
07 Apr La quête di Silvia Cini: orchidee spontanee per una nuova arte del vedere
di Daniela Maurizi
La ricerca artistica contemporanea si interseca sempre più spesso con le domande urgenti del vivere oggi: qual è il fine ultimo dell’opera d’arte e cosa significa essere artisti nelle attuali gravi crisi politiche ed ecologiche.
Silvia Cini mette al centro della lavoro artistico la ricerca delle interdipendenze, nella cultura e nella quotidianità, fra vita umana e vita non umana e lavora alla ricucitura di un dialogo fra esse in una prospettiva non più antropocentrica; conducendo una azione di cura e salvaguardia delle orchidee selvatiche l’artista ci presenta la sua storia visionaria di cacciatrice di immagini per un futuro a venire.
Il libro, curato da Alessandra Pioselli, è la storia delle sue ricerche e del suo lavoro, corredato da accurati interventi storici, scientifici e urbanistici – Fabio Attorre, Carla Subrizi, Riccardo Venturi, Carlo Fratarcangeli, Michele Cerruti But oltre alla curatrice e all’autrice – e da immagini di grande impatto per quella bellezza sconosciuta delle orchidee che va oltre il fascino esotico e ce le mostra come agenti attivi dell’ambiente e per questo ci stupiscono e ci interrogano.
Le orchidee sono piante epifite ( che cercano il sostegno di altre piante per vivere),sono capaci di colonizzare in ambienti diversi ( quindi con grande capacità di adattamento), vivono in associazione simbiotica con i funghi ( il fungo apporta acqua e l’orchidea rende disponibili i prodotti della fotosintesi quindi in rapporto collaborativo) e hanno sofisticati meccanismi di riproduzione attraverso un processo di mimesi con i loro impollinatori.
Suggestive e affascinanti le immagini che ce le mostrano assumere forme di insetti, uccelli e, a volte anche antropomorfe.
Esse sono importanti indicatori ecologici perché hanno un ciclo vitale molto lungo e per le loro caratteristiche collaborative.
Carlo Fratrcangeli
Con la loro straordinaria diversità e capacità di adattamento, sono il punto di partenza del progetto Avant que nature meure, già esposto a Budapest, Monaco di Baviera e Roma, che si è ispirato alle pitture di orchidee spontanee nella campagna romana realizzate dal paesaggista Coleman (1846-1911) e che esplora il rapporto tra uomo e natura, con un focus particolare sull’ambiente urbano di Roma.
L’artista ha camminato per i quartieri della città che prima erano coltivi e ora popolati, ha perlustrato per 8 anni fioriture di rovine ma anche spazi interstiziali di incolto non addomesticato alla ricerca dei luoghi di fioritura delle orchidee, raccogliendo foto documentariue e reperti per “perdersi nel selvatico che è dietro casa”: fine ultimo di queste attività è attivare la percezione e promuovere la conoscenza degli habitat liminali, luoghi di confine, componendo così una mappatura viva, condivisa e continuamente in fieri. Infatti questa mappa fa parte di un progetto collaborativo di ricerca dove tutti possono segnalare luoghi di fioritura in una open call e in questo modo viene promossa la partecipazione estesa alla produzione di conoscenze.
Tuttavia il progetto Avant que nature meure non si limita alla sola ricerca delle orchidee ma continua su un piano di azione ambientale: l’artista plasma fiori e bulbi in argilla cruda, restituendoli alla terra come segno di impermanenza, e utilizza la galvanoplastica in rame per creare “segna-sfalcio”, interventi che segnalano la presenza di fioriture affinchè “ queste aree non siano solo luoghi di degrado ma anche risorse, cambiando le tempistiche dello sfalcio.”
L’azione si fa politica e induce a riflettere sulla nascita di spazi abbandonati in seguito alla deindustrializzazione e sul loro ruolo: proiettandosi in un futuro occorrerà sempre di più pensare a una urbanistica relazionale dove umani e non umani interagiscono mutualmente e cambiare in questo modo l’idea del paesaggio che da oggetto diventa agente. ( Cerruti But).
“C’è chi cerca orchidee spontanee, io le incontro e nell’incontrarle il fascino di queste minuscole piante, capaci di riprodurre la forma, il colore e l’odore di un animale a loro legato per l’impollinazione, che possono vivere solo in simbiosi con le ife dei funghi, silenzioso mutuo appoggio, mi ha distratto del rumore del mondo. Perché in loro il messaggio silenzioso della natura si cristallizza in forma e questa mi lascia inerme a cercare risposte sul dialogo interrotto fra regni.”
Silvia Cini
Vagabondaggio, perdita del centro dell’io artistico che si spoglia del potere di dire, decifrare, interpretare la natura, queste sono le nuove coordinate di una prospettiva che da antropocentrica diventa ecocentrica.
L’opera d’arte nuova quindi è pensata per essere collettiva, in uno spazio non delimitato che va percorso, l’oggetto va cercato in una sogno immaginario, in quel paradigma parsifaliano del cercare senza trovare e trovare senza cercare, seguendo una nuova politica dello sguardo per la quale bisogna chiedersi non cosa guardare ma come guardare.
Uno sguardo trasversale, obliquo, che riguarda in modo profondo la vita dell’artista, chi essa/o è e come vuole vivere su questa terra spogliandosi di ogni velleità eroica.
E a proposito di Parsifal e la sua quête , mi piace ricordare la storia del re Anfortas, custode del Graal , calice che potrà avere solo chi porrà la giusta domanda. Così viene narrata nel film Il re pescatore.
“Da giovane, il re vede la visione del Graal in un falò. Ossessionato dal pensiero del potere, della fama e della bellezza, lo afferra e si brucia la mano. Con il passare degli anni, la ferita diventa sempre più grave e il re diventa vecchio e malato. Un giorno, uno stolto arriva al castello, vede l’uomo malato ma non lo riconosce come il re e gli chiede: “Che cos’hai, amico mio?”. Il vecchio risponde che ha sete e ha urgente bisogno di acqua. Lo stolto prende una tazza, la riempie d’acqua e la porge al re. Quando il re ne beve, la sua ferita guarisce e gli tornano le forze. stupito gli chiede: “Come hai potuto trovare qualcosa che i miei più coraggiosi e saggi non hanno trovato?”. Lo stolto risponde: “Non lo so. Sapevo solo che avevi sete”.
Le domande sulla natura non sono solo scientifiche ma vanno nel profondo dell’essere umano, che troverà se avrà occhi per guardare davvero.
NOTE:
- Questo è il link dove si possono vedere ma anche inserire avvistamenti di orchidee nell’area urbana di Roma: https://avantquenaturemeure-cini.it/mappatura-delle-orchidee/
- Per una biografia dell’artista e dell’intero progetto: https://avantquenaturemeure-cini.it/
Quest’articolo fa parte della serie “Il quarto regno”.
Leggi gli altri della serie: Scrivere la natura ai tempi delle catastrofe ambientali Paesaggi selvatici di Berlino
Attivismo e cultura antispecista: la poesia iperrealistica di Teodora Mastrototaro
No Comments