26 Nov Tanti auguri, dolcissima Irma
di Domenico Rizzo
Sono trascorsi tre anni da L’appartamento, vincitore di cinque premi Oscar (tra questi miglior film, regia, sceneggiatura originale) e due Golden Globe agli attori protagonisti. Billy Wilder ha firmato capolavori come La fiamma del peccato, Giorni perduti, Viale del tramonto e quattro commedie che sanciscono l’affermazione di Audrey Hepburn e Marylin Monroe nello star system hollywoodiano: Sabrina, Arianna, Quando la moglie è in vacanza e A qualcuno piace caldo. Dopo avere diretto James Cagney in Uno, due, tre! il regista adatta per il grande schermo la commedia teatrale Irma la Douce di Marguerite Monnot (musiche) e Alexandre Breffort (libretto) con il fido sceneggiatore I.A.L. Diamond, riunendo la coppia Jack Lemmon – Shirley MacLaine per trasferirla dal distretto di Manhattan al quartiere di Les Halles. Nel ventre di Parigi, sede dei mercati generali, si svolge «una storia di sangue, passione, desiderio e morte. Tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta,» come afferma la voce narrante prima di descrivere le prelibatezze esposte sui banconi (carne, pesce, frutta, verdura) e il microcosmo umano che gravita attorno Rue Casanova, dove le poules ricevono i clienti nell’albergo a ore di fronte il bistrot di Moustache, attese dai loro macs per saldare il conto della giornata. Ci sono Mimì la Cosacca, Annie l’Amazzone, Lolita e poi Irma la Dolce, calze verdi e completino nero, in compagnia della sua cagnolina Coquette dal ciuffo bianco raccolto in un fiocchetto. L’ordine stabilito verrà stravolto momentaneamente dal gendarme Nestor Patou, fresco di promozione e ligio al dovere: dopo aver fatto la conoscenza di Irma e chiesto delucidazioni al dotto Moustache sull’ambiente circospetto, Nestor ordina una retata che gli costa l’uniforme per avere beccato tra gli imbarazzati clienti dell’albergo l’ispettore del suo dipartimento. Senza lavoro e senza requie Nestor trova riparo nel bistrot e vede Irma alle prese col violento Hyppolite, che non esita a torcerle il braccio per avere la sua parte di denaro frusciante. Segue una scazzottata tra il flic e il mac che termina con la disfatta di Hyppolite e la riconoscenza degli altri protettori verso Nestor. Conquistata dal candore dell’ex gendarme, Irma accoglie Patou nella sua mansarda all’angolo di Rue Casanova e gli conferisce la nomina di suo complice: tanto onorato quanto perplesso, Nestor dovrà fare i conti con la propria gelosia e ricorrere a un geniale stratagemma che garantisca il lieto fine a una storia d’amore dove riso e lacrima si rincorrono con disinvolta frenesia. Opera numero diciannove di Wilder, Irma la Dolce debutta sugli schermi statunitensi il 5 giugno del 1963, distribuito dalla United Artists, e verrà premiato agli Oscar dell’anno successivo per la migliore colonna sonora firmata da André Previn. Shirley MacLaine riceverà il suo quarto Golden Globe come protagonista in una commedia e un David di Donatello come migliore interprete straniera. Jack Lemmon interpreterà altre quattro commedie dirette dal regista e amico fraterno: Non per soldi … ma per denaro, Prima pagina e Buddy Buddy (in coppia con Walter Matthau) oltre a Che cosa è successo tra tuo padre e mia madre?, coproduzione italo-statunitense che vanta la fotografia di Luigi Kuveiller e le scenografie di Ferdinando Scarfiotti (premio Oscar per L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci.) Quattro mesi dopo l’anteprima nazionale la bella Irma arriva sui nostri schermi nella seconda metà di ottobre. La prima visione palermitana si terrà al cinema Astoria di via Generale Magliocco, una tra le sale più eleganti del centro storico (realizzata dall’architetto Salvatore Caronia Roberti su commissione dell’esercente cinematografico Luigi Mangano) assieme al Fiamma di Largo degli Abeti, il Nazionale l’ABC e l’Imperia di via Emerico Amari, lo Smeraldo e l’Ambra di via Mariano Stabile, l’Excelsior Supercinema di via Cavour e l’Abadan (poi Rouge et Noir) di piazza Verdi. L’edizione italiana è curata dalla Cooperativa Doppiatori Cinematografici di Roma, prestano le loro voci Giuseppe Rinaldi (Nestor,) Maria Pia Di Meo (Irma,) Giorgio Capecchi (Moustache) e Nando Gazzolo (il narratore.) Sessant’anni portati benissimo per questa commedia anticonformista che rimane nel cuore e nella mente degli spettatori per la brillantezza dei dialoghi, l’indiscussa bravura degli interpreti, lo splendore visivo a livello cromatico delle scenografie e dei costumi curati rispettivamente da Alexandre Trauner e Orry-Kelly. Il commento musicale di André Previn (che riprende due temi originali della fonte teatrale, lo scanzonato Dis-donc e il lirico Our Language of Love) descrive alla perfezione gli stati d’animo di Irma e Nestor oltre alla vivace atmosfera dei bassifondi parigini e l’ingresso in scena di Lord X, gentiluomo britannico con benda sull’occhio e pizzetto pronunciato che preferisce giocare a carte senza scostare le lenzuola del letto matrimoniale per godere della piacevole compagnia di Irma fino al sorgere dell’alba. Una dovuta menzione a Lou Jacobi, baffuto mescitore dal rispettabilissimo passato (professore di economia alla Sorbona, avvocato a Grenoble, capo ostetrico nell’Africa Orientale …«ma questa è un’altra storia», come è solito ripetere) e mentore di Nestor, sempre pronto a dispensare perle di saggezza: «L’amore è illegale, ma l’odio no. Si può odiare ovunque, chiunque, a qualsiasi ora. Ma se si vuole un po’ di calore, una spalla su cui piangere, un sorriso che ti allieti ti devi nascondere in un angolo oscuro come un criminale,» oppure «Essere onesti in un mondo disonesto è come spennare un pollo controvento, ci si ritrova la bocca piena di penne.» Trasgredire le convenzioni è l’unica maniera per ribaltare i piani del destino e coronare un sogno ritenuto impossibile: l’happy ending aspetta Irma e Nestor dietro l’angolo dopo una lunga serie di incomprensioni, tentennamenti, equivoci e ostacoli che si frappongono a ritmo indiavolato. Un inno alla vita e all’amore che si rinnova di visione in visione grazie al tocco magistrale di Billy Wilder e alla folgorante alchimia tra Jack Lemmon e Shirley MacLaine.
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