Sea Paradise. In dialogo con Eleonora Lombardo

 

a cura di Ivana Margarese

 

Sea Paradise mi è apparso, mentre lo leggevo, come un lavoro a cui è stato dedicato lungo tempo, con più livelli e stratificazioni a comporre l’insieme del romanzo. Comincio pertanto col domandarti del tempo di scrittura e di come sei arrivata al titolo.

​Sì, è stato un lavoro lungo e stratificato. La scintilla iniziale si è accesa nel 2019 mentre visitavo la mostra “Life, death and rebirth”, Bill Viola e Michelangelo alla Royal Accademy di Londra. Da quel giorno sono stata in compagnia di alcuni fantasmi che hanno fatto strada insieme a me, fino a quando si è materializzata una nave. L’idea della crociera di Stato era accennata nel mio primo romanzo, l’ho ripresa e l’ho scritta proprio per quei due fantasmini che nel frattempo mi avevano rivelato il loro nome, Elvira e Amanda, e che mi continuavano ad affiancare. Allora, ho iniziato a scrivere la storia della nave e del viaggio. Poi è arrivato il momento più importante, costruire il mondo per il quale un viaggio del genere avesse un significato positivo e non punitivo. Mi sono guardata intorno e, oppressa dal vedere affidato il destino dell’umanità a vecchi maschi impostati sul modello occidentale, mi sono domandata cosa sarebbe potuto accadere se a prendere il potere fossero state le giovani generazioni, quelle alle quali si sta divorando il futuro senza ritegno? Ne è venuta fuori una società giusta, equa, ma fatalmente predisposta al sacrificio.
Ecco, le cose sono andate così per quel che riguarda la costruzione della trama. Poi c’è stato un meraviglioso lavoro fatto con la casa editrice Sellerio, insieme a Giacomo Mannino abbiamo iniziato a togliere, a togliere quello che non serviva più e che poteva dare spazio al lettore e a lavorare sulla lingua.
Complessivamente sono stati quattro anni di scrittura, ma credo che per un romanzo siano anche pochi.

Al centro della storia c’è anche il racconto di un’amicizia, quella di Elvira e Amanda, due donne settantenni, che fanno insieme un viaggio molto singolare. Scrivi, attraverso la voce di Elvira: “L’amicizia mia e di Amanda è stata la cosa più intima e antica che sono riuscita a custodire, nel mutare repentino dello scenario lei ha conservato una parte di ciò che sono stata un tempo”. E ancora: “C’è sempre stato questo patto tra noi, ci siamo raccontate tutto, raccontandoci la vita le abbiamo dato un significato. Ci siamo imposte di non eccedere nella severità del giudizio, anche quando consideravamo esecrabili le scelte dell’altra”. L’amicizia è un sentimento complesso che contiene contraddizioni e che può permetterci di scoprire parti di noi stesse, capacità creative, e zone d’ombra. È inoltre un legame specifico. Scrive Roland Barthes in Frammenti di un discorso amoroso: “Nessuno ha voglia di parlare dell’amore, se non è per qualcuno”. Penso che valga lo stesso per l’amicizia e in questo senso possa essere considerata come un sentimento “irriverente” nei confronti dell’omologazione del sistema. Vorrei un tuo parere su questo.

Che bella osservazione. Concordo, è un sentimento irriverente e per certi versi inafferrabile. È un legame elettivo, senza vincoli, che non ha bisogno di attestati e partecipazioni, eppure ha la stessa potenza e le stesse contraddizioni dei fidanzamenti o dei matrimoni. L’amicizia di Elvira e Amanda ha la passione del colpo di fulmine e nella loro relazione c’è quell’osservarsi reciproco per rubare all’altro ciò che ci fa diventare migliori, come dice Platone quando ci innamoriamo di qualcuno vogliamo assomigliargli in uno slancio di elevazione. Così Elvira nel corso della sua vita ha desiderato essere Amanda e forse anche Amanda avrebbe voluto avere dei tratti di Elvira, ma si sono anche controllate e contenute a vicenda. Quello che è estremamente sovversivo sulla Sea Paradise è il loro antico sodalizio, che diventa quasi contagioso fino all’acme, quando sarà la massima comprensione della diversità dell’una e dell’altra a sancire la loro unione libera.

Ho trovato una vicinanza su alcuni aspetti tra il tuo romanzo e il romanzo di Ninni Holmqvist, L’Unità. In entrambi a chi verrà “sacrificato” viene concesso ogni lusso e la possibilità di assaporare una vita comoda a costo zero ed è come se il sistema controllasse ogni desiderio riducendolo a consumo di beni. Dove trova spazio il desiderio nel tuo romanzo?

Non ho letto L’Unità, lo farò. Grazie. Sebbene il protocollo Sea Paradise prometta di soddisfare ogni desiderio, del corpo e dello spirito, in realtà applica un meccanismo di stordimento di massa trastullando i vecchiardi con intrattenimenti carnevaleschi. In questo senso il desiderio è mortificato. Ma Elvira, Amanda e Achille sono portatori immensi di desiderio. Amanda nella sua purezza, lei chiede per ottenere davvero ciò che desidera, senza filtri, con la stessa grandiosità che hanno i bambini. Elvira e Achille desiderano perché sono curiosi. È la curiosità che nutre il desiderio, che si alimenta della poesia e che può consentire l’audacia del pensiero e del gesto.

 


Sea Paradise è dedicato al “Al Pelìde Achille, con rinnovata promessa”. Leggendo il romanzo si comprendono le ragioni di questa dedica e si trovano riferimenti a Achille e a Ulisse. Qual è la rinnovata promessa a cui fai cenno?

È una lunga storia d’amore quella tra me e Achille. Per me Achille è l’eroe dell’integrità e della coerenza. Mi affligge pensare che la cultura occidentale abbia consacrato gli altari della gloria a Ulisse, facendo della furbizia una virtù. Odio i furbi e li ritengo responsabili delle peggiori sciagure della terra. Da anni cerco di scrivere un romanzo il cui protagonista è Achille, proprio il Pelìde Achille, che è diventato talmente importante da ritenerlo quasi il motore della mia scrittura. Non ho potuto fare a meno di farlo comparire sulla Sea Paradise, come gesto di amore per rinnovargli la promessa e rassicurarlo che tornerò presto a occuparmi di lui.

Il tuo romanzo contiene anche una riflessione sulla vecchiaia, sulla decadenza del corpo, e sulla morte e sulla possibilità di accettarla. Nel capitolo dal titolo “Ci preoccupiamo troppo del finale” Amanda dice all’amica: «I finali… tutti concentrati sui finali. In particolar modo tu. Sei sempre stata ossessionata dai finali. Quelli dei libri che leggevi non ti piacevano mai, ti deludevano. E lo stesso i film. Hai sempre chiesto: “Come va a finire?”. È odioso anticipare il finale». Si accascia sul letto. Si guarda con cura le gambe e poi riprende il suo sermone: «Solo un attore sa cosa vuol dire il finale e cosa c’è dopo. Voi pensate al finale, noi a quello che c’è dopo». «E cosa c’è dopo?». «L’applauso».
È uno scambio significativo tra le due donne, che anticipa per certi versi il finale. Puoi parlarmi di Amanda?

Amanda. È la leggerezza con la quale andrebbe vissuta la vita. Quella leggerezza che non vuol dire mancanza di profondità, anzi, Amanda ha vissuto senza schivare le contraddizioni, senza paura di affermare se stessae facendo opposizione a tutto ciò che non ha condiviso. Al contrario di Elvira che è per sua natura ubbidiente ed efficiente. Sulla Sea Paradise, la lieve forma di Alzheimer di cui Amanda soffre l’ha resa più docile e ubbidiente ed Elvira nel prendersene cura quasi la impugna, provando un sottile piacere per questo esercizio di controllo. Ma il destino di Amanda è quello di restare libera, coraggiosamente libera.

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