Adrienne Rich: passione e politica

 

a cura di Ivana Margarese

 


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I saggi raccolti in questo volume nascono dalla memoria e dallamore». Con queste parole comincia il contributo di Anna Zani che apre il libro. Memoria e amore sono due parole chiave per comprendere l’opera di Adrienne Rich e, come dite, al contempo rappresentano bene anche il vostro progetto e la sua polifonia di scritture che raccoglie gli interventi della giornata di studi organizzata a Bologna il 26 marzo 2022, in memoria di Adrienne Rich, dieci anni dopo la sua scomparsa.
Mi piacerebbe iniziare da questo per domandarvi da cosa è nata l’esigenza di questa giornata e di questo libro.

Anna Zani: Nel 2012, appena appresa la notizia della scomparsa di Adrienne Rich, con Maria Luisa Vezzali e Rita Monticelli organizzammo d’impulso un incontro, presso la Biblioteca dell’Università di Bologna dove lavoro, per esprimere la nostra riconoscenza verso una pensatrice e una poeta che per decenni ci aveva accompagnato come una “guida nel labirinto” (per usare il titolo di una delle sue raccolte di poesie nella traduzione italiana), fornendoci innumerevoli strumenti per cercare di interpretare, comprendere il “mondo difficile” in cui ci troviamo a vivere. Fu un momento molto intenso, con una grande partecipazione di studenti, e ci sembrò che le parole di Rich ancora risuonassero potenti e fertili.
Dieci anni dopo, il mondo era rimasto difficile – come era prevedibile – se non ancora più complicato. Ma la poesia di Rich è ancora viva e a noi sembra che, soprattutto per le giovani, possa proporre intuizioni e suggestioni importanti e complesse, prima fra tutte l’esercizio di una wild patience, un’ostinazione determinata non solo a comprendere, ma anche ad agire.
Un’eredità fondamentale di Rich, che vorremmo cogliere, è la sua vocazione a dare voce a chi è lasciato fuori dalla Storia, le vittime di violenza, guerre, le persone perseguitate per la loro razza, orientamento, religione. Oggi più che mai è necessario ascoltare le loro voci, dare loro spazio.
Gli interventi proposti durante il convegno del 2022 ci sono parsi appassionati, ricchi e competenti. Da qui il desiderio di raccoglierli in volume, con la speranza che possano anche contribuire al dibattito, purtroppo spesso violento e sordo, all’interno dei mondi femministi.

Un altro termine chiave per comprendere la poetica di Rich è “revisione”, come sottolinea con chiarezza nel suo intervento Monticelli: «Rich identifica nella re-visione (ri-vedere) una strategia di decostruzione e rilettura delle rappresentazioni del femminile nei testi canonici e unoperazione di resistenza contro lestraneità sperimentata da chi si trova ai margini delle culture dominanti». Il ri-vedere è dunque un guardare e un immettersi nelle storie, spesso represse e traumatiche, delle donne con occhi nuovi. Questa eredità di sguardo e di nuove possibilità di immaginazione e riscrittura appartiene a una dimensione di coraggio e di ostinatezza che è importante non smarrire nelle pratiche creative e quotidiane.

Rita Monticelli: Per Adrienne Rich re-visione è non solo ripercorrere il passato – spesso traumatico – delle donne, per rileggere i testi con occhi nuovi, ma è anche un atto di sopravvivenza, non solo per le donne, ma per tutto il sistema socio-simbolico occidentale. Affinché la storia non si ripeta, perché guardare indietro con rabbia non sia distruttivo, perché lo sguardo del presente lenisca e ricostruisca, occorre il coraggio di vedere, vedere (non guardare) come presa di coscienza trasformativa e politica visionaria a cui tendere. Vedere consiste nel valorizzare le differenti culture delle donne con la consapevolezza che appartengono ad una comune tradizione eterogenea, ma solidale. È questo senso di appartenenza che dà la forza (alle donne) di uscire dalla marginalità e di costituire una forza sociale difficilmente isolabile. Ma vedere implica il coraggio della storia anche come luogo di oppressione e soppressione: pensiamo alla schiavitù, dove il corpo profanato, smembrato e annientato della persona rende il genere una categoria non più applicabile all’umano, dove le donne sono reificate come (in)sostanza sessuale o maternità abusata e venduta. A questa storia Rich non si sottrae mai. Così vedere implica aprire lo sguardo alle differenze e cercare nelle diverse storie e appartenenze una nuova storia da costruire insieme. Un’altra storia, quelle delle donne come soggetto individuale e collettivo politico. La solidarietà non implica omogeneità, ma contempla il conflitto e le differenze di pensiero e di visione: una sfida che trascende i legami di sangue, di nazione, di classe, di etnia, di genere. Più ancora dell’amicizia, la solidarietà è alleanza in tempo di crisi, è coalizione contro i soprusi, è resistenza ed educazione politica. La storia delle donne è storia che si riempie di significato, ricorda Rich. Mi chiedo cosa implichi oggi vedere con cocchi nuovi ed essere solidali, cosa ri-direbbe Rich dell’oggi violento e distruttivo verso le donne (e non solo) in Iran, in Afghanistan, in Medio Oriente, durante e dopo il 7 Ottobre (2023), in troppeparti del mondo, cosa ci direbbe della solidarietà. Forse la morte delle donne per la libertà loro e di tutte e tutti, gli omicidi-femminicidi di stato, la repressione della voce e della scrittura della donna, l’imprigionamento spesso a vita delle donne per reati di pensiero, di opinione, ha dato l’avvio a un movimento globale che ha unito le piazze, come nuove polis di pensiero e di lotta, e che vede proprio le donne in prima linea per un cambiamento profondo della società. Abbiamo bisogno del pensiero di Rich, di ri-leggerlo insieme, tra noi e le nuove generazioni, ci aiuterà a ricostruire un percorso scosceso, fatti di rivoli imprevisti e di squarci che non vorremmo vedere, ma anche di luci rivelatrici e di mete di vera convivenza. Mi rendo conto di suonare retorica, cosa che a Rich non piacerebbe proprio per nulla, ma voglio leggere, when we dead awaken, al risveglio dal torpore della storia presente, un happy ending trasformativo, utopico (nel senso di speranza realizzabile), capace di ispirare azioni concrete.  

Mi appassiona la pratica dell’amicizia, linfa vitale e feconda per azioni creative e collettive di cambiamento. Mi ha pertanto molto colpito leggere che quando nel 1974 Adrienne Rich vince il National Book Award per il suo Diving into the Wreck al momento della premiazione invita sul podio le poete Audre Lorde e Alice Walker, anche loro nominate per lo stesso premio. Le tre scrittrici, inoltre, nel momento in cui avevano appreso di essere state nominate per il premio letterario, lo dedicano a tutte le donne. Di seguito il loro discorso: «Noi, Audre Lorde, Adrienne Rich e Alice Walker, accettiamo questo premio insieme, nel nome di tutte le donne le cui voci sono state passate sotto silenzio nel mondo patriarcale e nel nome di coloro che come noi sono state tollerate come gettoni di presenza in questa cultura, spesso al prezzo di grandi sofferenze. Crediamo di poterci arricchire di più dandoci sostegno luna con laltra che mettendoci in competizione fra di noi e che la poesia, se è tale, va ben oltre la competizione e le classifiche». È una riflessione di grande attualità se si considera quanto oggi la dimensione autentica del noi, del fare insieme senza classifiche, sembri soppiantata dall’imperare di egocentrismi e sfiducia. Scrive nel testo Jeannette E. Riley con parole efficaci: «Conversazioni in competizione rimbalzano luna contro laltra – la televisione, gli individui ai loro telefoni in pubblico – creando urgenze private rese pubbliche, non collettive, parlanti all’interno di una bolla». Una cultura che mi pare sia meno forte tra i giovanissimi nella mia esperienza di docente spesso si supportano senza competizione ma che dovrebbe far riflettere soprattutto all’interno dei femminismi.

M. Luisa Vezzali: Rich ha sempre messo in guardia le donne dalla tentazione di lasciarsi guidare dal principio di competizione intrinseco alla società capitalistica patriarcale. Nell’articolo del 1973-74 (sono gli anni in cui vince il National Book Award di cui parli) Verso una Università incentrata sulla donna troviamo affermazioni come queste: «Ciò che dal sistema universitario emerge non è il desiderio di imparare per il gusto di imparare o l’idea di far parte di una comunità intellettuale, bensì il predominio dell’idea maschile, la corsa degli uomini gli uni contro gli altri». A fronte di questo ambiente, invivibile per le donne e pieno «di insidioso sfruttamento», proponeva una via diversa e lo faceva citando Susan Sontag: «La prima responsabilità di una donna “liberata” è quella di vivere una vita il più possibile ricca, libera e fantasiosa. La seconda responsabilità è la propria solidarietà con le altre donne». È stata sempre Rich a teorizzare quel «continuum lesbico» che includeva, al di là dei desideri o rapporti sessuali di una donna per un’altra, «molte altre espressioni di intensità affettiva primaria fra donne», valorizzando le quali si demoliva il pregiudizio sessista che non può esistere vera amicizia tra donne liberando infinite possibilità creative. È qualcosa di simile al concetto espresso con Zami, il termine carriacou per le donne che lavorano insieme come amiche e amanti, che nel 1982 Audre Lorde sceglieva come titolo per la propria auto-bio-mito-grafia. È un principio che lei stessa ha applicato nella propria attività di intellettuale, promuovendo la scrittura di altre autrici di cui è stata editor su riviste e in antologie, e nella propria vita, sostenendo l’attività di associazioni come le Donne in Nero o Sisters in South Africa. Anche nella mia piccola esperienza biografica, quando mi ha invitato a Parigi per assistere a una lettura che teneva nella libreria “Village Voice”, aveva come primo scopo quello di far incontrare le sue traduttrici perché diventassero amiche (relazione affettiva che in effetti tra me e la sua traduttrice francese Chantal Bizzini è sbocciata e sta ancora durando). Ha sempre saputo, insomma, sia quale potere possono sprigionare il femminismo e la collaborazione tra donne quando si uniscono, siaquale tremenda occasione si perde quando prevalgono divisioni, particolarismi, protagonismi. Per questo il messaggio di Rich è così prezioso anche oggi, proprio per i contrasti, spesso violenti e sordi, che continuano ad avvenire tra i femminismi e di cui parla anche Anna.

Samanta Picciaiola affronta nel suo saggio la poetica pedagogica di Rich citando anche un suo passo fulminante contenuto in La scuola tra le macerie: «Non smettete di chiedermi il perché», che tutti noi docenti dovremmo a mio parere tenere chiaro a mente. Vorrei chiedere a Samanta di parlarne.

Samanta Picciaiola: Quello che mi ha colpita nel verso di Rich che tu Ivana citi è proprio la natura paradossale della posizione magistrale. Nel saggio che è contenuto nel volume ho cercato di delineare come la poetica richiana sia pedagogica nella sua aspirazione alla salvezza e alla testimonianza. Due categorie che Rich fa sue in termini di rivelazione del proprio io poetico/lirico. Ma chi altri è colei che sta, che si erge a testimone e nello stesso tempo sa di non avere canone, che sa di esistere e sopravvivere solo in quanto intrisa dell’ordine della vulnerabilità? È la figura magistrale, quella che in Rich abita la scuola tra le macerie ma che informa un immaginario poetico più ampio rimandando direttamente  alla radicalità dell’esistere in quanto poeta. Nel saggio ne parlo come pedagogia poetica e provo a rintracciare l’ideale punto di condensazione nel riferimento di Rich a Pasolini: pedagogo eretico e radicale per definizione del nostro Novecento.
Tuttavia, a chi come me (e come te) attraversa il quotidiano della scuola oggi, non sfugge questa consapevolezza del disastro, questa acuta e a tratti dolorosa coscienza del nostro  stagliarci nel presente come frammenti, macerie, rovine, di un ordine simbolico, poetico e politico che non c’è più. Si potrebbe dire che Rich ci offre eccezionali parole per dire la coscienza del contraddittorio che il nostro insegnare apre rispetto a una retorica, a un agire politico, a una narrazione, che ormai parlano la lingua dell’estrattivismo, della disuguaglianza che si erge a ordine naturale delle cose, dell’assuefazione al comando. E come docenti ci si sente rifugiate e lese di fronte al riemergere dei fantasmi della nazione e della tradizione quali parole d’ordine delle allucinate tentazioni gentiliane che attraversano il nostro presente. Penso sinceramente che la via di Rich, quella condensata nella formula “Io conduco, io tengo dietro”, sia l’unica via praticabile oggi per chi sostanzia ancora il proprio agire educativo in parole quali democrazia, relazione, trasformazione, consenso e dissenso. Come insegnanti siamo necessariamente coloro che conducono ma che tengono dietro, abbiamo la misura di un passo che mentre sospinge si rende udibile per chi segue: tentiamo di risignificare parole come canone, storia, futuro. Abbiamo a disposizione un gesto ambiguo che protegge e muove verso l’ignoto ma è l’unico gesto salvifico rispetto a una prospettiva di sgretolamento della storia, di assurda e cieca violenza della guerra e delle guerre quotidiane che muovono attorno a noi. Pertanto è l’attualità inossidabile di quella domanda, il bisogno del profeta di affermare la propria verità anche e soprattutto nel deserto, ciò che sostiene la scelta di insegnare oggi: niente di meno, pena, altrimenti, cadere nei tecnicismi e nelle adempienze con cui si cerca di seppellire la nostra voce dalle macerie.

All’interno del libro c’è un ricordo di Liana Borghi, la cui opera è fortemente intrecciata a quella di Adrienne Rich, non soltanto per essere stata la prima traduttrice di Esplorando il relitto per leditore Savelli.

Anna Zani: Il saggio di Loredana Magazzeni, contenuto nel libro, offre molti spunti di comprensione sui legami tra le due autrici. Soprattutto – e per me è l’aspetto più importante delinea in modo chiaro un approccio alla conoscenza che senza dubbio Liana Borghi ha mutuato da Rich, facendolo suo in un modo estremamente proficuo. Mi riferisco al profondo grado di “affezione” che sia Borghi che Rich sviluppano nelle relazioni con altre donne in rapporto alla pratica di conoscenza, un’erotica del sapere che ha guidato Borghi nella costruzione di dialogo e strutturazione di pensiero lungo tutta la sua esistenza. Entrambe, Rich e Borghi, sono costruttrici di mondi, affondano nel relitto della complessità del mondo per emergerne con parole nuove e rivoluzionarie, capaci di definire con chiarezza ciò che appariva confuso.

“Stay Lucid and Truthful: proposte per coltivare il principio speranza” è il titolo scelto da Maria Luisa Vezzali per il suo saggio all’interno del libro. È un titolo che ha da dire tante cose e che mi spinge a chiederle di raccontare in poche parole cosa è stato per lei l’incontro con Adrienne Rich.

M. Luisa Vezzali: L’incontro con Rich ha determinato per me l’insorgenza di una relazione vitale e dinamica che è cresciuta con l’andare del tempo e il mutare delle mie condizioni esistenziali. Come racconto nel volume, è iniziato per l’esigenza di creare qualcosa insieme a un’amica, di rendere fruttuoso il tempo dello stare-insieme come donne e intellettuali. Poi, quando l’amica per motivi lavorativi non ha più potuto collaborare al lavoro di traduzione, è diventato per me l’esplorazione di un luogo dove riparare l’insoddisfazione che provavo nei confronti del mio modo di scrivere (e anche di vivere) e trovare l’energia per scatenare un cambiamento positivo. Fino a quel momento Adrienne Rich comunicava solo per posta e il rapporto era reso difficile dai tempi che si creavano tra una lettera e l’altra; di conseguenza la relazione era più che altro con i suoi testi poetici. Da quando ha iniziato a usare l’e-mail tutto è diventato più fluido. Contemporaneamente io ho preso fiducia nella mia possibilità di traghettare Rich nella lingua italiana. Mi ha riscaldato la gratitudine che lei dimostrava nei confronti delle sue traduttrici: un lavoro, quello della traduzione, che per lei era un labour of love, un travaglio d’amore. È diventata così la mia “guida nel labirinto”, una guida ben consapevole di abitare dentro al labirinto insieme a tutte noi, di non possedere bussole definitive, di dover rileggere continuamente tutti gli atlanti, rivedere tutte le posizioni, riconsiderare continuamente i rapporti di potere. Una maestra capace di farsi sempre novizia, disposta a condurre e a seguire (come dice meravigliosamente in Terza Rima), una «donna del partito dei cittadini» eccezionalmente ricca di “poteri di recupero” (Power of Recuperation è il titolo di una delle sue ultime poesie).   Lucidità e franchezza sono le armi che Rich mi ricorda ogni giorno di usare, inizialmente contro me stessa («Così / tarda a venire colei che deve essere / verso se stessa più crudele della storia» affermava già quel testo fondativo del 1958-60 che è Istantanee di una nuora), poi verso il presente: in questo modo si può evitare di cadere nella paralisi dello sconforto e in quella passività che assomiglia in modo spaventoso all’obbedienza. Restare incendiarie anche con il passare degli anni. E nonostante gli acciacchi coltivare la fiducia nelle risorse del corpo: «un chicco di speranza / un morso di cioccolata amara nel metrò / per ravvivare i sensi / senza i quali siamo prede / della volontà fallita / la sua scienza della disperazione» (sempre da Terza Rima).

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