25 Ott Eloisa Ticozzi, “L’albero dell’infanzia”
di Giorgio Galli
L’albero dell’infanzia è la prima raccolta poetica di Eloisa Ticozzi, ed è un tipo di poesia che non s’inscrive in nessuna delle categorie tipiche dell’odierna poesia italiana, la lirica e la sperimentale, ma nemmeno presenta il carattere confessionale caratteristico di tanta poesia naif. Si presenta piuttosto come una poesia gnomica, sapienziale, scritta, più che in versi, in versetti, sempre sul crinale della prosa. Da essa si distaccano immagini di un dolore così genuino ed espresso in forme così pure da risultare universale: “Non ho partecipato alle doglie della terra”, “Sono cresciuta in un tempo scandito / dalle metamorfosi veloci / e dai ritmi voraci”, “Ogni bambino conosce il dramma della nascita / nell’abisso di sé”. Dove non cade in un eccesso di rimuginazione, in una riflessione in versi su una tematica astratta o personale, troviamo in questo breve libro picchi di una forza espressiva primordiale, che ci ricorda come la poesia nasca vicina alle espressioni originarie del processo di significazione umano: il canto, il grido, la preghiera. Ed è su questa strada che ci si può attendere, dalla giovane autrice, nuovi e più alti esiti poetici.
Da L’albero dell’infanzia (Il Convivio, 2023)
Un’ora dissipa i suoi minuti
nel tempo mobile e veloce.
Io riunisco le mie voci in un’eco
(un’estasi superiore),
le chiamano dissonanze,
io le ritengo personalità poliedriche.
Il mio primo pensiero fu la razionalità
di chi mi stava intorno,
il mio secondo pensiero fu quello
del disincanto e della sensibilità.
Non ho partecipato alle doglie della terra,
però ho accolto la sua stirpe d’animali e di alberi
con sollecitudine antica
(con sollecitudine ravvivata dall’amicizia).
*
Prima c’era il lunedì dei ritrovi cittadini,
dell’azione fissa
e concentrata sul fine da perseguire,
poi il sabato del riposo e della contemplazione.
Sono cresciuta in un tempo scandito
dalle metamorfosi veloci
e dai ritmi voraci.
Ora cerco il silenzio in un’oasi immaginaria
in un universo musicale che fa girare il suo bacino
di stagioni senza mutamento di foglie.
Cerco l’entropia intima
che conosca tutti i miei sotterfugi
e pensieri senza mani che li compiano.
*
Ogni bambino conosce il dramma della nascita
nell’abisso di sé,
conosce che dovrà infrangere i segreti,
far morire la vita per rinascere in una costellazione
di pura notte.
La vita spiega tutto con parsimonia,
fa crescere in noi tresche e amori,
ci domina di sesso e di spirito
e termina con occhi chiusi e stanchi.
Ritorneremo a vivere in spighe
in un terreno fertile e ansioso,
ma l’anima sarà parte
di un compito arduo e misterioso.
Smetteremo
di approfondire l’esperienza in terra dopo la morte,
ma avremo le gambe sgravate dalla forza
che solitamente ci trascina.
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