03 Nov Roberto Bolaño. Il Messico e Napoli: analogie tra mondi distanti.
di Marco D’Alterio
Lo scrittore Roberto Bolaño, nato in Cile, e vissuto per la maggior parte in Messico e poi in Spagna ha saputo incarnare la figura di mito tra i lettori degli anni 2000. Tuttavia per anni, la sua opera, in particolare quella poetica, è rimasta semi sconosciuta. Un autore capace di dare linfa a un nuovo modo di fare letteratura creando nuove strategie narrative. I detective selvaggi, una delle sue opere maggiori, è un esempio di ipertesto geniale e innovativo. Il libro è diviso in tre parti e i protagonisti sono due poeti (il suo alter ego Arturo Belano e l’amico Ulis Lima). Nella prima parte c’è un lungo monologo di un giovane poeta appartenente al movimento del “Realvisceralismo”; nella seconda parte, la trama si sviluppa attraverso il monologo di più di 50 tra amici e conoscenti che evocano le gesta dei protagonisti; la terza e ultima parte è narrata sotto forma di diario di viaggio: i protagonisti partono alla ricerca di una poetessa scomparsa nei deserti del Sonora.
Morto prematuramente di cirrosi epatica all’età di 50 anni quando stava per terminare il suo ultimo libro (2666), ha comunque lasciato un patrimonio narrativo considerevole tra raccolte di racconti, romanzi e poesie. In Messico, negli anni ’70, è stato un esponente del movimento poetico d’avanguardia detto “Infrarealismo” di rottura con la cultura ufficiale. Attraverso il ricorso al realismo magico (forma letteraria tipica degli autori latini), Bolaño, rispetto ai suoi predecessori, riesce a fare qualcosa in più: un’analisi metodica e accurata dell’abisso, del mistero lasciando che i personaggi siano lasciati in sospeso tra vita e morte, tra miracolo e decadenza.
Una delle sue peculiarità è quella di essere sia un autore colloquiale e quindi accessibile a tutti, che un autore impegnato utilizzando forme narrative complesse, fatte di trame, sotto-trame e intrecci articolati. I suoi personaggi sono alla ricerca di qualcosa, non si sa bene cosa. Poi, a un certo punto, tutto combacia e ritrovano quella realtà che avevano smarrito.
Ho trovato, nella sua poetica, diverse analogie con il mondo e la filosofia partenopea. Tanto per cominciare i personaggi fantasma, cioè quelli che compaiono e scompaiono che è tipico della popolazione napoletana, soprattutto quella popolare. Per non parlare dei tanti sudamericani sperduti nel mondo che lui spesso inserisce nelle sue opere. Anche sotto questo aspetto è storicamente provato l’emigrazione dei napoletani che lasciano la propria terra per andare altrove pur rimanendone legati da un cordone ombelicale e declamandone, attraverso varie opere artistiche (poesie, canzoni), una profonda nostalgia per la terra d’origine. Bolaño incarna il messicano per eccellenza, quello che nella vita fa mille mestieri per tirare avanti. Egli stesso, ha fatto il cameriere, il venditore di bigiotteria, il guardiano notturno in un campeggio. Così come il napoletano, in regola alla famosa arte dell’arrangiarsi.
E poi c’è la poesia, per la maggior parte delle volte inspirata dagli scorci paesaggistici del Messico. Anche sotto questo punto di vista è vivo l’accostamento con Napoli, nonché con i suoi luoghi riconosciuti colmi di bellezza paesaggistica. Ma ritornando all’opera di Bolaño, c’è, senz’altro, un aspetto che lo rende unico: la sua capacità di farti intraprendere un viaggio attraverso il ritmo dei suoi scritti. Con Bolaño puoi trovarti in Messico, e dopo tre pagine sei passato in Spagna e poi in Italia con una capacità illusoria e musicale propria di ballo latino, “Iper-ritmica” se così possiamo definirla, ma allo stesso tempo ben cadenzata coinvolgendo il lettore come se fosse un gioco. Bolaño, così come il suo padre letterario Julio Cortazar, ama coinvolgere il lettore facendolo diventare parte integrante della trama. Il romanzo Rayuela di Cortazar, rappresenta, in questo senso, un’opera esemplare. L’ipertestualità è un altro elemento dei suoi scritti. In un suo romanzo, oppure in un racconto breve, possiamo trovare la matrice e dunque l’introduzione di un personaggio da cui ripartire per scriverne un altro. La sua opera si può, per tanto, considerare come un unico grande racconto fatto di mille storie nelle storie, non del tutto slegate l’una dall’altra.
Ogni tanto lo immagino al centro di Napoli, mentre guarda il famoso bar Messico e si avvia per bere un caffè con il suo fisico minuto, i suoi occhialetti, l’aria stralunata.
A proposito di Bolaño, l’argentino Rodrigo Fresán ha scritto che “pochi scrittori contemporanei sono riusciti a contagiare il lettore invitandolo all’avventura di vivere un libro mentre lo si legge come se lo si scrivesse”.
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