19 Set Uomini contro la violenza sulle donne (parte II)
di Giorgio Galli
Seconda parte dell’intervista con l’associazione NOI UOMINI A PALERMO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE, che basa le sue molte attività su un presupposto tanto semplice quanto dirompente per la nostra tradizione culturale: “La violenza inflitta alle donne è una questione maschile molto prima che femminile. Può essere esercitata mentalmente, psicologicamente, verbalmente, economicamente, sessualmente, corporalmente….: in tutti i casi, comunque, rivela arretratezza culturale e fragilità psichica nei maschi che decidono di infliggerla, più ancora che nelle donne che accettino di subirla.” In questa seconda parte del dialogo abbiamo affrontato soprattutto gli aspetti più contemporanei del problema, nel contesto della situazione socioculturale e politica italiana del 2023.
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Sembra che in Italia sia esploso il gusto della violenza su chi è inerme: dagli animali ai migranti, alle cifre sempre crescenti della violenza su donne e ragazze. La violenza di genere va inquadrata in un più generale clima di violenza, o le sue caratteristiche ne fanno un fenomeno a parte?
La violenza di genere ha certamente una sua specificità perché è il frutto di un condizionamento culturale maschilista che spinge in moltissimi casi gli uomini a considerare le proprie compagne/mogli come un soggetto su cui si può agire con modalità violente di dominio e sopraffazione. Di contro è possibile ravvisare alcuni aspetti comuni ad altre forme di violenza purtroppo assai diffuse nella nostra società. In primo luogo, va evidenziato come il carattere normativo del modello culturale maschilista implichi che la violenza contro le donne possa essere inserita in un contesto più ampio che comprende tutte le violenze e discriminazioni nei confronti degli appartenenti alla comunità LGBTQ e anche in alcuni casi nei confronti di persone di colore e in particolare dei migranti. Chiunque si discosti dallo standard del maschio bianco eterosessuale e magari forte e sicuro di sé in ogni situazione può, in particolari situazioni, essere soggetto a forme di sopruso e violenza. In aggiunta, siamo convinti che, pur avendo la violenza di genere le sue specifiche cause e peculiarità, ci sia un legame con un clima generale di violenza in cui si manifesta una ricorrente volontà di sopraffare il soggetto ritenuto più debole e indifeso.
Una teoria piuttosto diffusa vuole che l’uomo “sia fatto così”, sia violento per natura a causa dei suoi ormoni e della sua costituzione psichica. Personalmente mi sono sempre sentito offeso da questo tipo di argomentazione, come se ogni individuo di sesso maschile fosse una sorta di animale incontrollabile. Però la realtà è che la violenza è nel 99 per cento dei casi violenza maschile.
Per rispondere a questa domanda facciamo riferimento ad alcune tesi sostenute nell’articolo Il Bambino e l’armatura, Maschilità Violenza Educazione di G. Burgio, che il nostro gruppo, dopo un’attenta lettura e analisi, ha sposato in pieno. In tale articolo si evidenzia come non solo ancora oggi la stragrande maggioranza delle violenze sia compiuta da uomini ma sia possibile evidenziare una complicità storica fra genere maschile e violenza. A tal proposito si prende in esame la sequenza interminabile di guerre che hanno flagellato la storia dell’umanità dall’inizio dei tempi. Aggressività e volontà di dominio nei confronti dei propri simili sono caratteristiche, da un lato, tipiche di un comportamento maschilista, e dall’altro sono ingredienti essenziali di tutti i conflitti armati. Allo stesso tempo Burgio non è affatto convinto della spiegazione biologica secondo cui l’origine della violenza maschile risieda nella matrice genetica sia per l’assenza di una spiegazione scientifica, sia perché la violenza è presente anche nelle donne. Basti pensare al fenomeno del bullismo che si manifesta anche fra le donne/ragazze e a volte con modalità ancora più violente rispetto a quanto accade fra gli uomini. La conclusione, a nostro avviso, è che la violenza maschile è il frutto di una costruzione culturale che nei secoli si è affermata anche per effetto dei vantaggi e privilegi che indubbiamente ha portato al genere maschile.
Una domanda scomodissima: quanto giocano le differenze di ideologia politica nello sviluppo di piani per contrastare e prevenire la violenza sulle donne?
Se facciamo riferimento allo scenario socio-politico di alcuni decenni fa non ci sembra che ci sia stata una significativa differenza nell’impatto delle varie ideologie politiche sulle attività di contrasto alla violenza di genere soprattutto per il fatto che il carattere patriarcale e maschilista della società era assai più marcato di quanto è adesso. Pensiamo ad esempio ai contesti lavorativi o sindacali in cui le discriminazioni nei confronti delle donne erano fortemente presenti indipendentemente da quale fosse l’ideologia politica prevalente. La situazione ci sembra essere diversa ai giorni nostri nel senso che in ambienti socio-politici in cui domina un ideologia conservatrice ci sono state delle prese di posizione che non vanno certamente nella direzione di una maggiore parità di genere. In primo luogo facciamo riferimento al disegno di legge conosciuto come “DDL Pillon” ed in particolare a quegli aspetti del decreto, come ad esempio l’introduzione del concetto di alienazione parentale o della mediazione familiare obbligatoria che rischiavano, se il decreto fosse stato approvato, di ostacolare l’emersione della violenza domestica laddove era presente. Altra vicenda da evidenziare è la battaglia condotta alcuni anni fa da parte di alcune associazioni vicine al mondo cattolico e conservatore contro l’insegnamento in alcune scuole di una fantomatica “teoria gender” che temevano potesse influenzare l’orientamento sessuale dei bambini. In realtà si trattava di tentativi di proporre nelle scuole primarie e/o d’infanzia delle forme di educazione alle differenze di genere che avevano l’obiettivo di ostacolare il formarsi dei classici stereotipi di genere e quindi in qualche modo favorivano la prevenzione della violenza sulle donne. Osservando il continuo aumento di stupri ad opera di uomini o adolescenti appare oggi quantomai necessaria l’introduzione nelle scuole, sin dalla piu tenera età, di un piano di educazione sessuale che fra i vari temi deve avere anche l’educazione all’affettività, alla corretta gestione delle emozioni e alle differenze di genere. Segnaliamo a tal proposito l’esistenza di un documento dell’ufficio regionale dell’ OMS che fornisce uno standard per l’educazione sessuale nelle scuole europee e quindi rappresenta uno strumento prezioso per tutti i docenti e/o psicologi che volessero iniziare a proporre delle attività in tale direzione.
NOI UOMINI A PALERMO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
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