Spazio Donna Zen di Palermo. In dialogo con Vivian Celestino e Lara Salomone

 

a cura di Ivana Margarese

 

Lo Zen  di Palermo è un quartiere estremamente complesso e difficile da descrivere, eterogeneo nella sua composizione ed estremamente stigmatizzato. Le istituzioni sono pressoché assenti, il quartiere è sempre sporco, non esistono spazi pubblici di socialità come piazze o parchi e si vive una forte sensazione di abbandono ma la gran parte delle persone che abitano lo Zen hanno una grandissima voglia di cambiamento e desiderano vivere in un luogo dignitoso.
Lo Spazio Donna nasce  nel 2014 proprio sulla scia di questo bisogno per offrire uno spazio di incontro alle donne del quartiere. Col tempo questo luogo è cresciuto ed è diventato risorsa preziosa per il quartiere e per la città di Palermo. Qua è stata creata anche una biblioteca che porta il nome di LUCY, la nostra prima antenata. Abbiamo parlato di questo luogo che richiede impegno e dedizione da più parti con Vivian Celestino e Lara Salomone, che ringraziamo.

 

Come è nata l’associazione Handala ? Che scopi aveva e qual è stato il suo sviluppo?

 L’associazione Handala è nata nel 2008 da un gruppo di operatori sociali che ad un certo punto hanno sentito l’esigenza di creare uno spazio tutto loro per progettare e portare avanti percorsi nei quartieri popolari della città di Palermo. L’obiettivo di Handala è sempre stato quello di contrastare qualunque tipo di discriminazione e di lavorare per garantire diritti alle persone che vivono in condizioni di disagio. Dal 2008 l’associazione ha sviluppato diversi progetti nell’ambito del contrasto alla povertà educativa, alle discriminazioni di genere, al razzismo in un’ottica mai assistenzialista, ma puntando alla partecipazione e alla creazione di percorsi di autonomia.
Oggi Handala ha progetti attivi nei quartieri Zen, Kalsa e Albergheria (Ballarò), porta avanti percorsi di rete che coinvolgono diversi altri quartieri periferici come il Carnevale sociale e Mediterraneo antirazzista. L’educativa di strada è il principale strumento di coinvolgimento e l’attivazione di centri aggregativi e spazi di socializzazione

Come si intreccia l’associazione all’attività dello Spazio donna Zen?

Lo Spazio Donna è nato nel 2014 da un bisogno che è stato letto allo Zen 2 di Palermo. Fino a quel momento l’associazione aveva lavorato solamente con minori, ma ci siamo resi conto che per potere veramente realizzare percorsi di cambiamento era necessario lavorare anche con le famiglie e soprattutto con le madri che sono la parte genitoriale che più si occupa dell’educazione dei figli e delle figlie.
Lo Spazio Donna è la risposta che abbiamo trovato, un luogo accogliente dove scoprire attitudini, dove ascoltare i propri desideri, fare progetti per il futuro e acquisire competenze per realizzarli. Tutto questo attraverso il confronto tra donne e la crescita collettiva.


Nello spazio donna Zen  c’è una biblioteca delle donne “Lucy”.  Potete dirci qualcosa di questa esperienza?

 LUCY, la prima Biblioteca delle donne dello Zen è un’iniziativa dell’associazione Handala nata grazie al contributo della Fondazione Haiku che ha accolto il nostro progetto di Alimentazione culturale nel 2020 per far fronte a bisogni materiali emersi con più forza durante l’emergenza Covid, ma anche per nutrire l’aspetto culturale, creativo e relazionale che ha rappresentato il punto di forza delle nostre attività in questi anni con le donne. Lucy ha preso forma con l’acquisto di una prima fornitura di 60 libri.
I libri sono stati subito presi in prestito dalle donne e dalle ragazze del quartiere, spesso recapitati direttamente a casa, quando le restrizioni non consentivano loro di uscire. La promozione di Lucy è continuata e il catalogo si è arricchito grazie alla donazione di testi di letteratura femminile dell’associazione booq, che ha attiva una biblioteca di quartiere nel quartiere kalsa e che sta avviando il progetto delle biblioteche diffuse in città a partire dal suo patrimonio librario. In occasione della presentazione alla città nel mese di aprile del 2022, le scrittrici Carola Susani e Elena Stancanelli hanno svolto un reading di testi del loro libro Mamma non mamma che ci hanno poi donato, insieme a tanti libri che, in quella occasione, tutte le donne presenti hanno regalato a Lucy. La biblioteca Lucy, grazie ai progetti di promozione della lettura nelle scuole, ha raggiunto tante classi della scuola media del quartiere e ha dato il via ad una sezione specifica di letteratura per ragazze e ragazzi. Lucy ha promosso la presentazione di libri, un’occasione per le donne che frequentano lo Spazio donna, per confrontarsi con autrici e autori su temi molto vicini alla loro vita.
Lucy come il nome dato ai resti dell’australopiteco ritrovato nel 1974 in Etiopia, la nostra antenata più antica, un segno certo della presenza di un essere di genere femminile sulla terra, ci ricorda un dato scientifico dal quale partire senza influenze di altro tipo, quell’essere donne che, attraverso i millenni, hanno solo fatto passi avanti.

 

Come descrivereste il quartiere Zen. C’è tra gli abitanti a vostro parere uno spirito di comunità?

Lo Zen è un quartiere estremamente complesso, molto difficile da descrivere, eterogeneo nella sua composizione ed estremamente stigmatizzato. Non vogliamo fare descrizioni semplicistiche in cui fare apparire tutto bello per contrapporsi ai giudizi sempre negativi che vengono espressi su questo quartiere, ma non possiamo non mettere in luce il fatto che la gran parte delle persone che abitano lo Zen hanno una grandissima voglia di cambiamento e desiderano vivere in un luogo dignitoso. Le istituzioni non fanno la loro parte, il quartiere è sempre sporco, non esistono spazi pubblici di socialità come piazze o parchi e si vive una forte sensazione di abbandono.
Di contro esiste un grande spirito di comunità e solidarietà tra le persone, vi sono reti che permettono il non abbandono degli anziani per esempio.
Durante la pandemia, quando molti abitanti avevano difficoltà anche a mangiare, abbiamo assistito a una grande sensibilità e un forte senso di solidarietà.
Questo emerge anche all’interno dello Spazio Donna, dove le donne che frequentano le attività si mettono a disposizione per sostenere le altre nei momenti difficili.

Parliamo delle donne dello spazio. Donne diverse, con storie anche forti alle spalle. Donne diventate spesso madri troppo giovani o che al di fuori della propria famiglia non hanno altre relazioni. Per questo motivo si organizzano incontri settimanali per creare reti amicali e sociali attraverso la condivisione di esperienze e vissuti. L’amicizia e la rete tra donne è nella vostra esperienza portatrice di idee e azioni nuove, può generare cambiamenti?


La collaborazione finalizzata alla realizzazione di un progetto comune è alla base del lavoro dello Spazio donna, questo permette ad ognuna delle donne presenti di ritrovarsi in un luogo altro rispetto quello che vivono quotidianamente. Qui il giudizio è sospeso, l’ascolto è alla base di ogni nuovo incontro e relazione, la condivisione dei saperi e delle esperienze arricchisce chi le condivide e chi per la prima volta scopre modi nuovi di vivere le relazioni di coppia, quelle familiari o lavorative, attraverso i racconti di altre donne. Si condividono progetti, attraverso la realizzazione di oggetti come quelli della sartoria o l’allestimento di spettacoli teatrali, tutto è intriso delle storie che ogni donna porta e condivide. Nascono amicizie che vanno oltre i momenti che viviamo insieme, rapporti che creano quella rete necessaria, quel sostegno sincero di cui ognuna ha un forte bisogno.


Mi piacerebbe aver raccontata una storia avvenuta dentro lo spazio che è stata per te occasione di rinnovamento.

È difficile pensare alla storia di una donna, ci vengono in mente moltissime storie di donne che hanno attraversato lo spazio donna e che hanno dato un senso al nostro lavoro e a quel luogo. Donne che rinnovano il loro modo di pensare e di vivere le relazioni e la quotidianità. Potremmo parlarti di una delle prime donne che abbiamo incontrato, Lucia ha fatto con noi un percorso di due anni, ha rivoluzionato la sua genitorialità, ha scoperto di avere un sacco di competenze, ha preso la licenza media con noi e adesso ha un lavoro.
Oppure di Maria, che non aveva mai avuto delle amiche, era timidissima, insicura e impaurita da tutto, poi ha iniziato a frequentare il laboratorio teatrale e si è esibita davanti a un numeroso pubblico insieme alle altre donne del corso.
Ogni donna che abbiamo incontrato in questi anni ha fatto un percorso che meriterebbe di essere raccontato.


Come viene affrontata la questione violenza all’interno dello spazio tra donne? Quali attività sono state un vero successo e quali sogneresti di fare?

 Il tema della violenza di genere emerge continuamente dai racconti delle donne che parlano delle loro vite o che raccontano storie e fatti che riguardano le vicine di casa, le sorelle, le amiche. La violenza di genere purtroppo è una questione molto diffusa perché in questo quartiere, come  in molti quartieri popolari, all’interno delle famiglie i ruoli sono molto ben definiti e stereotipati secondo un modello che vede l’uomo come capofamiglia e la donna come sottoposta. In questo schema culturale spesso la violenza diventa modalità relazionale e talvolta sfocia in episodi che rendono la vita di alcune donne un vero inferno. Oltre allo sportello di ascolto psicologico dove spesso questo tema viene affrontato individualmente, organizziamo periodicamente incontri con gruppi di donne che in città si occupano di contrastare questo fenomeno come “Le onde” e “Non una di meno”. In queste occasioni le donne hanno modo di meglio comprendere quali servizi esistono in città per chi vuole uscire da situazioni di violenza, ma soprattutto hanno la possibilità di scoprire quali sono le forme di violenza e come lavorare per la propria autodeterminazione.

Se doveste dire cosa vi ha insegnato  questo lavoro?

Quando abbiamo immaginato lo Spazio Donna abbiamo pensato a un luogo dove anche a noi operatrici sarebbe piaciuto stare. Spesso non abbiamo la possibilità di avere luoghi di confronto reale, dove aprirci veramente e abbassare le difese perchè sentiamo di non essere giudicate ma solamente accolte per quello che siamo, dove scoprirci e dare davvero fiducia. Ci ha fatto capire quanto la diversità espressa sia un modo per avvicinare le persone e non allontanarle. Quanto le diverse esperienze arricchiscano tutte. Ci ha fatto scoprire il potere e la forza delle donne, quanto l’unione delle donne possa generare cambiamento e benessere. Quanto ogni donna, anche quella che vive le situazioni più estreme di disagio, sia capace di tirare fuori il meglio di se e metterlo a disposizione della comunità, se solo trova le condizioni giuste per potersi esprimere.

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