A San Pietroburgo con Dostoevskij: lo straordinario viaggio immersivo di Antonina Nocera

di Nerio Vespertin

Fra i sogni più sfrenati degli appassionati della letteratura, vi è da sempre quello di poter entrare fisicamente dentro un’opera letteraria e di confondersi con essa. Un’idea meravigliosamente assurda, come in una storia di Lewis Carrol, dove un libro si spalanca per accogliere il lettore, confondendolo col protagonista. Sulla base di quest’idea affascinante, negli ultimissimi anni si è andato affermando il concetto di “scrittura immersiva”: un insieme di tecniche narrative che consegnano al lettore la piacevole illusione di vivere la storia, anziché di leggerla. Una scrittura che è prima di tutto esplorazione emotiva e che traspone il vissuto come gestalt, riducendo al minimo la mediazione personale dell’autore. In questo senso, il libro di Antonina Nocera va nella direzione di un’esperienza coinvolgente, proponendoci un viaggio in prima persona dentro la città di San Pietroburgo e allo stesso tempo dentro le opere immortali del grande Fëdor Dostoevskij. Grazie all’uso di quelle stesse tecniche definite “immersive”, il lettore sperimenta la piacevole illusione di camminare attraverso la città di “Delitto e Castigo”, de “I fratelli Karamazov” o delle “Memorie del sottosuolo”, ma anche dentro le opere di altri autori come Puskin, Gogol e Gonkarov. Un’esperienza unica che si presenta in parte come una trip guide, con tanto di itinerari possibili e consigli di viaggio, e in parte come un saggio appassionato sulla letteratura russa.

A San Pietroburgo con Dostoevskij è un’opera densa di significati, genuinamente intrigante, che sin dalle prime pagine mette in chiaro come quello che si sta per affrontare, sia un viaggio verso una terra straniera. Non è un caso che le note introduttive propongano la spiegazione sulla corretta pronuncia delle parole in russo, di cui in effetti il testo abbonda: la prospettiva del lettore viene allinea da subito a quella di un viaggiatore esperto, capace di padroneggiare la cultura della città e del popolo russo. Il viaggio comincia subito dopo, con la descrizione di una San Pietroburgo che appare come un luogo impossibile da inquadrare nel complesso, fatto di prospettive maestose che sfidano continuamente la percezione dell’orizzonte. Una città di passaggi contorti, eppure coloratissimi, dove le architetture dal taglio esotico si mescolano a quelle dal gusto occidentale, risultato di contaminazioni più o meno recenti. Attraverso le pagine si ha davvero l’illusione di seguire un percorso scosceso sulla neve fradicia, caratteristica culturale prima ancora che ambientale, che costringe il passo, dunque il respiro del racconto, a rallentare e farsi attento. Difficile arrivare a comprendere pienamente il senso di tutto quello che succede mentre si segue un itinerario: mescolando sequenze descrittive a digressioni letterarie, fra sconosciute che ci invitano a vedere appartamenti angusti e presagi funesti di dita che si fanno nere, l’anima di San Pietroburgo appare indecifrabile, un vero e proprio enigma culturale. Come il sorriso dei suoi abitanti, definito dalla Nocera come “interiore”, il lettore è costretto a rivedere tutto ciò che credeva di sapere sui russi e a rimetterlo in dubbio: la profondità d’analisi, nonché la padronanza culturale dell’autrice, ha il raro merito di spiegare molti dettagli sulla città e sui suoi abitanti in termini chiari e accessibili, senza costringere la lettura dentro schemi critici ingombranti. Le innumerevoli sfumature del linguaggio e delle abitudini di vita dei pietroburghesi sono illustrate seguendo la cronaca dei giorni, ora in cerca di un appartamento, ora nel corso di una pausa dentro un bar. Ciò che appassiona alla lettura è proprio questo: nella città “più premeditata del mondo”, la Nocera riesce a essere spontanea, perdendosi e deviando dal percorso programmato.

Dietro ogni locale, dietro ogni scala buia che sale verso una stanza angusta, l’ombra di Dostoevskij è sempre presente: si allunga prepotente, sovrapponendo alla descrizione della città moderna quella del suo tempo. Lo scrittore del dolore sembra partecipare attivamente all’esperienza del viaggio della Nocera, con la sapiente introduzione di estratti delle sue opere all’interno dei percorsi quotidiani. Anche quando non direttamente nominato, mentre ci si sofferma in un bar per un caffè o si attraversa sovrappensiero uno dei celeberrimi prospekt, c’è sempre un aneddoto o un dettaglio che lo riguardi. Rifuggendo dalla scelta, ormai abusata, di presentare l’autore attraverso una cronaca biografica o una pedante critica filosofica, l’autrice mette in scena una sua figura assolutamente umana, concentrandosi su piccoli dettagli della sua vita privata. Come la sua ossessione per la papirosa, la descrizione degli appartamenti da lui abitati, la ricostruzione delle sue possibili peregrinazioni o il suo affetto incondizionato per la famiglia, in particolar modo per la figlia L’jubov. Particolarmente significativa in questo senso è la descrizione della casa museo di Dostoevskij, dove la vista dei suoi taccuini e dei suoi oggetti personali diventa una finestra sulla sua vita.

 


Sotto questa prima lettura del libro, apparentemente lieve e piacevole, se ne riconosce una seconda, molto più introspettiva e oscura: a tratti la narrazione sembra sprofondare letteralmente nel ‘sottosuolo’, quella stessa regione tormentata che diede vita alle celeberrime “memorie”. Sì, perché oltre a essere una guida attraverso la città e le opere di uno scrittore, “A San Pietroburgo con Dostoevskij” esegue una delicatissima ricostruzione dei legami fra l’artista e le sue creazioni. Come osservato nel tempo da molti critici letterari (per citare, primo fra tutti, Vissarion Belinsky e fra i più recenti  Kevin Birmingham), il rapporto fra la città e l’autore è profondo e complesso, sia dal punto di vista psicologico che culturale: più che un mero sfondo alle sue storie, osservava Belinsky, San Pietroburgo assume le caratteristiche di un vero e proprio personaggio che interagisce con i protagonisti e riflette le loro angosce esistenziali. Fino a divenire, in opere come “Delitto e Castigo”, una diretta emanazione della psicologia del protagonista. Partendo dalle trascrizioni delle passeggiate riportate nei suoi diari e confrontandole con i percorsi dei personaggi nelle varie opere, la Nocera arriva a delineare una vera e propria mappa psicologico dell’autore, andando a caccia di quegli stessi panorami che dovevano aver incontrato il suo sguardo.

É qui che l’esperienza del libro raggiunge l’apoteosi, riuscendo nel difficile compito di farci vedere la città con gli occhi dello scrittore, mettendo in luce la sua parte più umana, straordinariamente attuale.
Con uno stile leggero e discorsivo, A San Pietroburgo con Dostoevskij offre al lettore un viaggio indimenticabile, un modo di vivere la letteratura con la leggerezza di una guida turistica. Affrontando l’esperienza della città “più premeditata del mondo” per quello che è: un mistero da risolvere. E del resto, come scriveva lo stesso Dostoevskij, ogni uomo è un mistero da risolvere. E se non viene risolto, non può vivere.

 

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