DI NUOVO IN CAMMINO

 

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a cura di Stefano Adami

Immagine in copertina di Giovanni Segantini

 

.. Not fare well, but fare forward, voyagers…
T. S. Eliot, Four Quartets

 

 

Sono entrato qui, in questo posto, da ormai quattro settimane, e ho chiesto di restare un altro po’. Sono nella Clinica del prof Perfetti a Santorso, a due passi da Vicenza. Zone palladiane. Vista da lontano, quando vi si arriva in auto, la clinica sembra un piccolo castello immerso nel Veneto verdissimo, a due passi dagli altopiani dove è stata combattuta gran parte della prima guerra mondiale. Ci si dovrebbe venire accompagnati da Addio alle armi come una sorta di guida spirituale. I degenti sono in gran parte persone che, come me, hanno avuto un ictus, oppure persone che hanno altri disturbi legati al movimento . In un’altra ala, invece, c’è un ospizio. La prima volta che sono venuto qui, alcuni anni fa, avevo la netta sensazione di trovarmi in un posto in cui si raccogliessero tutti i prototipi umani difettosi, per vedere se era possibile correggerne o ripararne i difetti. Possibile? Gli strumenti con i quali si cerca di correggere tali difetti, qui, in questo piccolo castello, sono quelli della riabilitazione neurocognitiva, un indirizzo fondato anni fa da un neuroscienziato dell’Università di Pisa, il prof. Carlo Perfetti, appunto. Il primo a parlarmi di questo indirizzo è stato il mio grande amico Maurizio Iacono, filosofo di Pisa.

Una volta Maurizio è venuto a trovarmi, mi ha parlato del metodo Perfetti, appunto, mi ha portato alcuni libri di Perfetti (ed altri che Maurizio ha scritto insieme allo stesso Perfetti) e mi ha dato l’indirizzo di un fisioterapista che è stato uno dei primi collaboratori di Perfetti a Pisa, il dr. Valter Noccioli. È così che ho cominciato a lavorare con questo metodo. Ci sono arrivato anche con uno stato interiore abbastanza difficile, perché in altri luoghi mi avevano detto che sarei rimasto per il resto della vita in carrozzina. Non avevo certo intenzione di vivere guardando gli altri da una carrozzina, e mi ero interessato per fare l’eutanasia. Ma questa è tutta un’altra storia, che racconterò un’altra volta. Sono arrivato a Pisa con questo nel cuore, e lì mi è stato detto che no, che io avevo tutte le potenzialità per tornare a camminare. Certo non tornare alla camminata che avevo prima dell’ictus, ma comunque ad una camminata utile ed accettabile, in qualche modo. D’altronde, i fondamenti del metodo Perfetti, che leggevo nei libri portatimi da Maurizio, mi sembravano del tutto convincenti e non privi, addirittura, di un certo fascino.
Perfetti dice, in primis, che essendo i problemi di mobilità post ictus gli effetti di danni precisi non periferici, ma centrali, in alcune aree del cervello ben delineate , è proprio a livello centrale, e non periferico, che si deve operare sul piano riabilitativo. È dunque con esercizi che coinvolgono soprattutto certe aree cerebrali che si deve lavorare per recuperare tutto quello che è possibile recuperare nel paziente. Il cervello, inoltre, ha una plasticità eccezionale, e non ancora del tutto completamente indagata. Gli esercizi studiati da Perfetti, dunque, agiscono su tale plasticità per fare in modo che torni una certa unità mente – corpo che l’ictus ha in parte compromesso. È per questo che io avevo definito il metodo di riabilitazione fondato da Perfetti ‘riabilitazione filosofica’. È stato poi a Pisa che ho sentito parlare di questo posto, dove ora sono, di Villa Miari, a Santorso. Il luogo dove Perfetti si era spostato dopo aver lasciato Pisa, per fondarvi un piccolo centro di eccellenza. Ho fatto domanda per essere ricoverato, ho fatto una visita di valutazione, ed ho cominciato a venire qui. Quel giorno d’estate in cui feci la visita di valutazione resta inciso nella mia memoria, segnato da una pietruzza bianca. Il cuore delle giornate, qui, ora, naturalmente, è legato alle fisioterapie, una di un’ora al mattino, e un’altra, sempre di un’ora, al pomeriggio. Sono tutte fisioterapie che lavorano sulle aree cerebrali e sul rapporto mente – corpo.


Ecco perché molti degli esercizi si fanno con gli occhi chiusi : i controlli devono venire dal cervello e non dalle aree visive. Anche questa è una lunga storia. I terapisti, Marco, Luca, Fortunata, Marina Zernitz, sono tutti molto bravi. Alterniamo esercizi a conversazioni sugli stessi. Il corpo ha bisogno di parole. La prima volta che sono venuto qui, ho avuto anche la sensazione di essere capitato in una sorta di Montagna incantata. Ma no, non è proprio così. Nella Montagna incantata i degenti si sentono comunque immersi nell’aria di crisi che prepara la prima guerra mondiale, e se ne vedono gli effetti nelle loro conversazioni quotidiane. No, qui non c’ è nulla di simile a quell’ aria ricca di fascino e di contraddizioni. Anche se a volte qualcosa che ricorda quel sortilegio Manniano c è. Oggi l’ aria di crisi è costitutiva, ormai. È la normalità, non l’eccezione. Qui non c’ è nessun Settembrini, nessun Naphta. La direzione può somigliare, si, a quella poetica, artistica ed oracolare del consigliere Behrens, che spesso, nella grande creazione di Mann, sembra proprio la Signora di Delfi. E si, ancora, l’ictus è come qualcosa di incantato a la’ Mann. Perché ti porta in una sfera ed in una condizione in cui tutto è stranamente cambiato, e non si sa come cambierà ancora. L’ictus è la grotta di Alcina. Questo castello è quello dei destini incrociati. Certo, io poi non sono Hans Castorp. Cercavo però, si, fin dalla prima volta in cui sono arrivato qui, la mia Madame Chauchat, dai misteriosi ‘occhi chirghisi’. Quando sono in stanza in attesa della fisioterapia, nei tempi apparentemente morti tra una terapia e l’altra, chiudo gli occhi e cerco di pensare ai modi in cui la mente dialoga con il corpo, e a come questo le risponda. Cerco di capire in che modo il corpo può superare il suo terrore dello spazio, come metterselo definitivamente alle spalle. Perché è tutto lì. Come possa tornare a muoversi in modo fluido, naturale. Chissà perché, a volte, quando penso a queste cose, mi vengono in mente delle scene di Solaris, il film.


Poi ascolto anche molta musica, soprattutto Vivaldi e Bach. Dove, se non qui, in Veneto, ascoltare Vivaldi? Sono musiche che, con i loro tessuti stretti e simmetrici, mi aiutano molto a camminare. Poi, sempre ad occhi chiusi, cerco di ricordare alcune sensazioni della mia vita precedente. Alcune sensazioni che vorrei provare ancora, di nuovo. La sensazione di bellezza, di leggerezza, quando si fanno dei passi lievi, normali, in una radura assolata , in un bosco, o su una spiaggia. Prima lo facevo spesso. La sensazione che si prova nel baciare una donna. Quella sensazione unica in cui la mente, l’anima, tutto, arrivano alle labbra per smarrirsi poi in un grande, dolce infinito. Quando sembra che la vita intera sia sulle labbra. È anche verso quel punto che si spera di essere in cammino. Ritornare a sentire. Il mio carissimo amico Igor Agostini, grande studioso cartesiano all’università di Lecce, mi ha invitato a parlare, in alcuni incontri presso la sua università, di tutte queste cose. Io cerco di pensarle, di analizzare, di sentirle, secondo la filosofia. Sono strade molto belle ed affascinanti da imboccare. Spesso i filosofi hanno dimenticato il corpo, le sue percezioni, le sue verità. Sono quelle che dobbiamo riscoprire, ascoltare di nuovo, per provarle ancora, da capo. Per ricucire una nuova unità.

Il vero è l’intero, Hegel aveva ragione. E tutto questo mi riporta alla mente anche alcune conversazioni che ho avuto, quando stavo a Chicago, con Martha Nussbaum… Ho scritto dei versi per Madame Chauchat. Possono dare un’idea abbastanza precisa di quello che vedo quando sono qui: Lo stupore quando ho visto che /hai trascritto /quella canzone in dialetto/che anche io amo molto. /Ti vedo, in fondo alla spiaggia/illuminata dai tuoi occhi/mentre scivoli nel tuo elemento/il mare felice/come una regina nereide.

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