25 Mar Marina Abramović: performances, “energia”, cambiamento
di Fabio Alfano
Dalle prime performances degli anni ’70, fondate sulla esplorazione dei limiti del proprio corpo, delle proprie emozioni, della propria mente, alle più recenti che invece sondano altre dimensioni, più impalpabili, del suo essere, quali il silenzio, il vuoto della mente, ecc., il tema è soltanto uno: sperimentare le sue personali “energie”, la sua dimensione di essere “energetico” oltre che biologico, esprimerla al massimo, in tutte le sue sfaccettature. E sperimentando questa parte di sé platealmente e quindi rendendo pubblica questa sua ricerca, invitare gli altri a fare altrettanto. Il messaggio, pertanto, che Marina Abramović lancia al mondo (ma non solo lei!) è conoscere se stessi, riconoscere i propri limiti ma anche le proprie potenzialità, superare le proprie paure (affrontando ed esorcizzando proprio ciò che temiamo), sondare un’altra sfaccettatura (forse la più importante) dell’essere umano, riconoscere e vivere una dimensione “spirituale” della vita. E questo lei lo fa attraverso un’arte “performativa”, tramite quindi performances, che vede protagonista il suo corpo (body art) che sperimenta spesse volte il dolore fisico, per superarlo, ma anche attraverso altre parti di se stessa, come nel caso della performance più famosa The artist is present al Moma di New York, dove l’artista, seduta su una sedia, dietro un tavolo, incontra, per più di 700 ore, circa 1500 persone, in silenzio, guardandole lungamente e intensamente negli occhi, per uno scambio profondo. L’arte della Abramović è quindi certamente innovativa, sia perché percorre questo filone della performance, una forma artistica immateriale di recente formazione, ma soprattutto perché lavora con dimensioni impalpabili dell’essere umano, quali la dimensione “spirituale” che oggi si rivela a noi in un nuovo modo. L’uomo contemporaneo comprende, in questo tempo, di essere anche altro oltre che materia densa. Le performances di Marina Abramovic lavorano con questo altro, esprimendolo e trasformandolo. Ma il lavoro dell’artista va anche oltre le performances, realizzate, come è noto, per la prima parte della sua vita artistica con il suo compagno artista Ulay: comprende anche la promozione di un vero metodo di “cambiamento”, l’Abramović Method, attraverso workshops residenziali e altri tipi di progetti che coinvolgono un grande pubblico, attività promosse tutte dal Marina Abramović Institute fondato appositamente per questo scopo. Azioni queste che, assieme alle performances e alle mostre nei più importanti musei, delineano nuove modalità di vita che ci allontanano sempre di più da una esistenza fatta di apparenza, illusione, corsa contro il tempo, dipendenza dalla tecnologia mal adoperata, frenesia e stress da lavoro ecc., per spingerci verso una realtà dell’essere, oltre il “materiale”, che certamente essendo più vera è quindi più ripagante.
No Comments