Isole di celluloide

di Domenico Rizzo


Ho recuperato in una notte di fine agosto
La primavera della mia vita di Zavvo Nicolosi, che ha goduto di un buon passaggio in sala sulla scia dell’ultima edizione del festival di Sanremo prima di essere messo a disposizione su Prime. Partendo dal road movie interpretato dai cantautori Colapesce e Di Martino cercherò di tracciare un percorso di celluloide, sviluppare insomma un itinerario filmico ricco di titoli che hanno narrato, descritto, indagato e interpretato – isole comprese – la Sicilia.

Tela di mediterranea bellezza, terra di arcana malia, territorio di esplorazione geografica e spirituale, dimensione sospesa nel tempo tra memoria radicata e progresso identitario: una realtà bifronte, frammentaria eppure coesa, gaudente mistero che si rivela alla mente e al cuore dei suoi abitanti e dei visitatori che giungono da ogni continente. Seguiamo Lorenzo e Antonio lungo le strade assolate che portano dalla provincia palermitana allo stretto messinese, aggiungendo alcune tappe letterarie come A ciascuno il suo e Il giorno della civetta, tratte da Leonardo Sciascia e adattate rispettivamente da Elio Petri e Damiano Damiani, dove impegno civile e indagine psicologica si intrecciano per sciogliere il nodo gordiano della complessità individuale e collettiva. Non può mancare Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, trasposto da Luchino Visconti nella sontuosità dello schermo panoramico acceso di colori brulli alternati ai toni decadenti – a tratti cupi – delle vicende riguardanti don Fabrizio, che accetta l’ordine del ciclo esistenziale, la caducità temporale e il timore reverenziale nei confronti dell’ignoto al termine della sua permanenza terrena.


Trova spazio anche la satira di costume nel dittico
Divorzio all’italiana e Sedotta e abbandonata firmato da Pietro Germi, così come nelle scanzonate vicissitudini di Ficarra e Picone all’interno della loro vivace filmografia. Giunge il momento di salutare i nostri compagni di viaggio sulle note della loro musica leggerissima per salire a bordo di un traghetto dove Nanni Moretti si prepara a girare il secondo capitolo di Caro diario. Lipari, Salina, Stromboli, Panarea e Alicudi si svelano nelle loro meraviglie naturali e nelle recenti contaminazioni urbane, telefoni e televisori distraggono e interferiscono nella ricerca di un insieme che possa essere colto nella sua unicità. La sfuggente fascinazione delle Eolie si palesa tra le parole scritte con biro blu sulle righe di una documentazione introspettiva, osservazione lucida dei tempi moderni che stravolgono il senso del viaggio interiore e della scoperta del mondo circostante, l’affermazione del sé di fronte a nuovi orizzonti, la comprensione di molteplici realtà che si diramano in contraddittori aspetti.


Alle Pelagie viene dedicato lo sguardo di Costanza Quatriglio sui due giovani fratelli che si affacciano alla vita nel L’isola di Favignana, Emanuele Crialese ritrae nelle Egadi l’inquieta Grazia in Respiro (Lampedusa) e osserva la Terraferma (Linosa) che accoglie con apparente distacco anime erranti in cerca di asilo e solidarietà. Comune denominatore di queste pellicole il fattore primigenio dell’ambiente insulare, tra indiscindibilità di legame al suolo natio e predisposizione al cospetto dell’estraneità che irrompe nella monotonia del quotidiano. Come diamante grezzo di inestimabile valore l’isola e le isole si manifestano nelle loro infinite facce, soglie di dimensioni alternative e parallele che costituiscono un macrocosmo a sé stante, foriero di incantevoli miraggi e aspre peculiarità. Affermava Goethe che in questa terra sta la chiave di tutto, non solo dell’Italia ma – piace pensarlo – del mondo finora conosciuto. Una chiave che permetta di aprire tutte le porte, superando gli ostacoli della diffidenza e del pregiudizio, e consentire il prosieguo di un cammino che si prospetta interminabile ma carico di sorprese e rivelazioni che colmino lo spirito.

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