Alla riscoperta della natura con Mary Midgley

di Corrado Fizzarotti

 

La mia scoperta di Mary Midgley è stata decisamente fortuita: classico relatore di tesi magistrale che, nei vari discorsi preliminari alla ricerca di un argomento, mi dice con noncuranza: ‘’Perchè non prova a dare un’occhiata a questa filosofa? Penso potrebbe piacerle…’’

In meno di un mese, ero assorbito dalle pagine di un libro che, con calma e pacatezza, mi invitava a guardare più a fondo nella natura dell’esperienza umana, nei rapporti tra gli esseri viventi, nell’idraulica (espressione sua) che si nasconde dietro alla nostra esistenza. In un certo senso, leggere Midgley è stato come aprire la finestra di una stanza soffocante per far entrare aria fresca: non un cambiamento tumultuoso o eclatante, piuttosto una brezza sottile ma, a suo modo, rivoluzionaria.

Mary Midgley (1919-2018) è stata una filosofa morale inglese la cui voce non ha mai preteso di dominare la scena, eppure ha saputo produrre diverse riflessioni profonde su temi spesso trascurati, offrendo prospettive capaci di illuminare snodi controversi dell’esperienza umana. Il suo pensiero si articola a partire da un’esigenza primaria: la filosofia non deve ridursi a un esercizio di pura astrazione, né a un campo chiuso riservato a pochi. Al contrario, secondo lei, essa è parte integrante della vita quotidiana, un prisma che può aiutarci a comprendere la complessità morale dei nostri rapporti con gli altri—umani e non umani—e con il mondo naturale che ci accoglie.

A mio modo di vedere, uno dei tratti più affascinanti del pensiero di Midgley è la sua critica al riduzionismo, quella tendenza, così forte nella modernità, a spiegare ogni fenomeno umano, dalla moralità alla religione, dalla creatività artistica alle emozioni più profonde, soltanto tramite lenti ristrette come la genetica, l’economia o la chimica del cervello. Midgley non rifiuta la scienza, anzi: riconosce il suo enorme valore e le sue conquiste straordinarie. Ciò che contesta è la pretesa di farla diventare l’unica chiave di lettura della realtà, trasformando il panorama complesso e stratificato dell’esistenza in un semplice diagramma meccanicistico. Il mondo morale, per Midgley, non è un accidente né un’illusione, ma un aspetto centrale e reale della nostra esperienza, che richiede strumenti interpretativi non riducibili alle sole cause biologiche o alle spinte evolutive.

La sua attenzione verso il mondo animale, mostrata in testi come Beast and Man, ci apre a un’altra dimensione essenziale: il riconoscimento di continuità e differenze tra gli esseri umani e le altre forme di vita. In una società contemporanea segnata dalla crisi ecologica e dalla tensione tra l’umanità e il resto del vivente, il pensiero di Midgley appare più che mai significativo. Non si tratta soltanto di salvaguardare il pianeta per motivi utilitaristici o di “conservare le risorse per il nostro futuro”, ma di riconoscere il valore intrinseco di altre creature e l’interdipendenza che da sempre lega la nostra storia biologica ed etica al resto della natura. La maggior parte delle ridefinizioni concettuali del rapporto degli esseri umani con il mondo sono ancora da venire. Le discussioni sull’antropocentrismo e sull’antispecismo sono ancora in nuce e, in questo contesto, Midgley è tra le prime filosofe a presentare un modello ibrido, che riconosce una certa forma di ‘eccezionalismo umano’ ma solo connettendolo al contesto (biologico e storico) di cui la nostra specie fa parte. Ci dice, in pratica, che la nostra grandezza può rivelarsi non nell’arroganza del dominio, ma nella capacità di entrare in risonanza etica con ciò che ci circonda.

La sua concezione della moralità come rete intricata di miti, narrazioni e metafore, anziché come rigido sistema di norme va coerentemente in questa direzione. Il mito, per Midgley, non è qualcosa di falso o semplicemente superstizioso, bensì uno strumento con cui da sempre le culture umane hanno cercato di dare senso al proprio essere nel mondo. La filosofia non dovrebbe limitarsi a “sfatare” i miti con i colpi della ragione illuministica, ma dovrebbe imparare a leggerli come mappe morali, come paesaggi immaginativi in cui orientarsi. Oggi, nella nostra epoca frammentata in cui convivono vestigia di saperi antichi, scienza, social media, credenze religiose e secolari, l’invito di Midgley a non sbarazzarsi con sufficienza di tali narrazioni appare come un atto di equilibrio e sensibilità. Invece di schierarci su fronti contrapposti, dovremmo provare a comprendere come le diverse visioni del mondo si intersechino, si sovrappongano, producano tensioni, ma anche possibilità di nuovi incontri. Lei rende l’idea di questo approccio con la metafora dell’idraulica filosofica, che utilizza per spiegare come le conoscenze umane operao e si sovrappongono. I miti, come i flussi idraulici, rimangono attivi sotto la superficie, modellando la cultura e interagendo con altri flussi di conoscenza. Ogni narrazione culturale contribuisce a plasmare la nostra visione del mondo, proprio come i tubi di un impianto idraulico interagiscono per portare acqua a una casa. L’intero sistema, tuttavia, somiglia più a quello di una città, dove la rete idraulica si è sviluppata nel tempo senza una vera pianificazione unitaria. I tubi originariamente progettati per un determinato scopo possono cambiare funzione o essere riadattati, e nuove connessioni vengono aggiunte in modo disorganico. Come risultato, la rete cresce in modo complesso e stratificato, talvolta creando pressioni inattese o perdite difficili da individuare. Analogamente, il pensiero umano non segue un percorso lineare: è plasmato da stratificazioni storiche e culturali che coesistono, interagendo e talvolta generando conflitti o sinergie impreviste. Anche le idee apparentemente superate continuano a influenzare il presente come substrati attivi, formando nuovi orizzonti di pensiero. La filosofia, in questa visione, non si limita a separare i vari flussi, ma opera come un meccanico che regola e armonizza il sistema per evitare blocchi o sprechi, favorendo così una comprensione più profonda e inclusiva del reale.

Se consideriamo i dilemmi morali contemporanei—la disuguaglianza economica, le migrazioni forzate, la rapida trasformazione tecnologica, il confronto tra culture diverse, la discriminazione basata su sesso, razza o orientamento sessuale—l’approccio di Midgley ci offre una prospettiva più ampia. Invece di irrigidirci in definizioni astratte, potremmo chiederci: quali narrazioni alimentano le nostre convinzioni morali? Quali idee, non sempre esplicite, guidano i nostri gesti quotidiani? In che misura le strutture narrative della nostra società, dalla pubblicità ai grandi miti del progresso, influenzano il nostro modo di concepire il bene comune? Midgley, con il suo sguardo gentile ma penetrante, sembra suggerire che la filosofia, lungi dal giocare un ruolo minore, potrebbe aiutarci a ridare consistenza e autenticità a questi interrogativi.

C’è inoltre la questione della marginalità. Midgley non fece mai parte del gruppo ristretto dei “grandi nomi” della filosofia del Novecento, troppo spesso dominata da figure maschili e da correnti accademiche monolitiche. La sua voce femminile, il suo stile colloquiale e la sua capacità di parlare a un pubblico ampio la posero per lungo tempo ai margini del dibattito filosofico più istituzionale. Eppure, forse proprio questa posizione liminale le ha consentito di scorgere prospettive trascurate, di affrontare il problema morale in modo meno rigido. Nell’era dell’iperspecializzazione, in cui la filosofia rischia di sembrare un gioco tra esperti, la lezione di Midgley è che si può (anzi si deve) filosofare a partire dalla vita di tutti i giorni.

C’è un intimo coinvolgimento, un senso di responsabilità condivisa, nella filosofia di Midgley. Non c’è un solido sistema chiuso, non c’è un dogma. Ci sono piuttosto interrogativi aperti e stimoli per guardare oltre il confine del proprio orizzonte, per cercare di comprendere il valore della diversità morale e culturale, per esplorare le pieghe di un’etica che non si accontenta di dettare regole, ma tenta di invitare alla scoperta di significati.

Se c’è un tema che attraversa davvero l’opera di questa filosofa è proprio il suo incoraggiamento a rallentare, a riconoscere che la realtà è più ricca e complessa di quanto spesso le nostre semplificazioni ci facciano credere. La sua filosofia è un invito a riconsiderare le fondamenta dei nostri giudizi etici, a riconoscere la pluralità degli approcci, a valorizzare la dimensione simbolica e narrativa delle nostre vite, a non disprezzare l’immaginario che ci accompagna, bensì a interrogarlo con sensibilità e rispetto. Ed è con questo spirito che dovremmo forse tornare alle sue parole: non per trovare risposte facili, ma per accompagnarci l’un l’altro in domande nuove, più autentiche, capaci di spingerci a diventare persone un po’ più degne del mondo che abitiamo.

 

 

Corrado Fizzarotti, filosofo e divulgatore, si occupa di etica ambientale, filosofia analitica e comunicazione culturale. Con una laurea magistrale in Scienze Filosofiche e un dottorato in Humanities attualmente fa il ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa, dove si occupa di Epidemiologia Sociale e di disseminazione dei risultati della ricerca. Ha pubblicato libri su Mary Midgley e Italo Calvino, provando ad unire riflessioni filosofiche a temi narrativi. Collabora con diverse riviste, è ideatore di rassegne culturali e di un podcast di divulgazione filosofica.
Note di pubblicazione correlate:
Fizzarotti, C. (2020). Mary Midgley: emozione, filosofia, ambiente. Mimesis; McElwain, G. (2019). Mary Midgley: an introduction. Bloomsbury Publishing; Monteleone, E. (2014). Donne filosofe ad Oxford. Aracne; Midgley, D. (Ed.). (2004). The Essential Mary Midgley. Routledge; Midgley, M. (1984). Animals and why they matter. University of Georgia Press; Midgley, M. (2007). Owl of Minerva: A Memoir. Routledge; Midgley, M. (2013). Science and poetry. Routledge
Le illustrazioni proposte sono dipinti originali di Sibylla Merian, (Francoforte sul Meno, 2 aprile 1647 – Amsterdam, 13 gennaio 1717), naturalista e pittrice tedesca, considerata una pioniera dell’entomologia

 

Quest’articolo fa parte della serie “Il quarto regno”.

Leggi gli altri della serie:  Scrivere la natura ai tempi delle catastrofe ambientali  Paesaggi selvatici di Berlino

 

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