La festa dei morti e il tran tran dei vivi

di Giada Brocato
In prossimità della festa dei morti nei cimiteri si rubacchia alla grande, per cui chi lascia la vecchia scopa senza manico dietro la lapide del bisnonno, non è detto che l’anno dopo la ritrovi, e chi aveva lasciato la paletta scolorita nel primo viale, fra la tomba dei propri genitori e quella dei vicini, la vede in mano a una signora nel terzo viale, scusi, dove l’ha presa questa paletta? sono certo che è la mia, no, guardi, si sbaglia, questa è nostra da generazioni! e poi si figuri se le rubavo la paletta!
Poi ci sono le fontanelle con la fila, in cui vedi il signore col vaso sbeccato, la signora con l’innaffiatoio che perde da sotto, quella col bidoncino dell’acqua distillata riciclato, quell’altra con un tubo di dieci metri da collegare per portarsi il getto direttamente a posto tomba, e infine il solito furbo, che cerca di scavalcare vivi e morti, non è che mi fareste passare che il cane c’ha sete?
E poi ci sono i mazzetti di garofanini assortiti come caramelle, i crisantemi giganti che paiono finti, i ciclamini venduti a peso d’oro, e appresso tutte le operazioni per svuotare i vasi dell’acqua stagna, trovare vasi, riempire vasi, trasformare bottiglie di Mangiatorella in vasi, ghigliottinandole a metà, mentre l’acqua gocciola sulla scarpa, le dita si congelano, la sciarpa s’appunta a ciò che capita, il cellulare squilla e il cimitero fra poco chiude.
Questo tran tran dei vivi, questo pulire e lustrare marmi e croci, quest’acqua saponata che scivola da una famiglia all’altra, sono i giorni dei morti, in attesa di uno Swiffer cosmico e di un mocio siderale con manici telescopici, per porre fine a certe visite con tanti sbuffi e nessun pensiero.
Signora cara, prenda pure la mia scopa, così mi lasciano le foglie, che sulla terra sussurrano, insieme a chi si inginocchia triste, e a qualche bambino, che legge nomi e date per gioco.

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