19 Dic In dialogo con Anna Rita Merico. La poesia, il silenzio e la resistenza
di Francesca Grispello e Ginevra Amadio
Fenomenologia del silenzio di Anna Rita Merico, è una raccolta che attraversa un arco poetico di diciassette anni, dal 2004 al 2021, che cuce insieme riveduti e in alcuni casi riscritti, i testi di tre volumi pubblicati: Segnate pietre (2004), In the process of writing (2006), Dall’angolo bucato entra memoria (2015), insieme a una sezione di testi inediti, Una parola si bea, al sole, pulsando infinita (2019-2021). Un percorso poetico che si pone all’evidenza delle lettrici e dei lettori andando a costituire un pensiero del silenzio. Nella crisi che genera l’odierno frastuono, i testi riportati si collocano negli spazi della genesi della parola, nella necessità dello stare all’interno dello sguardo che scopre nutrendosi di meraviglia dell’essere e dell’esser-ci nella spiritualità. Fenomenologia del silenzio ossia poesia che sperimenta la pagina scritta non quale luogo di transito emotivo per le segnalazioni del vissuto, ma come luogo dell’avvenimento, luogo per l’apparire del fenomeno che accade. Lavoro di resistenza che chiede all’umano di mostrar-si e dir-si come unico possibile progetto per il futuro.
Fenomenologia e Silenzio sono due parole apparentemente semplici eppure molto significative. Ci può indicare cosa rappresentano e perché sono diventate il titolo di questa sua opera?
Quando pensiamo al silenzio immediatamente pensiamo ad un nulla fatto di assenza. Ma se il silenzio fosse il gravido d’ogni realtà possibile? Questo è stato il mio sentire maturato, nel tempo, rispetto al silenzio. A partire da questo sentire si è mossa la possibilità dell’ascolto del silenzio sino a trovarne in esso movimento, odore, possibilità tattile, ascolto, visione: il silenzio come cellula da cui si dipana ogni possibile origine d’essere e di creatività.
Tutto il libro mostra un movimento, lo narra, lo esplora (il tramandare, il farsi, sera, l’energia, i corpi, la geografia, il suono, il segno…) Il da qui a lì. Dove conduce questo andante?
La poesia prima di essere parola scritta è movimento e ritmo che si articola nel dentro di onde di pensiero, nel dentro di agglutinazioni, di immagini, di visioni che non sono mai casuali. Sono parole che prendono forma in lunghe fasi di elaborazione interiore. Il movimento, il ritmo, le memorie che esprimo rendono conto, anche, del lavoro che precede la scrittura e che forgia visione del mondo. Devo a Luce Irigaray ed all’importanza del Sua ricerca filosofica, l’apprendimento di un ritmo del dire capace di generare parola nello spazio della differenza sessuale. Lo studio di taluni suoi contributi (penso, innanzitutto, ad Amante Marina, oltre che alla Sua Etica) sono stati centrali per approfondire ricerca linguistica e per fornire indicazione per strade capaci di indicare movimento di pensiero non più in linea retta (idea del progresso, idea della dominazione sulla Natura…) ma all’interno di vibranti direttrici che hanno ri-puntato alla dimensione ontologica ripensandola e riscrivendola a partire dall’essere-due. Molti avanzamenti, in ricerca, sono seguiti ma –in quegli anni- il valore di quel lavoro è stato imprescindibile.
La parola è anche spazio, come dimostra l’impianto grafico di alcune sue pagine. Come si è ordinata la poesia nello spazio del testo? Come è nata l’esigenza di dislocare le parole in un certo modo all’interno della pagina?
È una questione molto legata al precedente quesito: la parola nasce da ritmo, la parola prima di essere traccia scritta è voce di dentro. Gli spazi, le distanze, il vuoto indicano la voce che modula, le pause, le riprese di tono vocale. La poesia resta un profondo scavo con la voce e, per me, l’unico modo che ho per renderlo è scrivere seguendo il ritmo del respiro. Da ciò: parola che precipita nel basso del foglio, parola disseminata che sbuca da margini della pagina, l’uso del bianco e delle distanze, la pausa, lo spazio devono parlare. La voce si modula insieme ai silenzi, rende conto degli slittamenti vocali, dei bisogni di incisione o delle sparizioni della parola stessa. Da ciò il vuotopieno della pagina.
Non è facile lavorare qui.
Pensare qui.
Eppure, qui, ci sono silenzi buoni.
Come il fotografo ha bisogno delle giuste luci,
la parola ha necessità dei giusti silenzi,
degli appropriati spazi,
di particolari slabbramenti verso l’interno.
Qui, l’Antico, parla.
Qui, la Luce, mostra
Corpo e spazio, la parola che si fa sonda su un universo altro, sull’oltre che è spesso il fuoco dei suoi versi. La scrittura è forse – anche – un’esperienza fisica? Ciò che permette di attingere il mistero?
La dimensione del corpo, la dimensione dell’immanenza e della trascendenza sono elementi fondamentali nella mia ricerca in scrittura poetica. Il mistero non possiamo “attingerlo”, ciò che – a mio parere – ci è dato è la possibilità di sostare nei pressi del mistero e del silenzio. Questo spazio che – nel passato – era spazio sacro, è spazio che ci consente di comprendere l’importanza dell’ascolto, delle connessioni al Cosmo. Sono spazi che la nostra contemporaneità ha posto in secondo piano eppure, avvertiamo l’esigenza profonda di sostare, di tornare ad essere nelle dimensioni della spiritualità. È quella spiritualità laica che vediamo attraversare l’universo ambientalista, è quella spiritualità laica che si annida nelle diverse forme di consapevolezza che maturano all’interno dell’umanità, oggi. La partita è alta e riguarda le nostre stesse fasi evolutive. Si, la scrittura, come tutti i processi creativi, ha a che fare con la corporeità. Veniamo da tradizione storica di pensiero in cui scrittura e ragione, scrittura e mentalizzazione hanno escluso la dimensione corporea della scrittura. Le prime forme di critica letteraria elaborata da donne (Virginia Woolf e Kathrine Mansfield) ci hanno aperto percorsi fondamentali all’interno della comprensione di questo aspetto ineludibile della creatività.
C’è un senso di sacro nelle sue poesie, la possibilità di aprirsi a un livello ‘superiore’, a una dimensione preclusa a un’ottica razionale. In questo senso, la mediterraneità dei versi rimanda a un livello ancestrale, al recupero di un tempo – e di un luogo – ‘magico’ quale quello del Sud. Qual è il suo rapporto con la spiritualità?
Non è pensabile, a mio parere, pensare alla creatività distogliendo lo sguardo dalla spiritualità. Intendo, personalmente, per spiritualità una dimensione all’interno della quale avviene l’ascolto di sé, l’ascolto di sé in connessione con il mondo, l’ascolto del ritmo delle parole, l’evoluzione e l’andamento del pensiero, lo spazio della meraviglia e della scoperta. È lo spazio del nutrimento che giunge perché cercato o perché inaspettato, è lo spazio delle emozioni dipanate che fondano umanizzazione. Per motivi legati alla mia storia, dal Sud ho appreso molto ma adoro conoscere cosa la spiritualità crea e fonda alle diverse latitudini. La spiritualità, nella mia visione, ha radici nel luogo-tempo in cui si vive, ciò la rende multiforme eppure riconoscibile nella sua fonda essenza.
La Mediterraneità è, per me, una sorta di grande scavo archeologico e simbolico. Uno scavo che consente attraversamenti nel corso del tempo, attraversamenti nel luogo dell’origine. Mediterraneità come luogo di inizi mai conclusi. Mediterraneità bistrattata, oggi, da fatti storici. Eppure il compito di tenere aperto lo spazio dell’indagine, della memoria, della ricerca non può essere eluso. Molti gli autori che hanno costruito questo mare d’infiniti sensi. Mediterraneo è un patrimonio d’infiniti segni, luogo generatore di simboli e stratificazioni dell’essere. Il rimbombo del pensiero delle Grandi Madri giunge sino a noi, genera potente, è Sibilo lungo cui è difficile sottrarsi, ancora.
Deve fare un viaggio e un dono: dove si recherebbe e cosa regalerebbe a chi.
Un viaggio: penso immediatamente ad un andare verso Est, mi affascina la Transiberiana-Transmongolica, da Leningrado a Pechino. Ne ho letto molto, ne sono affascinata. Donerei laboratori di scrittura in una sezione penitenziaria femminile.
Ti ascolto
fondo teatro
improvvisata mescita
urgente centro
Ti ascolto
ritmo di connessione
fluttuazione armonica
dentro del dentroTi ascolto
imparo a sentirmi
porta che apre
tempo che viene
ruota del ciclo
epifania del mondo
orizzonte di danza
Per ulteriori informazioni:
https://musicaos.org/anna-rita-merico/
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