21 Giu La Vergogna
La Vergogna
racconto inedito di Benedetta Faedy Duramy
Immagine in copertina di Stefania Onidi
La finestra era spalancata. L’aria afosa di inizio estate permeava la stanza in penombra attraverso gli scuri socchiusi. Un triangolo di luce illuminava la scrivania, su cui era aperto un libro d’arte circondato da pennarelli e matite sparse. Paola leggeva, china, con i capelli raccolti sulla nuca come una ballerina. Qualche ciuffo scomposto ondeggiava al flebile soffio d’aria che stava arrivando da Ponente con il primo accenno del tramonto. Un rivolo di sudore le scivolò lungo il collo. Paola si soffermò a guardare un’immagine del libro. Cercando di metterla a fuoco, strinse gli occhi tagliati a mandorla. Con la punta del dito sottolineò la didascalia della foto, che era una riproduzione lucida e patinata degli affreschi della Villa dei Misteri di Pompei.
Poi, pensosa, allargò le pupille sbiadite dalle lenti a contatto, che la salvavano dal suo astigmatismo, e sprofondò nel rosso rubino del dipinto su cui si snodavano le scene seducenti dell’iniziazione di una fanciulla ai riti misterici con il dio Dioniso. Guidato dalla tenue luce che filtrava da una porta, lo sguardo di Paola indugiò sulla soglia del quadro proprio come la fanciulla della scena, che esitava a entrare nel sacro recinto dove avrebbe iniziato la scoperta di un mondo nuovo e sconosciuto. Stordita, Paola scorse veloce le scene fino a soffermarsi sull’immagine di una giovane donna con il capo coperto da un drappo viola, che tendeva la mano aperta davanti a sé come a voler respingere qualcosa. La nota sottostante riportava: Aidos, dea greca della vergogna.
Un filo d’aria che entrava dalla finestra, o forse invece dal colpo d’ali della figura adiacente sull’affresco, mosse leggermente il velo della dea. Paola si irrigidì. Incredula, sgranò le palpebre come fossero ventagli: le parve che anche Aidos accennasse un battito di ciglia all’unisono. Si toccò la fronte e si stropicciò gli occhi leggermente. Doveva essere la stanchezza, pensò. Aveva passato la notte in piedi per preparare l’interrogazione di Storia dell’Arte. Ma Aidos la stava osservando davvero, con gli occhi da cerbiatto spalancati sotto le sopracciglia nitidamente disegnate come un arco da caccia, che richiamavano la curva del velo alle sue spalle. Paola si inumidì le labbra con la punta della lingua. Poi inghiottì dallo stupore mentre la dea, accennando un sorriso, schiudeva la bocca sottile a distanza perfetta dal suo naso lineare e sfuggente come un fulmine. La voce incerta di Aidos si sciolse come una colomba che spicca il volo.
«Tu sai chi sono?», chiese.
Incredula, Paola annuì: «Ho letto che sei la dea della vergogna».
La dea sussurrò lievemente: «Mi chiamo Aidos. Il mito racconta che, in origine, quando gli dei crearono gli esseri viventi spartirono le facoltà naturali tra loro con giudizio e prudenza. Alcuni furono dotati di forza fisica, altri della velocità, altri del vigore, e altri ancora della scaltrezza. Con il fuoco e la perizia, gli esseri umani potevano procurarsi il cibo e costruire le proprie dimore. Ma per fronteggiare i pericoli comuni e difendersi dagli animali avevano bisogno di unirsi. Sprovvisti della politica e della concordia, non riuscivano però a vivere insieme e finivano per separarsi e perire. Temendo che la specie umana si estinguesse irrimediabilmente, Zeus ordinò a Ermes di donare agli uomini le due facoltà che garantiscono la solidarietà sociale: la giustizia e la modestia. Fu così che mia sorella, Nemesis, dea della giustizia, ed io scendemmo sulla terra».
Rapita dal racconto, Paola domandò «Dove è Nemesis?».
La dea indicò, con un breve cenno del capo, la figura alata raffigurata accanto a lei e disse: «Nemesis è fiera e audace, valorosa combattente contro i malvagi e gli ingrati alla sorte. È bella come un’aquila reale».
Paola bisbigliò: «Anche mia sorella Carla è coraggiosa e forte, come il suo stesso nome. Io invece sono diversa». E in quel momento le venne in mente la prima volta che aveva provato vergogna. Era una calda mattina d’estate. Ancora bambine, Paola e Carla erano in vacanza con i loro genitori in un campeggio in Sardegna. Avevano appena ricevuto in regalo due costumi da bagno nuovi: rosso come i gerani in fiore per Paola, turchese come il mare per Carla. Le bambine, entusiaste, volevano indossarli per andare in spiaggia. Ma quando, al momento di uscire, Paola si specchiò, si accorse che la mutandina lasciava scoperti i suoi glutei pallidi. Sopraffatta dal pudore, piantò un capriccio e si rifiutò di mettere il naso fuori dalla roulotte per tutto il resto del giorno. Carla, al contrario, se ne andò in giro per il campeggio con il suo costume nuovo striminzito. Alcuni bambini le urlarono dietro sguaiati una vecchia canzone, che dovevano avere sentito in casa: «Tutti al mare, tutti al mare a mostrare le chiappe chiare…». Ma lei, indignata e accaldata dal sole, affrontò il gruppetto di insolenti e scatenò un tale putiferio da farli dileguare velocemente con la coda fra le gambe.
La dea continuò: «Inizialmente, mi pareva di scomparire accanto alla fierezza di mia sorella. Ma infine ho appreso che la mia virtù risiede piuttosto nella modestia e nell’umiltà. Timida e pudica, sono dotata del dono divino della perenne giovinezza per il rossore che tinge le mie gote dinanzi alla fortuna».
A quelle parole, Paola ricordò le tante volte in cui, rubiconda, aveva abbassato lo sguardo all’apprezzamento altrui o sviato il discorso al suono di un complimento o di una lode.
Aidos incalzò: «Come potrebbero mai gli uomini diventare amici se non ci fossi io con la modestia e il perdono ad attenuare lo sdegno di Nemesis contro l’ingiustizia? Come potrebbero mai riconciliarsi senza vergognarsi degli errori che hanno commesso? Dall’indignazione scaturisce il confronto con l’altro, ma dalla vergogna nasce la coscienza. Vedi, dunque, che mia sorella ed io siamo come la mano destra e quella sinistra, legate da un intimo accordo. L’una ha bisogno dell’altra, come la freccia dell’arco».
Paola appoggiò la schiena alla sedia e si soffermò a osservare le due sorelle sulla pagina. Seppure molto diverse nell’indole, si assomigliavano come due gocce d’acqua, proprio come Carla e lei: le stesse braccia tornite, lo stesso profilo tagliente e i gli stessi capelli bruni come le castagne. Nemesis era protesa al battito delle sue ali, mentre Aidos tendeva la mano per proteggersi da qualcosa di sconosciuto. Una era volta al mondo, l’altra allo spirito. Una era combattiva e coraggiosa; l’altra umile e consapevole che la fortuna è solo in parte merito della virtù.
Paola passò la mano tra i capelli, raccolti indietro come quelli della dea. La frescura della sera inturgidì il seno alto e rotondo di Aidos attraverso la tunica di lino leggera. D’improvviso, uno spiffero di vento voltò la pagina del libro. Infreddolita, Paola si alzò per andare a chiudere la finestra. Illuminata dalla luce della sera, incrociò, attraverso i vetri, lo sguardo di un ragazzo appoggiato al davanzale del palazzo di fronte. Sopraffatta da una vampata di calore, arrossì. Ma cercando di nuovo lo sguardo del ragazzo di traverso, le parve di intravvedere un lieve rossore sulle sue gote, o forse era solo il riflesso del tramonto a colorarle come un pennello. Un timido sorriso schiarì il volto di entrambi. E Paola si sentì finalmente a posto.
Biografia
Benedetta Faedy Duramy è stata allieva di Leo Benvenuti all’ A.N.A.C., sceneggiatrice per la Rai (serie: Stiamo Bene Insieme) e assistente alla regia a teatro per Maddalena de Panfilis, Si è laureata in Giurisprudenza a Roma, ha studiato e lavorato a Londra, e ha conseguito un dottorato all’Università di Stanford in California. Ha pubblicato i saggi Gender and Violence in Haiti: Women’s Path from Victims to Agents (Rutgers University Press, 2014) e International Perspective and Empirical Findings on Child Participation (with Tali Gal) (Oxford University Press, 2015) oltre a numerosi articoli sulla discriminazione e violenza di genere, i diritti delle donne e dei bambini. Vive a San Francisco da molti anni dove svolge la professione di docente universitaria. Collabora con Limina e i suoi racconti sono stati o saranno pubblicati su Blam e Coye – Periferie Letterarie.
No Comments