Banksy e l’arte della ribellione

 

di Fabio Alfano

 

Un’arte, quella di Banksy, pseudonimo di un artista che vuole rimanere decisamente anonimo, che nasce per strada, coinvolge lo spazio urbano, la città, richiama immagini iconiche della gente comune, denuncia, ribellandosi a gran voce, condizioni sociali, politiche, culturali, ecc ritenute inammissibili.
Topi (gli ultimi), scimmie, casalinghe, lavoratori, poliziotti umanizzati (vedi Kissing Coppers, i poliziotti che si baciano), militari e paesaggi da sogno sul muro di divisione in Palestina, bambini che esprimono gioia e speranza, ecc sono quindi  le immagini che l’artista crea all’improvviso e inaspettatamente nei muri di varie città, per attrarre, tra serietà e ironia, la nostra attenzione e  costringersi a pensare.

Un’arte che affonda pienamente le radici nella Street Art (e prima di essa nell’azione dei Graffitari), di cui Banksy ne diventa il massimo esponente, ma che va oltre questa per diventare a tutti gli effetti un’arte performativa, cioè un’arte che si propone attraverso gesti eclatanti, azioni sorprendenti, esperienze  che ti destabilizzano: vedi, per esempio, l’appensione  illegale di quadri in importanti musei internazionali, le sue grandi mostre performances, il parco giochi da lui creato dal nome Dismaland, ecc.

Un’arte che non si può comprendere fino in fondo se si slega dal contesto in cui nasce e dalle motivazioni che la originano: dare voce a chi non ce l’ha per denunciare le ingiustizie sociali e politiche di un Inghilterra opprimente e conservatrice degli anni ’70, ’80, ’90.
Un’arte che tenta di rivoluzionare, e in parte ci riesce, l’arte stessa, tirandola fuori prepotentemente dai luoghi tradizionali deputati ad essa, evidenziando ed anche ridicolizzando il sistema di potere ed economico che ci sta attorno (anche se in parte, alla fine,  se ne fa contaminare). L’autodistruzione  telecomandata della ‘Girl with Balloon all’asta di Sotheby’s nel 2021, dopo che era stata venduta per una cifra da capogiro, e che lascia tutti sgomenti, ne è un chiaro esempio.
Un tassello prezioso, quindi, per il ‘cambiamento’ perché mette  l’arte a disposizione di tutti, soprattutto di chi non la ha mai praticata (e neanche acquistata), consentendo così che essa possa svolgere fino in fondo, anche nei nostri tempi, il ruolo per cui è nata: emozionare, sorprendere, far riflettere  comunicando messaggi che ci riguardano e che, se diventano parte della nostra ‘coscienza’, ci rendono più liberi e quindi un poco più felici.

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