03 Lug Con amore e con amicizia. In dialogo con Anna Toscano
a cura di Francesca Grispello
Mani, occhi e cuore.
Mani, occhi e cuore per fare, capire, sentire, sentirsi.
Cinque vite come cinque dita, tutte racchiuse al centro della mano a irradiare con le falangi, la prossimale, l’intermedia e la distale.
Anna Toscano racconta, accompagna, interroga, mostra, dischiude, in questa sua narrazione, la figura di Lisetta Carmi, fotografa, donna, persona in cerca.
Anna intinge l’inchiostro con amore e grazia ed è con lei che si apre la porta e in questo bianco ci pare di intravedere Lisetta, ascoltare la sua storia, le sue vite.
Vederla mentre viene espulsa dalla scuola a causa delle leggi razziali, al pianoforte mentre studia, mentre usa e usa e usa ancora il mezzo fotografico in un fare tenace e quasi a sua insaputa, il fare per capire. Fino ad arrivare alla rivoluzione dello spirito che porta le mani di nuovo in primo piano, giunte sul cuore e poi sulla fronte.
Una lettura che per uno spaziotempo ci porta in un cerchio di ascolto e visioni.
Una presenza, quelle storie enormi e piccine al tempo stesso che ho sempre amato ascoltare da donne e uomini di altro tempo, un tempo che mi riguarda eppure non conosco. Una lettura che ringrazia, come la gratitudine che provo percorrendo Con amore e con amicizia. Lisetta Carmi. Il piccolo volume della nuova collana Oilà (sì proprio quel canto politico che fa: oilì, oilà… ) dedicata a figure femminili del Novecento, alle loro storie di Electa Editore a cura di Chiara Alessi.
Anna Toscano, scrittrice, poetessa, fotografa, docente, osservatrice offre un intenso affresco, una biografia germinale in cui grazia, umanità e luce conducono alla vita.
Anna, come hai conosciuto la figura di Lisetta Carmi?
Per anni l’ho inseguita nei suoi lavori fotografici, raggiungendo ovunque le mostre dove erano esposte sue opere e consultando i volumi in cui erano racchiuse. Ho man mano cercato notizie sulla loro autrice e nei decenni ho così messo insieme tasselli sulla figura di Lisetta Carmi, figura che per me nel tempo è divenuta un importante punto di riferimento non solo fotografico ma pure di vita.
Come ti ha accompagnato il lavoro Lisetta Carmi nel tuo percorso di osservatrice?
Questa è una bellissima domanda ma molto difficile. A pensarci bene mi ha accompagnata da diversi punti di vista e in diversi strati. La sua opera fotografica mi ha insegnato moltissimo sulla scelta, scegliere cosa mettere dentro e cosa lasciare fuori dall’inquadratura: la voce che ha dato agli ultimi, ai dimenticati, scegliendo di metterli al centro dei suoi scatti. Molto anche sulla questione delle “fotografie sporche”, quelle fotografie che non sono tecnicamente perfette ma che lei sceglie in quanto raccontano, sono in grado di dire, di dare voce. Dunque il declinare in parte il senso estetico per favorire la narrazione fotografica. In generale tutta la sua lunga e piena vita mi ha accompagnata con il suo senso pieno e alto del concetto di scelta: scegliere sempre come principio etico. Guardare per capire.
Quando è nata l’idea di questo libro e come ne hai deciso il taglio?
Ne avevo scritto di Lisetta per la ricorrenza della sua morte cercando di non parlare della sua morte, ma di quanto la sua opera fotografica fosse stata importantissima per chi fosse nato in anni senza Internet, anni in cui non si aveva molta idea di cosa accadesse al di là della propria cucina di una piccola città di provincia; anni in cui si guardava Videomusic a mezzanotte per capire cosa fosse il mondo. In quegli anni le fotografie di Carmi, soprattutto quelle della serie I travestiti, e le poesia di Cavalli, raccontavano il mondo al di fuori con l’autorevolezza della grande fotografia e della poesia. Quando Chiara Alessi mi ha chiesto di scrivere questo libro ne sono stata felicissima perché avrei avuto l’occasione di parlare di Carmi come fotografa e come persona che ha attraversato diverse e complementari vite, di vedere la sua intera esistenza nel suo insieme. Per fare questo il taglio che ho scelto è stato quello di rivolgermi direttamente a lei, in un dialogo in cui io ho posto alcune domande.
Cosa ti ha colpito di più nella vita di Lisetta?
La lucidità, l’autonomia, il principio di scelta, la capacità, la passione, il cuore, la buona predisposizione agli eventi, l’apertura.
Cosa non conoscevi della sua vita?
Conoscevo forse meno gli anni in cui non dirigeva più l’ashram, le occasioni per le quali si è riavvicinata al pianoforte e poi al suo archivio fotografico.
C’è un’immagine a cui sei legata maggiormente di Lisetta?
Trovo impossibile associare una sola immagine a Lisetta, perché non parlava per uniche e grandi immagini isolabili dalle altre ma attraverso una coralità di fotografie in cui è difficile staccarne una. Sono di fatto moltissime quelle che mi legano. Penso che molte immagini di lei e immagini scattate da lei parlino, abbiano una storia, che ognuna narri un pezzo di storia e che una dopo l’altra narrino vite. Prenderne una sola sarebbe una molto impoverente e uno scarso rispetto al suo mondo in cui nulla predomina.
Cosa ti aspetti da questo volume?
Spero abbia una lunga vita e che chi lo legge possa apprezzare la figura di questa donna grandiosa e ponga attenzione alle sue opere, alle sue mostre, alle sue scelte.
Cosa ti colpisce quando guardi una fotografia?
Cosa l’autrice ha deciso di metterci dentro e lasciare fuori dall’inquadratura, cosa racconta.
Quali sono i/le fotografi/e della tua formazione?
Mi sono formata da ragazza sulle fotografie e sulle parole di Luigi Ghirri, maestro non solo di fotografia ma anche di vita, sui fotografi del Circolo Fotografico la Gondola che qui a Venezia ha fatto una parte della storia della fotografia, sui saggi di Ives Bonnefoy e di John Berger, le fotografie di Ugo Mulas, Tina Modotti, Rebecca Horn, Shirin Neshat, Dorothea Lange, Sabine Weiss, Letizia Battaglia, Annie Leibovitz, e sempre la parola di Susan Sontag. E molte, tante altre.
Come nasce la tua passione verso la narrazione? Come hai coltivato la tua attitudine a raccontare, fotografare, usarti parola?
Nasce da una grande solitudine quando ero ragazzina, una impossibilità a comunicare e a far parte di un discorso con altri. Così gli altri sono diventati la collezione dei Premi Nobel presi dalla libreria di casa dei miei e le macchine fotografiche di mio padre che mi accompagnavano nei miei giri solitari in città.
Raccontare e scrivere, cosa ti sollecita a scrivere e leggere di un autore/un’autrice?
L’intrico tra opera e biografia, tra arte e vita: come una esperienza abbia determinato la nascita di un’opera, la sua forma, il suo contenuto. Penso a molte Camille Claudel, Janet Frame, Agota Kristof, solo per fare degli esempi.
Storie di donne, negli ultimi anni assistiamo a questo filo rosso sempre più grande, che diventa vena pulsante dove si sta facendo emergere il lavoro, la presenza, l’azione delle donne. Cosa ne pensi di questa azione di recupero?
Necessaria. Importante. Indispensabile. Doverosa.
Fai parte della SIL, Società delle Letterate che promuove la scrittura e il contributo culturale delle donne. Parlaci di questa realtà e del tuo farne parte.
È una realtà viva e vivace che procede non per grandi eventi ma con un continuo e incessante lavorio quotidiano, quasi di sponda, sul patrimonio culturale delle donne, sul femminismo, puntando a una divulgazione costante e senza sosta. La SIL, con anche le testate di riferimento come Letterate Magazine e Leggendaria, è una continua propulsione a mettere in campo e discutere tematiche legate al femminismo. Ed è molto interessante come per lo più in SIL si tratti di tematiche femministe che coinvolgono autrici e artiste invece di focalizzarsi su singoli nomi: è sintomo di una costante apertura, di una propulsione ad ampliare la tematica facendo spazio a più nomi e diversi punti di vista. I convegni SIL ne sono una riprova: importati tematiche che sembrerebbero di nicchia ma che si rivelano, sotto la lente di ingrandimento della SIL, il presente e il futuro della discussione mondiale in termini di femminismo e che coinvolgono moltissime donne.
Cosa è per te femminile?
Femminile è un aggettivo per me piuttosto parziale, abusato e triturato nei decenni in sinonimi avvilenti che qualificano il termine in rifrazioni spesso umilianti e mortificanti. Bisognerebbe fare un lavorone su questo.
Piuttosto il termine donna per me è una presa di vita imprescindibile.
Quando hai deciso di utilizzare la tua testa il tuo cuore e le tue mani per divenire ciò che sei (scrittrice, fotografa, docente…) hai avuto paura?
No, non so fare altrimenti.
Un libro:
L’arte della gioia
Un odore : Di alghe ghiacciate in inverno a Venezia
Un brano musicale: la colonna sonora di The piano di Nyman, film di Jane Campion
Un luogo : casa mia
Un sapore : la frittella veneziana
Un ricordo: il Rìo de la Plata dall’oblò
Un sogno : una finestra sul mare
Un abito: il mio armadio
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