iODonna. In dialogo con Danda Santini

a cura di Francesca Grispello

In quel marzo del 1996 io c’ero. Desiderosa di stimoli, punti di vista, linee guida da seguire per poi tracciarne nuovamente altre. In quel marzo del 1996 nasceva il settimanale iO Donna, a supplemento del Corriere della Sera. Sfogliarlo significava avere per me una nuova finestra dalla quale osservare il corpo, la politica, l’arte, la fotografia, il come si muoveva la rappresentazione pubblicitaria delle cose. Ho apprezzato firme e notato i cambiamenti. Oggi mi ritrovo a sfogliare il settimanale con la stessa curiosità, c’è stato però l’editoriale della direttrice Danda Santini che ha innescato qualcosa: è dedicato alla fatica della cura e dell’assistenza a carico di “perlopiù donne. Abituate a tenere insieme tutto, anche l’impensabile”. Ho pensato a ciò che non avevo ancora pensato, porgerle delle domande, queste nascono tanto dalla me ragazzetta che dalla me donna.

Direttrice, partiamo dal principio: iO Donna si scrive con la i piccola e con la O grande. Ci racconti di questa scelta.
Quando sono diventata direttrice di iODonna, nel 2018, IODONNA era scritto tutto maiuscolo. Ma mi ricordavo che all’inizio non era così e abbiamo riguardato la testata degli esordi. La i minuscola, col pallino sulla testa, era più simpatica. La O l’abbiamo ingrandita, per farla sentire più inclusiva possibile, e l’abbiamo stortata un poco, per darle movimento.
Ci piaceva che la testata fosse vicina alle origini ma nuova, più dinamica. Così è stato

iODonna è un titolo potentissimo. Dirigere una rivista, che da 28 anni cerca di affrescare tutte le declinazioni dell’identità della Donna cosa significa per lei?
Una grande responsabilità. Raggiungiamo con Corriere un’audience larghissima, siamo il primo femminile italiano. Non dobbiamo commettere errori.

Chi è la lettrice e il lettore di iO Donna?
Donne e uomini che lavorano, hanno un alto titolo di studio, forti lettrici/lettori anche di libri, consumi culturali alti, curiosi, attenti ai cambiamenti della società. Esigenti, risolti, spesso in ruoli apicali. Spesso con famiglia e figli. Molti boomer e Millennial. Con il sito e social raggiungiamo anche le generazioni più giovani

C’è una donna, una giornalista, una testata che per lei sono fonti di ispirazioni?

Il mio giornale di riferimento è il Corriere, di cui iODonna è supplemento: lì trovo il rigore e l’equlibrio che applichiamo anche a iODonna. Seguo le donne che si occupano di diritti civili femminili e tra le giornaliste ho grande rispetto per le numerose giovani colleghe che seguono i fronti di guerra.

Quali sono i cardini per sviluppare una narrazione ecologica sulla femminilità e sulla sua apparente controparte maschile?
Dati e storia: tutto ciò che è oggettivo, dimostrato e dimostrabile non è punto di vista ma dato di fatto e di partenza per qualunque discussione sul genere

C’è un numero, un progetto, un’iniziativa, un filo conduttore che la rappresenta di più? Può raccontarci come è nato?
I diritti delle donne e la storia dell’emancipazione femminile sono la mia passione da quando ero ragazzina. La recente ondata del femminismo legata al metoo hanno riacceso l’interesse per il tema nel mondo, ma la lettrice di iODonna sul tema donne e lavoro è da sempre molto reattiva e attenta

Dove nascono le sue idee, come nasce questo settimanale?
Il giornale nasce dalle riunioni del gruppo di lavoro, dalle idee e dagli spunti che ci offre l’attualità, dalla nostra capacità di immedesimarci nei bisogni, nei dubbi e nei desideri di chi ci legge. Un settimanale femminile come il nostro deve essere capace di informare, ispirare e intrattenere e questo è il mix a cui ci atteniamo, sempre nel pieno rispetto di chi ci compera e ci legge.

Quali sono secondo lei i traguardi e i pericoli che la Donna si trova ad affrontare nella contemporaneità?

Il traguardo è sempre la parità, che avanza in modo disomogeneo, con rallentamenti e poi accelerazioni improvvise. Il pericolo è perdere la propria specificità omologandoci a un modello, quello tradizionale maschile, che è ancora l’unico che conosciamo. La scommessa è offrire un’alternativa che faccia vivere meglio tutti, donne e uomini insieme.

Come è cambiata la rivista in questi anni? Come cambierà?
Negli ultimi anni ci siamo sempre più concentrati sui temi del lavoro e dell’indipendenza economica, pre requisito per essere libere. Ma non abbiamo abdicato a un’idea di bellezza e piacevolezza del vivere che è proprio del mondo femminile. Vogliamo il pane e le rose, perché sappiamo quanto siano importanti entrambi, insieme. Oggi stiamo assistendo a uno spostamento del lettorato dai giornali ai siti e ai social. Il digitale ci sorpasserà a breve. L’importante per noi è che il modo di leggere il mondo iODonna, con rigore e passione giornalistica, sia sempre lo stesso, su tutte le piattaforme presenti e future.

Come immagina la femminilità tra 5 anni? Come si immagina lei?
Nascere donne è complicato, ma interessante. In questo momento mi pare che la femminilità sia messa sotto scacco da un eccesso di esposizione di sé (vale anche per i maschi, naturalmente). Credo – e mi auguro – che tra cinque anni questo fotografarsi per diffondere una versione ideale di sé sarà ridimensionata e si ritornerà a un maggior riserbo, per usare una parola, “demure”, che non a caso sta già tornando di moda. Io mi immagino – e mi spero – capace di invecchiare con equilibrio.

Come è arrivato il giornalismo nella sua vita?
Ho sempre amato scrivere e da sempre mi dicevano che avevo uno “stile giornalistico”. In effetti, l’idea di girare il mondo e raccontare quello che vedevo mi sembrava il lavoro più bello del mondo. Anche se poi non ho fatto la reporter ma mi sono sempre occupata di giornali femminili, continuo a pensare che sia il lavoro più bello del mondo.

Quando le è stato proposto l’incarico di direttrice di un settimanale così importante cosa ha provato? Cosa ha pensato? Cosa ha fatto dopo aver accettato?
Quando mi hanno proposto di dirigere iODonna ho pensato che non potevo rifiutare. C’era quella dicitura, sopra la testata, “il femminile del Corriere della Sera”, che mi faceva sentire vicina al sogno di ogni giornalista italiano: lavorare per il quotidiano più importante del paese. Dopo aver accettato, ho chiamato la mamma per dirle che ero appena stata in via Solferino, nella stanza del direttore del Corriere. Non ci potevo credere.

Cosa fa una direttrice quando non deve essere direttrice?

Io leggo, prendo il sole, leggo prendendo il sole o dormo.

Un luogo
I boschi delle Dolomiti dove vado da quando ero bambina

Un sogno
La pace e poi la giustizia

Un colore
Blu

Un libro
Anna Karenina

Un brano
Wish you Where Here dei Pink Floyd

Un pasto
Uova al burro

Un abito
La giacca maschile

Una stagione
La primavera.

 

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