Il mercato dei sogni

di Marco D’Alterio

 

Piazza Lieti si trova al centro della città, ogni domenica alle 9 si tiene un mercato. Questo potrebbe far pensare a un luogo armonioso: ricco di vita, di suoni, di voci. Invece la piazza è cupa, l’aspetto solitario, non v’è l’ombra di una bancarella. Non si odono voci stridule di venditori che propongono pane, vino, frutta o verdura. Non vi sono esposti tessuti, né oggetti di antiquariato. Il clima è come imbalsamato. Se nel resto della città piove a dirotto, oppure il sole splende, a piazza Lieti, il cielo ha sempre lo stesso aspetto: un chiaroscuro con striature di luce giallognola che si infiltra dalla torre con l’orologio (fermo alle ore 9 in punto da sempre) e dalle facciate dei pochi palazzi: bassi, quadrati e disposti a semicerchio. Sulle stesse, vi sono esposti dei cartelloni bianchi.

La merce in vendita è assai rara, poiché a piazza Lieti, di domenica, si vendono sogni. Gli unici due abitanti della piazza sono conosciuti come Don Antonio e don Gaetano. Si tratta di due affaristi che gestiscono anche la piazza del mercato.

Il primo ha un’aria strana con un ghigno impresso sul volto, indossa un vecchio cappotto grigio e fuma il sigaro. Ogni domenica scende di buon’ora con la stessa smania di imbrogliare il prossimo. Il secondo, invece, preferisce fumare la sigaretta, indossa cravatta e giacca a doppio petto. Ha un’aria più pacifica, ma in quanto a meschinità è pari al suo collega.

I clienti? Tutta gente stravagante, l’alta classe dei sognatori con la testa immersa tra le nuvole. Si recano al mercato dei sogni per cercare una mera consolazione da una vita costernata da torti e delusioni.

I due affaristi si piazzano davanti all’ingresso di un vecchio tendone da circo alzato alla bene e meglio: uno a destra e l’altro a sinistra e aspettano con aria stanca e studiatamente disinteressata il sopraggiungere dei clienti. Una volta avuto accesso in piazza, essi, devono prendere uno dei cartelli bianchi e scriverci sopra il sogno che desiderano realizzare.

Anche Don Antonio regge un cartello su cui c’è scritto:

Dateci una moneta d’oro

ed entrate con rispetto e con decoro.

Oggi, sogni e speranze sono realizzate

a poco prezzo e appena entrate.”

Don Gaetano invece, ha il compito di tenere aggiornata la lista dei clienti chiamandoli uno per volta.

Il primo cliente è il pittore delle Madonne, dipinge lo stesso quadro da anni e sogna che la Madonna gli parli, gli basterebbe anche una sola parola per risollevarlo e non si vuol fermare, finché non riceverà la grazia.

Il secondo cliente è una vecchia signora, si trascina dietro un lettino a forma di mezzaluna fatto di cartoni e stoffa variopinta. Sogna che diventi d’oro sopraffino come il letto reale di una regina.

Il terzo cliente è il pianista col turbante. Suona, quasi ininterrottamente, affinché il suo pianoforte diventi un tappeto volante così da permettergli di andare in America da suo figlio emigrante che non vede ormai da anni. A turno entrano tutti. Una fila dietro l’altra di persone.

Quei sogni tracciano il solco alle loro lacrime. Sanno di concedersi soltanto un’illusione, uno sfizio che finirà lo stesso di avvelenarli, eppure ci provano ugualmente. Dopo un paio d’ore si vedono uscire, ad uno ad uno, gli sventurati serpeggiando lentamente nella piazza. C’è chi cammina barcollando e rallegrandosi come ubriaco, chi invece ha espressioni di meraviglia e chi piange e si dispera. Paiono tanti soldati dopo una battaglia, prima tutti speranzosi poi delusi non appena si accorgono che si trattava solo di un fuoco di paglia.

È questo il mercato dei sogni, non da speranza, non da fortuna. Fa sbattere tutti con la testa contro un muro, così da prendere coscienza, almeno quanto basta, di quanto sia amara la realtà.

Si è fatto quasi buio, don Antonio e don Gaetano stanno facendo i conti della giornata quando sopraggiunge un vecchietto in sella a una bici volante. Anche lui deve avere dei sogni nel cassetto, come tutti del resto. Il vecchietto fa un giro intorno al tendone prima di appoggiarsi dinanzi ai due affaristi. Don Antonio appena lo vede gli chiede:

«Come mai alla tua età hai ancora sogni?»

«Io non ho età» risponde il vecchio, «non invecchierò mai, sono come i sogni. Se mi vedete ridotto così è perché, per anni, ho ascoltato i sogni di tutti, ma a differenza vostra, ho cercato di aiutare le persone a realizzarli con il risultato di invecchiarmi e stancarmi così tanto da non avere più la forza di pedalare. Così mi hanno dato una bici volante per continuare il mio lavoro».

«Perché sei qui? Non ti trovo segnato nella lista» gli fa notare Don Gaetano.

«Per dirvi che nella mia lunghissima vita, c’è chi è riuscito a realizzare sogni, ma non è mai stato felice. Chi è stato felice con niente, chi ha sognato la felicità per sempre. Ma voi approfittate della povera gente, ammalata di sogni e fantasia. Ma guardateli: non potete negargli il diritto di sentirsi uguali agli altri».

«Hai una moneta d’oro?» Chiede Don Antonio.

«Avete letto il mio cartello brutti bifolchi?» Risponde bruscamente il vecchio.

In quel momento dall’alto scivola un cartello. I due affaristi leggono:

I sogni non si pagano. Sono diritti”

Il vecchio con la punta del piede scuote l’asta che tiene in piedi il tendone. Nel giro di un secondo i due affaristi si trovano sommersi. Poi arriva prima un acquazzone e dopo un sole cocente. Da qual momento in poi, piazza Lieti cambierà per sempre.

 

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