
24 Mar “Come un animale senza nome”, l’eco di Pier Paolo Pasolini
di Paola Nitido
A più di cento anni dalla sua nascita, Pier Paolo Pasolini interroga il nostro presente in Come un animale senza nome, spettacolo polifonico diretto e interpretato magistralmente da Lino Musella, con la drammaturgia di Igor Esposito e le musiche di Luca Canciello. L’anima e la vita del poeta riecheggiano in questo lavoro teatrale in cui da poesie, interviste e articoli emerge un ritratto del poeta corsaro e del suo indomabile coraggio. Lo spettatore intraprende un viaggio di scoperta nell’energia espressiva della voce resa viva da Esposito da sempre legato all’opera di Pasolini. Fra i suoi ultimi lavori, lo spettacolo-concerto si inserisce in alcune incursioni drammaturgiche, dell’autore napoletano, legate alla poesia come El blues di Loi dedicato al grande poeta Franco Loi con Milvia Marigliano e il musicista Ciro Riccardi, I poeti selvaggi di Roberto Bolaño. Indagine su cittadini poco raccomandabili con Daniele Russo e all’Orlando saltato, finalista al Premio Pergola Teatro della Toscana. Fino alla ripresa di Radio Argo, divenuto uno spettacolo cult, con la regia e l’interpretazione di Peppino Mazzotta, musiche di Massimo Cordovani, accompagnato in scena da Mario Di Bonito. Un’Orestea contemporanea caratterizzata da una potente lingua lirica, andata in scena recentemente al Teatro India di Roma.
Paola Nitido – Pier Paolo Pasolini è ispirazione e modello della tua scrittura drammaturgica e poetica a partire dal componimento Le ceneri di Pasolini pubblicato nel volume La memoria gatta (Magmata, 2019). Il grande poeta Elio Pecora dice che nella tua scrittura in versi gli “eccessi pasoliniani” trovano una “insperata misura”.
Quanto è importante il rapporto con il poeta friulano per la tua scrittura?
Igor Esposito – Pasolini è stato uno dei miei primi maestri di vita. Lo iniziai a leggere da ragazzino e mi impattò la sua poesia incendiaria e profetica. Folgorato dal poeta di Casarsa iniziai ad indagare tutta la sua vastissima e polifonica opera, scoprendo l’intellettuale rivoluzionario, lo studioso e il critico. Conosceva meravigliosamente la grande tradizione letteraria e artistica italiana, del resto fu allievo del grande storico dell’arte Roberto Longhi. Fra gli insegnamenti che mi ha lasciato c’è soprattutto l’importanza dello studio dei classici che è indispensabile per divenire poeta e per raggiungere una scrittura di qualità. Ho avuto il privilegio di conoscere Laura Betti perché lesse e apprezzò le mie poesie. Questa grande attrice, che Pasolini definì in una lettera la sua moglie non carnale, una volta mi disse che un poeta non è di tutti, ma di chi lo studia. Chi scrive, a mio avviso, non può ignorare Dante, Boccaccio, Ariosto fino ad arrivare ai grandi autori del Novecento, altrimenti la sua scrittura sarà piatta, priva di ritmo e musicalità. Invece, una scrittura degna rimodula la lingua della tradizione facendola propria perché, come diceva Eduardo De Filippo, la tradizione è la vita che continua.
PN – Come un animale senza nome porta sul palco la vita, la poetica e lo scandalo di Pasolini attraverso un’autobiografia in versi che riprende il suo poema Poeta delle ceneri. Com’è nata l’idea di questo progetto? E in che modo hai lavorato sul testo di Pasolini?
IE – Il progetto nasce da una commissione a Lino Musella da parte dell’Associazione Cronopios e dal Museo della Memoria per Ustica che da anni organizza una serata-spettacolo legata alla poesia. La prima messa in scena, infatti, è stata a Bologna, nello spazio antistante al Museo. Musella, conoscendo il mio amore per l’opera di Pasolini, mi ha chiesto di collaborare al progetto e così la drammaturgia è nata dal nostro dialogo e da una profonda amicizia e stima. Il titolo dello spettacolo me lo ha suggerito Lino e ogni suo suggerimento è oro, perché Lino possiede una sapienza teatrale e drammaturgica fuori dal comune. Il titolo è tratto dal poemetto La realtà compreso in Poesia in forma di rosa: «E ora sono qui solo come un animale / senza nome: da nulla consacrato, / non appartenente a nessuno, / libero di una libertà che mi ha massacrato». L’ossatura della drammaturgia è il poema autobiografico Poeta delle ceneri e poi ho inserito poesie e articoli giornalistici fra cui Cos’è questo golpe? Io so (1974), Il Processo (1975) ed estratti di diverse interviste, tra cui quella che Furio Colombo fece al poeta Siamo tutti in pericolo (1975).
PN – Nello spettacolo Lino Musella recita le parole del poeta corsaro che di sé dice: “Sono una forza del passato” e poi “mi aggiro/più moderno di ogni moderno / a cercare fratelli che non sono più”. Pasolini è un’anima del passato che viene dal futuro, grida innocenza quando pronuncia il suo “J’accuse”, ma quando si riferisce ai tempi che vive sembra parlare anche dei nostri.
A più di cento anni dalla sua nascita, cosa rende ancora così attuale la sua voce?
IE – “Io sono una forza del Passato / solo nella tradizione è il mio amore / Vengo dai ruderi, dalle Chiese, / dalle pale d’altare, dai borghi, / dimenticati sugli Appennini o le Prealpi, / dove sono vissuti i fratelli (…) Più moderno di ogni moderno”. Questi versi appartengono alla poesia 10 giugno contenuta nella raccolta Poesia in forma di rosa (1961-1964) che è molto importante per capire il rapporto attivo di Pasolini con l’antico e la tradizione, vissuti come un impulso che spinge ad andare verso la modernità. La voce di Pasolini è estremamente contemporanea perché lui negli anni ʼ70 aveva già capito come sarebbe diventato il mondo. Nell’intervista a cura di Furio Colombo dice che la vera tragedia è che non ci sono più esseri umani ma strane macchine che si scontrano l’una con l’altra. E quando Enzo Biagi gli chiede se nutre speranza lui risponde che la parola speranza è stata cancellata dal suo vocabolario. Inoltre, ciò che Pasolini aveva previsto negli anni ʼ70 si è avverato: la spoliticizzazione del Paese e una imperante omologazione che oggi ritroviamo nella nostra “società egotica” in cui impera il cinismo e l’azzeramento assoluto di pensiero critico sinonimo di complessità.
PN – In queste tue due ultime drammaturgie la musica si intreccia al testo e fa viva la narrazione come espressione di un unico respiro. Mi riferisco allo spettacolo che ho avuto modo di apprezzare al Festivaletteratura di Mantova: I poeti selvaggi di Roberto Bolaño. Indagine su cittadini poco raccomandabili con Daniele Russo e le musiche di Massimo Cordovani e a Come un animale senza nome in cui il set di Luca Canciello accompagna la voce di Musella. La scena al centro è vuota e i due artisti sono di fronte, ai lati del palco, in una prossemica dialogica che evoca una conversazione fra musica e drammaturgia. Come lavori per integrare musica e parole?
IE – Per realizzare lo spettacolo I poeti selvaggi di Roberto Bolaño. Indagine su cittadini poco raccomandabili c’è stato un forte scambio con il musicista e compositore Massimo Cordovani che ha fatto un grande lavoro di ricerca spinto dalle mie sollecitazioni e ha rimodulato musicisti latino-americani da me amatissimi come Víctor Jara, Charly García, Fito Páez, in Italia quasi sconosciuti, e ha inserito sue composizioni originali.
Per quanto riguarda Come un animale senza nome, la creazione musicale riguarda soltanto Luca Canciello e Lino Musella che hanno dato vita a una partitura musicale in dialogo con la partitura testuale. E credo che la musica elettronica contemporanea composta dal maestro Canciello amplifichi ancora di più, attraverso una declinazione ossimorica, la potenza dei testi di Pasolini.
PN – Pasolini ci spinge a una rottura contro la quotidianità appiattita a cui contribuisce la televisione, come scrive sul Corriere della Sera nel 1975. Si può estendere il suo ragionamento ai social media che contribuiscono a scoraggiare un pensiero critico e originale diverso da ciò che propongono gli algoritmi? Che fare?
IE – Condivido la riflessione fra la televisione e i social media: il processo di “rincoglionimento” si è accelerato negli ultimi anni in maniera davvero incredibile. I social sono valvola di sfogo della cretineria frustrata, dove ogni giorno la cretina o il cretino di turno ci propina la sua “opinioncina” politica o di costume. La mia visione apocalittica è vicinissima a quella di Pasolini. Si lotta giorno per giorno, ma senza speranza perché, come diceva Monicelli, è un’invenzione dei padroni. Inoltre, Pasolini, a ragione, diceva che in Italia “regna la borghesia più ignorante d’Europa”; ma oggi all’ignoranza bisogna sommare la regressione del popolo italiano a un’età infantile, adolescenziale, come mostrano i social, per cui quando si cerca la complessità critica si viene malvisti, difatti ai bambini piacciono le favolette rassicuranti. Un pensiero dissidente ha ancora meno spazio rispetto agli anni ʼ70. Da questo punto di vista, resto in quegli anni quando la dissidenza cercava di modificare le istanze economiche della società. Per me l’unica questione che conta, dal punto di vista politico, resta quella marxista: combattere e denunciare lo sfruttamento dell’uomo rispetto a un altro uomo. Il neocapitalismo ci mette davanti agli occhi in maniera eclatante ciò che diceva Marx ovvero che le società e gli Stati dominanti, dietro una parvenza di democrazia, sono organizzazioni economiche oligarchiche che si basano sullo sfruttamento di esseri umani, spesso ridotti a servi. E che l’approdo del neo capitalismo, per sua natura, è la guerra. Il dissenso vero, allora, deve incidere sui meccanismi di produzione altrimenti non crea fastidio, e dovrebbe colpire in primis i grandi poteri economici. Per essere ancora più espliciti le questioni sessuali o di genere, che oggi portano in strada centinaia di giovani, sono solo un’appendice narcotizzante che non dà fastidio al potere oligarchico e al regime democratico della società dei consumi.
NOTE:
COME UN ANIMALE SENZA NOME
in scena in Sala Assoli-Moscato, Napoli, dal 6 al 9 Marzo 2025
testi di Pier Paolo Pasolini
un progetto di e con Lino Musella
musiche originali di Luca Canciello eseguite dal vivo
drammaturgia Igor Esposito
produzione La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello – Cadmo
La foto di Igor Esposito è opera del fotografo Riccardo Siani.
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