
11 Mar Ezio Sinigaglia, Contrattempi, Pietre Vive Editore 2025. Una nota di lettura.
di Vincenzo Corraro
Avere per le mani Contrattempi di Ezio Sinigaglia è come ripossedere quei bei libretti d’opera che accompagnavano i vinili o i cofanetti dei Cd musicali. Si sfoglia e si assapora con la stessa riverenza e lo stesso senso di abbandono; con la consapevolezza di trovarsi dinanzi a qualcosa di tecnicamente ineccepibile, oltreché coinvolgente, come i testi delle arie d’opera o delle cantate barocche.
L’analogia non è per nulla peregrina. Ezio Sinigaglia è divenuto ormai un autore di culto, con una finestra aperta sul secolo scorso; conosce le tecniche compositive e la raffinatezza della scrittura che in prosa abbiamo già apprezzato per gli orizzonti originali e sperimentali; e ora in poesia, appunto con Contrattempi (Pietre Vive Editore 2025), siamo nel bel mezzo di un ordito elegante, aulico, disciplinato, che gioca con la lingua proprio come uno schermidore in affondo.
Ciò che appare semplice, piacevole all’ascolto, è in realtà un complesso incastro di tessere linguistiche e di scelte polisemiche che rendono questo poemetto una sorta di serratissimo mosaico sentimentale, che evoca una musicalità che conquista i sensi e il cuore. Poesia per musica, si direbbe. Ritmo, tono e contenuto si intrecciano precisi, in un’arcatura poetica che imbarca tutto lo strumentario delle regole, rendendo la scrittura virtuosa, da leggere ad alta voce. Un mirabile equilibrio di forma, in cui persino le tecniche di contrappunto (anafore, rimalmezzo) possono definirsi un espediente per ricordare i versi, come nella tradizione orale, la cui cognizione si basa su schemi e codici di memorizzazione.
Costruito in tre parti, Contrattempi getta il guanto in levare. Primaria è l’allegoria dell’assenza, che viene declinata attraverso tre figure femminili: l’amata, la madre, la terra (che è un’isola). Un tema cha fa da pendant con l’allegoria del viaggio, già elemento dominante nello splendido romanzo Eclissi.
Nel primo poemetto, in terzina incatenata, le coordinate temporali e spaziali vengono subito annullate dal primo endecasillabo: “Cara compagna del mio contrattempo”. Da qui in poi è tutto un tuffo nel ricordo di una “tradita e tardiva adolescenza”, in cui “si arrostiva il [suo] furore/ di cucciolo affamato”; un invocare l’arte per l’arte che “volge la debolezza in contrafforza” fino a colmare la distanza con la donna amata, da sempre e da tutto assente, ma non nel ‘controcuore’.
Fin’amor e Mimesi. Sinigaglia entra a spada tratta nel gioco e ti incatena. Si diceva della musica. E questo primo poemetto possiede la nitida resa di sonata tripartita. Da un tempo all’altro, dalla giovinezza all’età matura, come una rapida cavalcata (“sul cavallo/ selvaggio della rima”), ripercorriamo il luminoso legame. Lo scopo è di condurre l’amata fra le passioni di un tempo, ora che tutto è cambiato. E grazie a un fortissimo di concentrazione espressiva, colpo su colpo, la poesia finisce per mettere a nudo il protagonista; senza l’elmo, sopravvissuto e consapevole, diventa “padre-figlio” di quel ragazzo assente che la memoria tiene in serbo e per cui “guizza ancora la lisca di un ribelle”. In musica, pensando a un tema tripartito, ora saremmo nel secondo movimento: lo sviluppo, che è quello dell’intensificazione dell’esposizione, suona con dissonanze, affondi introspettivi, accenti malinconici.
Nel processo di tale cambiamento, l’Io domina la materia. L’estensione di un immaginario che si fa epifanico e sensoriale diventa la modulazione, anche ironica (è un altro potente scarto linguistico di Sinigaglia) verso più ampi orizzonti, che non sono solo mentali. A giocare con il passato si rischia l’afasia, il cortocircuito temporale. Invece, proprio perché la ribellione è ancora tutta interiore, la via di fuga è adattare l’inquietudine, un tempo fumantina, all’imprendibile realtà e all’esplosione di un paesaggio selvatico, di stordenti profumi, di “notturni umori” – che sono il grembo di nuove storie e di un rinnovato cercare. Terzo movimento e ripresa del tema, riadattandolo: all’amata non resta che farsi guidare, in una selva di bellezze e di dolcezze, perché l’antica intesa si rinnovi.
Fedele al suo principio d’economia e a uno stile raffinatissimo, anche gli altri due Contrattempi, nella cavalleresca ottava rima, tratteggiano un paesaggio umano e fisico. Con l’infittirsi e il sovrapporsi di immagini che dilatano lo spazio, da una prospettiva ecologica e contemplativa, in cui l’umano è parte armonica di una natura dominante, abbiamo un’altra esperienza imperdibile: “vivo al sole e al mare,/ come un legno argentato dai maltempi/ vecchio al fiorire e giovane al salpare.” (Contrattempo II). L’estasi di un appagamento viene contrappuntato con ricorrenti anafore: “Sono felice, madre.”, intercalare ritmico che colma apparentemente ogni lontananza, mentre l’ossidarsi di un estetismo sentimentale, che pare dannunziano, pervade tutto il canto. L’amore filiale completa una sinfonia di elementi che nutrono il poeta. Come nel primo Contrattempo, anche qui abbiamo dei momenti confidenziali. Con la stessa tecnica di adattare la lingua sempre più aderente all’immagine, ricca e iconografica quando abbraccia il mitografico paesaggio; tagliente e commovente nei raccordi più personali: “Ho amato un figlio, madre, senza averne.”
Così è nel terzo Contrattempo, dedicato all’isola. Il gioco cromatico abbraccia tutte le stagioni del diario lirico, puntellato da un tormentato rapporto con i luoghi (isola dura/isola dolce), espresso attraverso l’ampio campionario della bellezza e relativo rovescio metaforico. Eppure è un paesaggio sfuggente, ritroso, del ‘controincanto’, in cui il poeta si sente non pienamente accettato. Sospeso in questa condizione inappagata, che ha tratti spirituali, si tende a una ricostituzione della mancanza attorno a un ambiente naturale verso cui anche, se torna “scalza l’eco”, l’attrazione rimane. Così non vengono nascoste le ferite, le tare dell’esistenza, gli inceppi dei sentimenti: la natura svela, nell’eterna tensione di raggiungerla.
Ezio Sinigaglia è un irregolare nel panorama letterario italiano, un artigiano della parola capace di fondere nelle simmetrie sinuose delle sue opere un marchio inconfondibile, cui la critica riserva giustamente ogni elogio. Uno straordinario scrittore che ha fatto del virtuosismo una chiave di lettura delle tensioni umane e dell’inesplorato. In Contrattempi la lettura è puro godimento. Per la perizia che ha per il suono e per la voce, Sinigaglia si prende cura della cosa più preziosa che abbiamo: la nostra lingua. E come un bravo spadaccino sa come condurre il gioco. Prima di affondare il colpo.
I tre poemetti sono stati scritti tra il 1994 e il 1997. L’elegante edizione di Pietre Vive Editore contiene, in perfetto accostamento cromatico con le tonalità delle poesie, anche quattro illustrazioni pittoriche di Anna Salomoni.
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