situata nel centro storico di Acate, un piccolo paese siciliano. Come potrebbe descriverci questo luogo? Quali sono e sono stati i suoi legami con il territorio?
Acate sorge su un altopiano che domina la spettacolare Valle del Dirillo, antico fiume una volta navigabile. Nelle giornate nitide, dal Belvedere, è possibile vedere in lontanava anche il mare. E’ un piccolo centro agricolo con un vasto territorio che lungo la valle del Dirillo arriva fino al mare. Qui insiste la cosiddetta fascia trasformata, in questi giorni devastata dal violento ciclone mediterraneo. E’ stato sempre abitato, fin dalla più remota antichità, forse dai Sicani, inizialmente. Lo testimoniano i siti ei ritrovamenti archeologici che negli anni Ottanta sono stati devastati dai tombaroli. E’ un’isola linguistica che ricollega molto il paese al catanese piuttosto che ai paesi viciniori. La storia più recente, a partire dal XV secolo, vede il territorio del mio paese suddiviso in feudi nobiliari. Il più grande e ricco, attraverso vari passaggi dinastici, arriva ai baroni Paternò Castello, che nel Seicento diventarono Principi di Biscari. Biscari è stato il nome del mio paese fino al 1938. Il castello, le chiese, il convento, il collegio, le storie, le leggende, la presenza del corpo di San Vincenzo Martire, sono legati ai munifici principi di Biscari che soggiornavano per lunghi periodi nel loro castello. Il castello, restaurato alla fine del XX secolo, dopo la competa acquisizione da parte del Comune, è la principale attrattiva turistica di Acate.
Sono nata in questo paese e ho deciso di viverci e lavorare, prima come insegnante, poi come dirigente scolastico. Ho vissuto anche una breve parentesi di impegno amministrativo come assessore alla cultura e alla pubblica istruzione. Impegnata anche in parrocchia come catechista e ora come responsabile del gruppo adulti di azione cattolica. I legami con il territorio sono dunque numerosi e forti. Tutti mi conoscono e io conosco tutti, quasi tutti. La Fondazione e la Biblioteca mi stanno dando la possibilità di recuperare vecchi rapporti e di costruirne di nuovi, soprattutto con le ultime generazioni.
Un centro culturale non può a mio parere prescindere da un aspetto educativo. Inoltre lei stessa ha lavorato nella scuola – è stata dirigente scolastico – quindi conosce da vicino i bisogni e le ambizioni di una realtà così complessa come la scuola.Che ruolo hanno avuto e hanno i bambini e i giovani in questo progetto?
È proprio così, è fondamentale l’aspetto educativo. Bambini e giovani saranno privilegiati nella programmazione delle varie attività, già mettendo a disposizione un luogo tranquillo e gradevole dov’è bello stare, leggendo e creando relazioni. L’altro giorno sono venute due ragazzine che volevano dei libri da leggere. Io ed una collaboratrice volontaria cercammo di capire le loro preferenze e alla fine trovammo qualcosa di loro gradimento. Si tesserarono, registrammo il prestito ma loro si sedettero e cominciarono a leggere. Mortificati, alla chiusura, dovemmo mandarle via. La mamma mi disse poi che la figlia sarebbe voluta restare ancora perché aveva un tavolo tutto per sé, c’era silenzio e nessuno dei fratellini minori l’aveva disturbata.
La biblioteca ha promosso alcuni laboratori di lettura e laboratori di archeologia, curati dalle scrittrici Annalisa Di Gennaro, Sonia Baglieri e Marta Galofaro. Potrebbe raccontarci qualcosa di queste esperienze?
Due laboratori di lettura per bambini di 7 e 8 anni sono stati realizzati prima dell’estate, quasi in esperimento. L’iniziativa non fu pubblicizzata per paura che non venisse nessuno o che al contrario ne venissero troppi, la saletta infatti non può comodamente contenere più di 15 persone. I laboratori sono stati tenuti dalle autrici di libri illustrati per bambini e dalla loro editrice. La speranza sottesa era anche quella di vendere qualche libro. Avevano tenuto altri laboratori qualche giorno prima presso una libreria di Ragusa dove comunque fanno pagare i bambini. Al primo laboratorio di archeologia, vi si narrava appunto una escursione archeologica, a Ragusa avevano partecipato 15 bambini ma era stato venduto un solo libro. Non avendo alcuna intenzione di chiedere un pagamento preparai una busta per le due animatrici. Vennero 14 bambini, quasi tutti figli di miei ex alunni. Dopo la lettura animata del racconto, furono poste ai bambini delle domande sul lavoro dell’archeologo per saggiare le loro conoscenze e la capacità di ragionare. Poi una griglia, come per giocare a battaglia navale, in qualche quadratino furono disposte delle conchiglie. I bambini potevano scegliersi quella che preferivano ma dovevano tracciare dove l’avevano trovata. Successivamente il calco delle conchiglie col Das per spiegare i fossili. Dopo avere infornato i calchi, i bambini li hanno dipinti e alla fine felici hanno portato a casa conchiglie e fossili. Sarebbero voluti tornare all’indomani o almeno la settimana successiva. Furono acquistati dalle mamme ben 12 libri, con grande incredulità di autrice ed editrice che rifiutarono la mia busta. Altra incredibile esperienza 9 giorni dopo con l’altro laboratorio di lettura e scrittura. I bambini stavolta erano 17, qualcuno aveva saputo col passaparola e si era presentato senza invito. Non abbiamo avuto cuore di mandarne via qualcuno e ci stringemmo un po’. L’inventrice dei sogni era il titolo del racconto. Poi lo stimolo a dialogare e fargli raccontare i loro sogni e i loro progetti. Infine l’invito a scrivere il sogno del compagno. Non mancò un pupazzetto di legno da colorare. Temendo che stavolta pochi avrebbero comprato un altro libro dopo così poco tempo, preparai la solita busta. Stavolta i libri venduti furono 15. Grande la felicità di autrice ed editrice, sorprese da tanta rispondenza che mai avevano avuto né durante altri laboratori né durante la presentazione dei libri in cittadine molto più importanti di Acate, Modica, Ragusa, Comiso, Vittoria, ma più grande la mia felicità perché veniva fuori un immagine positiva e inaspettata di Acate. Tutto ciò per dire che bisogna offrire delle opportunità e auspicare che saranno colte. L’avevo fatto anche a scuola, organizzando da D.S. delle mostre mercato del libro due volte l’anno, prima di Natale e prima dell’estate. Ricordo che i librai invitati venivano molto volentieri.
Quali sono le sue speranze per questo nuovo centro?
La speranza è che la Fondazione e la Biblioteca diventino veramente un centro di aggregazione per lo sviluppo della cultura, la promozione della lettura, la conoscenza del territorio, della storia, della tradizione, il recupero e la conservazione della Memoria. Spero ardentemente altresì che mi sopravviva e che chi verrà dopo continui a realizzare i suoi scopi statutari.
Le domando infine quali sono le sue passioni letterarie e i libri che a suo parere è importante non dimenticare.
Io amo le storie e quindi i romanzi, soprattutto i romanzi storici, quelli che hanno una storia che si dipana sullo sfondo della Storia. Direi che è importante non dimenticare i classici, I Promessi Sposi, Il Gattopardo, le opere di Verga e Pirandello. Amo gli autori siciliani ma non disdegno la letteratura russa, francese e drammaturghi come Shakespeare. Fondamentale anche la poesia. Oltre ai classici, da adolescente mi aprì un mondo l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master.
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