25 Dic Calling birds by name
Calling birds by name
tre poesie di Mariadonata Villa
Immagini fotografiche di Adriano Zanni
Calling birds by name
È grande il freddo che ci chiama.
Ci sono uccelli dalla testa bianca
grandi quanto la mano che tendi
quando chiedi riparo od offri doni.
Non c’è scampo alla vita che hai deciso.
Ascolti in fretta, e interrompi il passo
per prestare l’orecchio, da quella soglia
di cemento del tempo che chiamiamo città.
Ieri dal cielo che minacciava neve
è scesa una piuma minuscola, della stessa
natura dei fiocchi di cristallo
che Cartesio disegnò sul suo trattato.
So bene che non era un angelo
ma un piccione che passava basso,
radente al gelo. Però ho alzato
la testa lo stesso, per cogliere il battito –
per sapere se era carne, o solo nebbia
quella danza minuscola che mi sovrastava.
Ed il sacro si mostrò.
Ed era terribile a vedersi.
Cuori sacri
si appendono così, i desideri:
al filo spinato (ma solo a patto
che siano d’argento)
le croci le abbiamo impigliate
negli occhi, alle mani
degli olmi che gridano
nell’inverno senza neve
una volta i pettirossi s’impigliavano
con le ali al biancospino spoglio
la ruggine alla gola
veniva dalle spine
gli uccelli non li vediamo
dormire – solo in morte
li sappiamo fermi
allora appendiamo cuori sacri
al muro, perché reggano
i desideri e la memoria
nel metallo fatto dolce
nel colore della nebbia
così siamo diventati
un cuore di metallo dolce
non più fatto per combattere
e di piume rese ferro
dall’inverno che avanza
non conosciamo giochi di bambini,
ma quel lungo inverno di stoppie
che imbruniscono anche se il freddo
comincia a tirare in lungo
la luce del giorno
Girare a vuoto
per Raymond Carver
di tutti gli sconosciuti che giravano
nel parco, ero io
il cane ero io
il cane che portavo in giro, come una
cosa viva ma inutile
ero io
era la fame il cane che portavo in giro
i bambini usano solo l’imperfetto
all’inizio, per parlare del passato
non sanno che c’è un buio più
profondo, alle spalle
non sanno che la luce del mattino
costa molte morti fra le stelle
era la parola che mancava
era quella parola, riemersa
come il corpo di un affogato
da un lago ghiacciato in inverno
eternamente profondo
ed hai trovato quello che volevi
nel profondo dell’acqua?
nell’abisso della vita?
(da Verso Fogland, di Mariadonata Villa, Minerva Editore 2020)
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